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Barrington Jr. Moore – Le origini religiose della persecuzione nella storia
Nel ripetersi storico dei massacri di massa, dei rigurgiti sanguinari di intolleranza, delle persecuzioni di cui ogni epoca, non esclusa la nostra, ha provato la piaga, colpisce più che la differenza la somiglianza: «sono state le somiglianze – osserva Barrington Moore – a dare risultati così tremendi». L’eminente storico americano – che con un libro celebre, Le origini sociali della dittatura e della democrazia, ha offerto una chiave originale per comprendere la storia comparata, andando a cercare nelle basi sociali (ideologiche, istituzionali, culturali, oltre che economiche) la causa della differenza o della ripetizione -applica lo stesso sistema di indagine al caso della persecuzione. E ricostruisce, attraverso alcuni eventi speciali presi come esempi tipici – dall’Israele dell’Antico Testamento, al Terrore della Rivoluzione francese, dalle Guerre di religione, al sistema delle caste indiane e alla Cina confuciana – lo schema dinamico di quei «processi che sfociano nella approvazione morale della crudeltà». Al di sotto vi è sempre un’idea di purezza morale che d’improvviso, per circostanze diverse, si fa strada tra gli eventi e fissa il perimetro di un’identità comune che si sente minacciata dai soggetti attivi di una contaminazione percepita come abbastanza forte da deumanizzarne e demonizzarne i portatori. Una coppia di opposti inconciliabili, puri contro impuri, che si trovano entro le culture derivate dalle grandi religioni monoteiste, ma che è invece estranea alle altre culture dove l’impuro, benché degradato e intoccabile, viene considerato elemento integrante della comunità in quanto destinato a trattare e manipolare l’immondo. Una situazione tutt’altro che idillica, visto che il prezzo da pagare era la rigida divisione in caste e l’immobilità sociale, che oggi, comunque, l’intrusione dell’Occidente ha sconvolto. «Tanto tempo fa, diciamo dopo la fine della II guerra mondiale, pareva che le battaglie contro le forme più virulente dell’irrazionalità e dell’intolleranza fossero finite e vinte. Potevamo rivolgerci alla lotta contro l’ignoranza, contro la fame e le malattie, e magari goderci anche un po’ la vita. A mezzo secolo di distanza quella visione, col ritorno di tutti i vecchi spettri e la creazione di nuovi orrori, sembra essere stata la grande illusione del XX secolo».
Morton Timothy – Iperoggetti
Maria Grazia Turri – Gli oggetti che popolano il mondo. Ontologia delle relazioni
Roland Barthes – Miti d’oggi
Anthony Giddens – Le conseguenze della modernità
Mike Davis – Il pianeta degli slum
Enrico Chelazzi – L’inquietudine migratoria. Le radici profonde della mobilità umana
Giovanni Gozzini – La mutazione individualistica. Gli italiani e la televisione 1954-2011
La televisione cambia la testa degli italiani. Cancella la politica come progetto condiviso di futuro e la sostituisce con un’arena di gladiatori. Cancella la storia e la sostituisce con un presente senza passato. Cancella la realtà e la sostituisce con uno spettacolo continuo che divizza le persone comuni. Cancella la fatica e la sostituisce con il sogno del successo. Ma la televisione non è onnipotente. Se provoca tali effetti è perché – a differenza di chiese, partiti, sindacati – ha saputo raccogliere una mutazione individualista che si sviluppa in modo molecolare e sotterraneo nella società italiana, a partire dagli anni Settanta. Da Dallas al Grande Fratello, molte produzioni televisive hanno contribuito a cancellare l’orizzonte collettivo della storia e della politica e la realtà si è ridotta a un microcosmo di individui.