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Luca Ricolfi – Sinistra e popolo. Il conflitto politico nell’era dei populismi
Dodici anni dopo la pubblicazione di Perché siamo antipatici? Luca Ricolfi torna sui temi che hanno fatto unanimemente apprezzare la sua ricerca, ripercorrendo i cambiamenti sociopolitici degli ultimi quarant’anni, dalle origini della globalizzazione alla crisi delle economie avanzate, per arrivare a una dolorosa, stringente riflessione: ovunque in Occidente il popolo cerca protezione dalle conseguenze della crisi e dalle fragilità dello scenario globale, ma la sinistra inevitabilmente impegna le sue energie per sminuire i problemi che gli elettori percepiscono come principali: disoccupazione, politiche di austerità, immigrazione, terrorismo. Se dunque, al di qua quanto al di là dell’Atlantico, i cittadini alzano aggressivamente la testa nei confronti di una sinistra impotente quando non addirittura cieca di fronte all’onda montante di paura che li travolge, non è così strano che il populismo si proponga come risposta, per quanto sommaria e inadeguata, alle angosce del presente.
Tom Wolfe – Radical chic
Radical chic è lo spassoso e tagliente articolo in cui Tom Wolfe descrive il curioso fenomeno sociale, sorto alla fine degli anni Sessanta negli Stati Uniti, del corteggiamento da parte dell’élite newyorkese di ogni possibile rivoluzionario radicale, dagli antimilitaristi agli hippy psichedelici. L’occasione che ispirò a Wolfe la celebre definizione «radical chic» fu il ricevimento organizzato a Manhattan il 14 gennaio 1970 da Felicia Bernstein, moglie del compositore e direttore d’orchestra Leonard, per sostenere la causa del gruppo rivoluzionario marxista-leninista delle Pantere Nere. La serata si svolse nell’attico di tredici stanze che i Bernstein possedevano a Park Avenue, e Wolfe ne scrisse un ampio e caustico resoconto intitolato These Radical Chic Evenings, pubblicato nel mese di giugno sul «New York Magazine». Confluito in un secondo momento nel libro Radical Chic & Mau-Mauing the Flak Catchers, il testo è una satira irresistibile della buona coscienza progressista, che oggi come allora non resiste alla tentazione di unire benessere materiale e retorica rivoluzionaria.
Jean-Claude Michea – I misteri della sinistra
Di fronte a una società sempre più “amorale, piena d’ineguaglianze e alienante”, il filosofo critica la distanza con cui la sinistra guarda ai bisogni e alle difficoltà della “gente comune” (come direbbe Orwell). Che cosa è diventata oggi la sinistra liberale? Secondo Michéa nient’altro che “una caricatura di sé stessa”, una frangia egoista che spende tempo ed energie a valorizzare trasgressioni morali e culturali, piuttosto che ad ascoltare i bisogni del fronte operaio e a combattere il cinismo ipocrita della destra di Sarkozy e Copé. Se l’autore è arrivato a mettere in discussione il vecchio schema destra/ sinistra, ritenendolo ormai una mistificazione, è perché il compromesso storico siglato dopo l’affare Dreyfus (tra il movimento operaio socialista e la sinistra liberale e repubblicana) ha ormai esaurito tutte le sue qualità positive. La sinistra, oggi, non è più il fronte popolare di liberazione, ma un caos di divisioni e guerre personali. La sinistra, dice polemicamente l’autore, non è diversa dalla destra.
Domenico Losurdo – La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra
Le promesse del 1989 di un mondo all’insegna del benessere e della pace non si sono realizzate. La crisi economica sancisce il ritorno della miseria di massa anche nei paesi più sviluppati e inasprisce la sperequazione sociale sino al punto di consentire alla grande ricchezza di monopolizzare le istituzioni politiche. Sul piano internazionale, a una “piccola guerra” (che però comporta decine di migliaia di morti per il paese di volta involta investito) ne segue un’altra. Per di più, all’orizzonte si profila il pericolo di conflitti su larga scala, che potrebbero persino varcare la soglia del nucleare. Più che mai si avverte l’esigenza di una forza di opposizione: disgraziatamente in Occidente la sinistra è assente. Come spiegarlo? Come leggere il mondo che si è venuto delineando dopo il 1989? Attraverso quali meccanismi la “società dello spettacolo” riesce a legittimare guerra e politica di guerra? Come costruire l’alternativa? A queste domande l’autore risponde con un’analisi originale, spregiudicata e destinata a suscitare polemiche.
Edgar Morin – Il mio cammino. Djénane Kareh Tager intervista Edgar Morin
È questo il cammino di un uomo. È questo il pensiero che si è formato nel corso di questo cammino e il capolavoro che ne è derivato. Attraverso le interviste che Edgar Morin ha concesso a Djénane Kareh Tager, questo libro mostra l’unità di un’opera attraverso la sua varietà, l’unità di una vita attraverso le sue vicissitudini. Ne “Il mio cammino” è l’uomo a parlare, senza dissimulare le sue emozioni né le sue passioni. Quest’uomo ci racconta la sua esperienza della vita, dell’amore, della poesia, della vecchiaia e della morte.
Edgar Morin – La mia sinistra
L’ambivalenza dello sviluppo globalizzato apporta progressi materiali in tutti i campi ma è gravida, al tempo stesso, di sottosviluppi spirituali e morali. Tende a standardizzare le culture così diverse del pianeta secondo il modello occidentale, svilendo le loro virtù e i loro saperi, e ci pone in una crisi planetaria, quella dell’umanità che non riesce ad accedere all’Umanità.Parlare oggi di «sinistra» come fa Edgar Morin, uno dei più grandi pensatori viventi, dovrebbe portarci a concepire una via d’uscita dalle turbolenze di un’economia capitalistica scatenata, dalla degradazione della biosfera, dal montare delle paure e dei razzismi, cogliendo la possibilità, disponibile per la prima volta nella storia dell’umanità, di una comunanza di destino e di una patria terrena comune. Ogni cultura è fatta non solo delle sue illusioni e carenze, ma anche di qualità e ricchezze. Bisogna dunque mondializzare, cioè favorire le cooperazioni economiche, sociali e culturali, e al tempo stesso demondializzare, cioè alimentare le vitalità locali, regionali e nazionali. Bisogna mirare alle simbiosi culturali capaci di unire ciò che ciascuna di esse ha di meglio, operando una metamorfosi che leghi in modo indissolubile l’unità e la diversità umane. «Si tratta, come con l’eleganza di una grande passione civile ci rammenta Morin, di ricostruire un “pensiero”, una cultura politica. Gli strateghi della tattica si sono inabissati nel proprio politicismo. I custodi dell’ortodossia vigilano sulle tombe e contemplano i cippi funerari. La sinistra, viceversa, ha bisogno di spazi aperti e di ossigeno (ma anche lo scarso ossigeno del pianeta ha bisogno di sinistra!)».(Dalla presentazione di Nichi Vendola)«Il pensiero complesso che Morin ha saputo tanto profondamente elaborare, e incarnare nella sua stessa vicenda biografica, fa della sensibilità all’incertezza, all’ambivalenza e all’improbabilità non una fonte di impotenza, di cronica indecidibilità, ma una fonte di sentimento di appartenenza al mondo, di speranza nell’insperato, di dialogica generativa, di azione creativa.»(Dalla postfazione di Mauro Ceruti)
Norberto Bobbio – Destra e sinistra
Parole chiave del nostro linguaggio politico, «destra» e «sinistra» sperimentano, oggi più che mai, una strana fortuna: i più si mostrano scettici circa l’utilità politica di questi due concetti, e molti anzi apertamente li contestano; e tuttavia tutti li adoperano, mentre nessuno, alla fin fine, sa proporne di migliori, di più chiari, di più efficaci. In realtà, attorno a queste due parole continua a organizzarsi la parte più rilevante del discorso politico. Davvero Bobbio aveva visto lungo. Davvero la sua saggezza era riuscita – scarnificando, escludendo, limitando – ad arrivare alla radice di quella distinzione: il diverso atteggiamento che le due parti, il popolo di destra e il popolo di sinistra, sistematicamente mostrano nei confronti dell’idea di eguaglianza. Naturalmente eguaglianza e diseguaglianza sono concetti relativi: né la sinistra pensa che gli uomini siano in tutto eguali, né la destra pensa che essi siano in tutto diseguali. Ma coloro che si proclamano di sinistra danno maggiore importanza, nella loro condotta morale e nella loro iniziativa politica, a ciò che rende gli uomini eguali, o ai modi di ridurre le diseguaglianze; mentre coloro che si proclamano di destra sono convinti che le diseguaglianze siano ineliminabili e che non se ne debba neanche auspicare la soppressione. Più passa il tempo, più la forza degli argomenti di Bobbio sembra rinvigorirsi. Contro ogni tentazione consociativa, i due concetti appaiono sempre più irriducibili l’uno all’altro, né sono ricomponibili in una sorta di compromesso intermedio, giacché il «centro», per Bobbio, non ha consistenza teorica, non definisce una «parte». Sempre più si sperimenta, specie nel nostro paese, nel fuoco di una profonda crisi di identità e di consenso della politica, il bisogno di tornare a discutere – dopo anni di inconsistenza – attorno alla questione vera. E in particolare, per la sinistra, di rimettere al centro della propria iniziativa il «faro dell’eguaglianza». Questa edizione del ventennale comprende il corpo della prima edizione, seguìto da tutti gli scritti aggiunti dall’autore negli anni successivi, in risposta ai suoi interlocutori e ai suoi critici. Il libro si apre con una nuova introduzione di Massimo L. Salvadori, che traccia un bilancio magistrale dell’intera materia, e si chiude con due commenti, di Daniel Cohn-Bendit e di Matteo Renzi, che rappresentano punti di vista non ovvi e che aggiungono interrogativi nuovi e più che mai attuali.
Tre paginette finali a cura di :
Stefano G. Azzarà – Democrazia cercasi
Non il ventennio berlusconiano ci ha consegnati a questa situazione, ma un processo materiale in corso dalla fine degli anni Settanta: una riscossa dei ceti proprietari che ha portato a una redistribuzione verso l’alto della ricchezza nazionale, alla frantumazione e precarizzazione del lavoro, allo smantellamento dei diritti economici e sociali dei più deboli. Intanto, nell’alveo del neoliberalismo trionfante, si diffondeva un clima culturale dai tratti marcatamente individualistici e competitivi. Mentre dalle arti figurative alla filosofia, dalla storia alle scienze umane, il postmodernismo dilagava, delegittimando i fondamenti e i valori della modernità.
La sinistra è stata il principale agente responsabile di questa devastazione. Schiantata dalla caduta del Muro di Berlino, non è riuscita a rinnovarsi salvaguardando i propri ideali e si è fatta sempre più simile alla destra. Per ricostruire una sinistra autentica, per riconquistare la democrazia e una vasta mediazione sociale, dovremo smettere di limitare il nostro orizzonte concettuale alla mera riduzione del danno e riscoprire il conflitto. Nata per formalizzare la lotta di classe, senza questa lotta la democrazia muore.
Massimo Bontempelli, Marino Badiale – La sinistra rivelata. Il Buon Elettore di Sinistra nell’epoca del capitalismo assoluto
La storia bicentenaria della sinistra (e della destra) e ormai esaurita. La contrapposizione fra sinistra e destra non riguarda più la realta economica e sociale, ma si concentra su questioni limitate e su giochi di apparenze. La rappresentazione spettacolare del contrasto di sinistra e destra non ha più nulla a che fare con la realta in cui viviamo e con i pericoli che sentiamo avvicinarsi: instabilita sociale, degrado ecologico, perdita dei diritti dei ceti subalterni, guerre. Questo libro e dedicato all’analisi di tale inedita situazione storica che permette di rivelare le contraddizioni e i nodi problematici insiti in ciò che e stata la sinistra. L’ambizione non è solo quella di comprendere meglio il passato, ma di fornire strumenti per pensare lucidamente il presente e per immaginare un futuro diverso da quello, mortifero, che l’attuale «capitalismo assoluto» ci sta preparando.