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Tom Holland – Millennium. Re, predoni, cavalieri
Paul Collier – Exodus: I tabù dell’immigrazione
Collier scrive che quasi il 40% della popolazione dei paesi poveri, se potesse, lascerebbe la propria terra di origine per raggiungere le nazioni ricche. Ciò significa che siamo solo agli inizi di un fenomeno che in futuro sarà molto più esteso, massiccio e, se continuiamo a gestirlo in questo modo, preoccupante. Roberto Saviano, “l’Espresso” Un libro importante perché ci invita a non ragionare per slogan, frasi fatte o vaghe inclinazioni. Un richiamo al buonsenso, non scevro della generosità e dell’intelligenza che l’Europa, in questa occasione, non è riuscita a dimostrare. Salvatore Carrubba, “Il Sole 24 Ore” Paul Collier analizza il fenomeno dell’immigrazione con lo sguardo lungo del ricercatore: che cosa spinge queste persone a partire? Quali sono gli effetti su chi resta? Quali, invece, sui paesi ospitanti? Solo con un approccio di questo genere si può arrivare a una soluzione. “Il Venerdì di Repubblica”
Paolo Viola – L’Europa moderna. Storia di un’identità
In età moderna gli europei conquistarono, e persero poi, l’intero pianeta, non prima di averlo trasformato irreversibilmente, e avergli trasmesso alcuni dei loro valori fondamentali, che furono anche le armi di quella conquista, e cioè il capitalismo, lo Stato complesso e il pluralismo.Armi e caratteri che definiscono le società europee come generalmente più flessibili di altre. Partendo da questa constatazione Paolo Viola sviluppa alcune considerazioni. La prima è che per intraprendere quella conquista gli europei disponevano di alcuni elementi che, apparentemente deboli, si sarebbero rivelati punti di forza: una Chiesa rivale della politica, in continua competizione per il potere; un ceto dirigente militare fondato sulla nascita e la proprietà terriera quasi sempre ribelle; una straordinaria pluralità di tessuti urbani, di ordinamenti giuridici, di parti politiche in confitto fra loro. La seconda è che questi prodotti culturali disordinati, plurali, e complessi rafforzarono in gran parte dell’Europa la cosiddetta società civile come contrappeso all’inevitabile rigida fragilità della politica. La terza è che l’età moderna culmina alla fine dell’Ottocento, nella cosiddetta età dell’imperialismo, prima dell’incredibile suicidio europeo della Grande Guerra. Di conseguenza, non è più molto interessante definire l’età contemporanea come completamento del moderno, ma semmai distinguere la modernità da un tempo postmoderno che si apre con le due guerre mondiali e coincide col relativo tramonto dell’Europa e col parziale fallimento della sua identità.
Lytton Strachey – Eminenti vittoriani
Il primo dovere di un biografo, sostiene Lytton Strachey, è senza dubbio conquistare e mantenere la giusta misura, sbarazzandosi del superfluo e dell’insignificante, per focalizzare solo quel che è degno di nota. Del resto, una narrazione meticolosa non necessariamente restituisce il senso delle cose, anzi, il modo migliore per cogliere il carattere di un’epoca è accostarsi lungo traiettorie inattese e guardarla da prospettive inusuali, ovvero piombarle sul fianco e attaccarla alle spalle. Così, Strachey condensa tutta la complessità e l’ambiguità dell’età vittoriana nei ritratti di quattro cittadini di Sua Maestà: Henry Edward Manning, cardinale anglicano avvicinatosi alla Chiesa di Roma; Florence Nightingale, fondatrice della moderna assistenza infermieristica; Thomas Arnold, riformatore della public school inglese; e Charles George Gordon, generale dell’Impero britannico. Si tratta di personaggi atipici, perché apparentemente di secondo piano, che Strachey scopre in realtà emblematici. Alternando l’ironia e la grazia, l’autore riporta i nudi fatti, spassionatamente e senza secondi fini; senza necessità di adulare o romanzare, Strachey riesce nel suo proposito di «illustrare piuttosto che spiegare» un’epoca eccezionale.
Robert Cunninghame Graham – Un Paradiso scomparso. La storia dei Gesuiti in America del Sud
Tra la metà del XVI e la fine del XVIII secolo, quando furono espulsi da tutte le colonie spagnole e portoghesi delle Americhe, i Gesuiti posero le basi di un sistema culturale ed economico autosufficiente, fondato sulla religione e sulla convivenza tra indigeni ed europei. Attorno alle chiese e alle scuole delle missioni, la vita e il lavoro si svolgevano secondo un regime quasi collettivista, mentre la Compagnia di Gesù era ormai un pericoloso concorrente per gli affari dei latifondisti. Per questo e per la ferma opposizione allo schiavismo, dopo due secoli di lotte con le autorità laiche e le gerarchie cattoliche, le missioni vennero attaccate e distrutte una dopo l’altra, i Gesuiti espulsi, i nativi uccisi o ridotti in schiavitù. Robert Cunninghame Graham – attivista politico, scrittore e avventuriero – racconta la storia delle missioni gesuitiche in Paraguay servendosi dei numerosi e discordanti documenti dell’epoca. La sua cronaca è precisa, ma non nasconde la passione per un’epopea che anticipa per molti versi le idee del cristianesimo sociale del Novecento, per un’utopia – nobile nonostante i limiti posti dal proselitismo cristiano – cancellata quando era sul punto di realizzarsi.
August Cochin – Lo spirito del giacobinismo
Come osserva Sergio Romano nella nota introduttiva, dopo la crisi delle ideologie e la sconfitta della “ragione rivoluzionaria” è oggi possibile prescindere dalle passioni di parte e riconsiderare la Rivoluzione francese con maggior distacco ed equità. È quanto aveva già fatto Augustin Cochin in questo libro scritto tra il 1904 e il 1912 che, riletto oggi, acquista rinnovato valore e importanza. Cochin spiega come sia stato possibile che la Francia del XVIII secolo si sia bruscamente allontanata dalla propria storia secolare, vedendo nella nascita dello homo ideologicus la diretta conseguenza dello sviluppo del pensiero illuminista: in nome della Libertà, la Rivoluzione preparò la soppressione delle singole libertà dei cittadini. Come non vedere nell’ideologia del giacobinismo i germi del terrorismo moderno? Leggere oggi Cochin consente di proiettare la Rivoluzione francese oltre il suo tempo per capire i meccanismi di potere che sovrintendono in ogni società la formazione del consenso, e che portano inevitabilmente un movimento liberatorio a trasformarsi in puro discorso ideologico che ignora la realtà e cerca di farle violenza.
Edward Hallett Carr – Sei lezioni sulla storia
Una raccolta di brillanti “lezioni” tenute nel 1961 all’Università di Cambridge in cui Carr ci espone le sue idee sul significato della storia che costituiscono un invito alla discussione su temi vitali per la società di oggi.
Moses I. Finley – La democrazia degli antichi e dei moderni
Una sintesi magistrale di riflessione politica sulla democrazia e insieme di storia dell’Atene classica, la città che più di due millenni fa realizzò la piena partecipazione dei cittadini al potere.
Moses I. Finley – L’economia degli antichi e dei moderni
La società schiavistica classica e quella americana dell’Ottocento, il sistema di tassazione spontanea dei ricchi ateniesi e le odierne imposte sul reddito, le crisi economiche provocate dalla ‘collera degli dei’ e quelle di oggi, prodotte dall’alta finanza: con lo sguardo del grande storico che sa trovare nel passato più remoto tracce del tempo presente, Finley rilegge la realtà economica del mondo antico su un arco cronologico amplissimo.