L’assassinio, avvenuto a San Pietroburgo il 29 dicembre 1916, venne fatto passare per un delitto politico; il suo autore, che sicuramente agì d’intesa con altri congiurati e con potentissimi protettori dell’ambiente di corte (se la cavò, infatti, senza nemmeno un processo, con una mitissima pena all’esilio in campagna), sostenne di aver voluto liberare lo zar, e soprattutto la zarina, Alessandra Fedorovna, dall’influenza di Rasputin, giudicato un intrigante senza scrupoli che, con il suo ascendente sulla coppia imperiale, stava trascinando la Patria alla rovina. Felix Yusupov era un omosessuale che non riusciva ad accettare la propria condizione (benché studi recenti abbiano dimostrato come essa fosse diffusissima nella “gioventù dorata” cui egli apparteneva e specialmente nel prestigioso reggimento Preobrazhenskij della Guardia imperiale, al quale apparteneva, al punto che lo si definiva, dietro le quinte, “il reggimento degli omosessuali”, e tale era anche il suo nobilissimo comandante). Secondo alcuni studiosi, si sarebbe rivolto a Rasputin proprio perché lo aiutasse a risolvere il suo problema di identità sessuale.
Félix Yussupov – Dalla corte all’esilio. Memorie dell’uccisore di Rasputin
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