Archivi tag: Unione Sovietica
Anya von Bremzen – L’arte della cucina sovietica
Anya von Bremzen lascia l’Unione Sovietica nel 1974. Ha poco piú di dieci anni ed è al seguito dell’indomita madre Larisa che, da sempre insofferente alle stramberie del regime, prende una volta per tutte la decisione di emigrare il giorno in cui, in mancanza d’altro e di incarti di qualsivoglia natura, è costretta a portarsi a casa in mano un pezzo sanguinolento di carne di balena. Dall’Urss della stagnazione Anya si ritrova cosí nell’America dell’abbondanza, i cui supermercati zeppi di ogni prelibatezza suscitano negli esuli sovietici reazioni che vanno dal pianto di gioia alla paralisi di smarrimento. Ma per Anya bambina il cibo, spogliato del piacere della conquista, perde di colpo la sua magia. Finché, a diversi anni di distanza, non le viene per caso l’idea di scrivere un libro di ricette russe… Frutto maturo di quella passione ritrovata, L’arte della cucina sovietica mescola il tema cultural-gastronomico alla rievocazione di tragedie collettive e a memorabili frammenti di vita famigliare. Impossibile non tenere il fiato sospeso per il nonno, affascinante agente segreto coinvolto in rocambolesche imprese di guerra, e non ritrovarsi stizziti davanti all’ennesimo scivolone del padre, sdentato donnaiolo di abitudini oblomoviane. Delle grandi figure politiche del Novecento non manca nessuno: c’è Lenin, con la sua ascetica moderazione nel bere e nel mangiare; Stalin, con i suoi sontuosi banchetti in barba alla popolazione affamata; Chruscëv, con la sua comica ossessione per il granturco; Breznev, con il suo tipico immobilismo anche di fronte ai negozi vuoti; e Gorbacëv, con la sua impopolare crociata contro gli alcolici. Chiude la carrellata Putin, che, nella satolla Russia degli eccessi, per i pranzi del Cremlino sceglie una raffinata frugalità con richiami alla tradizione. Chi, ingolosito dalla lettura, volesse poi un assaggio concreto della cucina sovietica, potrà mettersi ai fornelli e sperimentare le ricette contenute nell’ultima parte del libro, una per ogni decennio raccontato.
Anne Applebaum – La cortina di ferro. La disfatta dell’Europa dell’Est 1944-1956
Alla fine della seconda guerra mondiale l’Unione Sovietica si trovò a controllare gran parte dell’Europa orientale, e i suoi leader, che avevano instaurato con pugno di ferro nelle varie regioni dell’ex impero zarista un regime totalitario, non esitarono a imporlo anche ai paesi europei caduti sotto la loro occupazione. Così il tallone sovietico subentrò a quello nazifascista, e in un arco di tempo straordinariamente breve l’Est europeo venne isolato dietro una «cortina di ferro» in un senso ben più che metaforico: a separarlo dall’Occidente erano barriere e recinzioni di filo spinato sorvegliate da uomini armati. E nel 1961, l’anno in cui fu eretto il Muro di Berlino, si sarebbe detto che quel possente sbarramento fosse destinato a durare per sempre.
Frank Close – Vita divisa. Storia di Bruno Pontecorvo, fisico o spia
La comunicazione sulle possibili attività spionistiche di Bruno Pontecorvo, spedita da Washington, venne intercettata da Kim Philby, un agente inglese che agiva come spia per i sovietici, nel luglio del 1950. Sei settimane più tardi, Pontecorvo, un fisico di Harwell, il laboratorio di fisica nucleare del Regno Unito, sparì senza lasciare traccia all’età di 37 anni, proprio qualche mese dopo la condanna della spia atomica Klaus Fuchs, un suo collega. Quando ricomparve, cinque anni più tardi, Pontecorvo si trovava dall’altra parte della cortina di ferro. Era uno dei più geniali scienziati della sua generazione, ed era al corrente di molti segreti: aveva infatti lavorato al Manhattan Project anglo-canadese e aveva fornito un contributo fondamentale alle ricerche sulla fissione nucleare. Quando sparì, però, il controspionaggio del Regno Unito sostenne che le informazioni in suo possesso non erano tali da mettere in pericolo la sicurezza dell’Occidente. Quella dello scienziato fu una personalità divisa in due parti complementari: in una Bruno Pontecorvo, ricercatore estroverso, sempre in vista, brillante, e nell’altra Bruno Maksimovic Pontekorvo, figura enigmatica, oscura, strettamente legata, con devoto impegno, al sogno comunista. Oggi, grazie alla possibilità di accedere a nuovi archivi e carteggi, e dopo aver intervistato membri della famiglia e i colleghi scienziati, Frank Close si chiede se la fuga di Pontecorvo fu davvero l’atto finale di una carriera da spia, cercando di far luce sulla vita di un uomo segnato dall’avvento dell’era atomica e della guerra fredda.
Miriam Mafai – Il lungo freddo. Storia di Bruno Pontecorvo, lo scienziato che scelse l’URSS
Roberto Sinigaglia – Mjasnikov e la rivoluzione Russa
Questo testo riguarda la posizione e la storia del «gruppo operaio» e del suo leader più noto, Gabriel Mjasnikov. Mentre, tra il ’17 e il ’23, a poco a poco la « rivoluzione» si trova sempre più isolata, il «gruppo operaio» confuta la tesi che vede l’isolamento della rivoluzione come esclusivo prodotto di elementi esterni: guerra civile, fame, arretratezza. Il tentativo di rivoluzione negli Urali e il «manifesto» del gruppo contestano sia una intelligenza economica che una qualità politica alla genesi stessa del bolscevismo, ridando della rivoluzione russa una lettura « da sinistra», che forse più semplicemente è una lettura che mantiene viva l’istanza di liberazione di molti che vi aderiscono. L’interesse particolare di questa pubblicazione risiede nella dialettica tra il tentativo della rivoluzione negli Urali e lo svolgersi del processo rivoluzionario bolscevico nella Russia. Mjasnikov è come una cartina tornasole della qualità politica del processo bolscevico. La rivoluzione bolscevica ha successo e condanna Mjasnikov e il gruppo operaio alla sconfitta. Ma cosa ha successo e cosa viene sconfitto? Si tratta di due linee divergenti: di due strategie? Una più decisa dittatura del proletariato tramite il partito, da un lato, e una più imprecisa proposta consigliarista, dall’altro? Senza dubbio rispetto alle formulazioni teorico-pratiche di Lenin, Mjasnikov e il gruppo operaio sono imprecisi, forse utopisti. Ma, e qui risiede il fenomeno che fa da cartina tornasole alla qualità politica del processo bolscevico, dall’esperienza del gruppo di Mjasnikov emerge una qualità di vita, una esperienza di unità che non può non iniziare in situazioni particolari e ancora contraddittorie.
Tacchinardi-Peregalli – L’Urss e i teorici del capitalismo di stato
Il nuovo corso impresso da Gorbaciov alla società russa, paradossalmente, non ha riaperto la discussione sulla natura sociale dell’URSS. Eppure non mancherebbero i fatti per questo dibattito importante. Sembrano ormai lontani i tempi in cui Berlinguer annunciava che la spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre era venuta meno rimettendo sul tappeto il dibattito, anche se cautamente e con tutte le ambiguità implicite in questa formula. Ora la nuova spinta gorbacioviana, con tutte le sue «novità», potrebbe essere in grado di rinverdire i dibattiti passati e che sembrano ormai caduti nell’ oblio. (Dall’Introduzione)
Giancarlo Tacchi – Da Stalin a Gorbacev. Classi sociali e stato nella Russia sovietica
Il nucleo dirigente del partito staliniano, in assenza della borghesia sociologicamente intesa, ha agito in campo politico ed economico per difendere gli interessi generali e permanenti del capitale sovietico anche contro quelli immediati della burocrazia statale e partitica. Questo nucleo dirigente è stato un ordine di “portatori di spada”; tragedia storica è stato il fatto che gli stalinisti fossero convinti di essere il partito della classe operaia e di agire in nome del proletariato.
Antonio Carlo – La natura sociale dell’Urss
Questo volume raccoglie I principali contributi di Antonio Carlo sui paesi dell’Est europeo, fra cui la seconda edizione, riveduta ed ampliata, del noto saggio sull’URSS, apparso per la prima volta nel 1971, in un numero di «Giovane Critica» da tempo introvabile. L’interesse suscitato da questo lavoro (tradotto in Germania da Wagenbach, nella prestigiosa collana dei «Rotebucher », apparso in inglese sulla nota rivista marxista americana « Telos » e in corso di traduzione in danese per la Politisk Revy si deve al suo carattere innovatore e alla sua chiara impostazione analitica e storica a un tempo. Sulla base di una larghissima documentazione, l’autore dimostra il carattere antagonista del sistema sovietico, dominato da una classe, la burocrazia politica centrale, che sfrutta le masse secondo leggi diverse da quelle del capitalismo, di cui mancano, o sono del tutto marginali, le specifiche categorie (merce, mercato, salario, plusvalore, etc.). Questo sistema, che Carlo denomina « collettivismo burocratico », riprendendo la terminologia di Bruno Rizzi (ma con radicali modifiche teoriche che hanno suscitato una vivacissima polemica fra Rizzi e lo stesso Carlo), può attecchire solo nei paesi sottosviluppati. A un certo livello di sviluppo esplodono infatti contraddizioni gravissime (prima latenti) ed emergono forze oggettive e soggettive che tendono alla restaurazione del capitalismo. La crisi dell’economia sovietica, evidente sin da! 1960, e le riforme del 1965 in URSS sono interpretate da Carlo proprio come espressione di queste contraddizioni, che spingono la burocrazia a concessioni parziali ai dirigenti d’azienda (i cosiddetti tecnocrati), che mirano alla restaurazione del capitalismo, i vecchi rapporti del collettivismo burocratico sono tuttora dominanti, ma funzionano sempre peggio e il nono piano quinquennale (di cui si conoscono ormai i risultati completi dei primi quattro anni) è decisamente fallito, confermando le previsioni formulate da Carlo in un breve articolo del 1971, anch’esso qui ripubblicato. Conclude ii volume un saggio sulla restaurazione del capitalismo in Jugoslavia (originalmente apparso nel 1972 su «Terzo Mondo»), dove si sostiene che nel paese balcanico il collettivismo burocratico, disponendo di più ristretti margini economici, è entrato rapidamente in crisi e sulle sue rovine è già stato restaurato di fatto, dietro la facciata mistificatrice di un socialismo « autogestito » di mercato, un capitalismo sottosviluppato e dipendente dal mercato imperialistico.
Giuseppe Boffa – Memorie dal comunismo. Storia confidenziale di quarant’anni che hanno cambiato volto all’Europa [Epub – Mobi]
Giuseppe Boffa nel 1953 è il primo giornalista italiano a partire come corrispondente per la Mosca del dopoguerra. Da allora, la capitale sovietica è rimasta per quarant’anni il suo osservatorio privilegiato, da cui ha raccontato la Russia comunista ai lettori italiani. Lì ha frequentato l’intelligencija e la bohème russa, gli intellettuali e gli scienziati italiani riparati in URSS, ed è man mano diventato il tessitore dei rapporti tra il PCI e l’Unione Sovietica, conquistandosi l’amicizia dei protagonisti di mezzo secolo della nostra storia. Nei quarant’anni tra Roma e Mosca di Giuseppe Boffa si ritrova un pezzo di storia che riguarda tutti.