Nel secondo dopoguerra, Karl Barth precisa la sua riflessione sull’impegno politico dei cristiani, e ribadisce la necessità di preservare la purezza del messaggio evangelico da ogni contaminazione con qualsiasi forma di causa politica che, per sua natura, non può che essere provvisoria. Di fronte al teologo, dopo il crollo della Germania, c’è il mondo della Guerra Fredda, diviso in due e sotto la costante minaccia dell’estinzione. I testi raccolti in questo libro, composti tra la fine del secondo conflitto mondiale e il 1959, pongono l’analisi demistificante della politica internazionale a confronto con l’agire concreto del credente, che deve rispondere, sempre e prima di ogni altra cosa, alla propria fede. In due scritti del 1945 – I tedeschi e noi e Come potranno guarire i tedeschi? – Barth si sofferma sulla necessità per i cristiani di essere i primi a perdonare i vinti per farsi costruttori di un futuro migliore. La Chiesa tra Est e Ovest (1949) mette in guardia i fedeli dal farsi paladini nella crociata contro l’Est sovietico, invitandoli a cercare invece una terza via di conciliazione che coniughi libertà e giustizia sociale. Nel 1958 Barth scrive la lettera A un pastore della Repubblica democratica tedesca, dove torna sulla necessità di riconoscere l’esistenza del totalitarismo nel mondo, sia nella forma poliziesca dei Paesi del socialismo reale, sia nella forma economico finanziaria dei Paesi dell’Occidente capitalistico. Nell’ultimo testo, inviato il 7 gennaio 1959 al Congresso europeo contro l’armamento atomico di Londra, l’indipendenza dei cristiani viene richiamata a rompere la logica della corsa verso l’autodistruzione, fino a indicare la possibilità di una radicale «obiezione di coscienza».
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Augusto Del Noce – Il problema dell’ateismo
Augusto Del Noce, di cui l’11 agosto 2010 si celebrerà il centenario della nascita, è senza dubbio il maggior filosofo cattolico italiano del dopoguerra. “Il problema dell’ateismo”, pubblicato per la prima volta nel 1964, è la sua opera centrale. In essa Del Noce si confronta con la modernità, compiendo una serrata critica della sua filosofia come processo di secolarizzazione che conduce all’idea dell’uomo creatore e trova il suo compimento nell’antropologia materialistica del marxismo. La presente edizione esce arricchita da un saggio di Massimo Cacciari scritto per l’occasione.
Pier Paolo Portinaro (a cura di) – I concetti del male
Male come sofferenza, male morale come colpa, male metafisico come privazione d’essere: il negativo della condizione umana.
Ferdinando Tartaglia – Tesi per la fine del problema di Dio
Tartaglia fece la sua comparsa nella cultura contemporanea nel primo dopoguerra. Un giovane sacerdote che parlava di religione in un modo assolutamente innovativo: l’esigenza di assoluto lo portava a chiedere l’abolizione di tutte le posizioni spirituali presenti, comprese quelle religiose. Questo lo portò alla scomunica da parte della Chiesa
Fernando Belo – Una lettura politica del Vangelo
Apparso a Parigi nei maggio 1974, il saggio di Belo sulla « lettura materialista » del Vangelo, definito « un libro irritante che appassiona », continua a far parlare di sé. « Lettura materialista » non vuol dire rinunciare alla fede in un Dio trascendente, ma analizzare il Vangelo partendo dai rapporti sociali di produzione della società del tempo per verificarne l’influenza sulle ideologie, sul linguaggio e sulle coscienze, cogliendone a tutti i livelli i riflessi dei conflitti di classe. Significa analizzare la « prassi » di Gesù restituendole quella dimensione economico-sociale e politica presente nel testo, anche se offuscata da secoli di interpretazione spiritualistica.
Dopo una sintesi dell’universo simbolico del mondo biblico, in cui rileva la presenza di due correnti: quella profetica centrata sul dono, sul condividere, e quella sacerdotale centrata sulla purificazione rituale, Belo analizza il modo di produzione della Palestina del I secolo come sfondo alla prassi di Gesù che si differenzia sia da quella dei farisei sia da quella degli zeloti, una strategia « sovversiva », ben radicata nella concretezza del pane quotidiano, che anticipa una società senza classi in cui tutti ricevono la benedizione di Dio.
All’interno dei parametri del « materialismo storico » anche il problema della risurrezione si chiarisce come « liberazione dei corpi », come possibilità ancora ignorate del corpo, un mistero che è bene lasciare aperto.
Un libro tutto da discutere, ma che rimane il primo ad aver aperto una prospettiva nuova dopo il fallimento della « ricerca del Gesù storico ».
Raimon Panikkar – Tra Dio e il cosmo: Una visione non dualista della realtà
Incalzato dalle domande di Gwendoline Jarczyk – studiosa di filosofia, specialista di Hegel e del mistico medievale Meister Eckhart –, Raimon Panikkar ha modo di ripercorrere in questo libro tutti i temi salienti della sua lunga riflessione, da quelli di più scottante attualità (come l’identità religiosa e il dialogo fra le varie religioni, i drammi della storia e la responsabilità dell’uomo religioso, il rapporto fra scienza moderna e visione religiosa della vita) a quelli più radicali e pregnanti (come il valore del silenzio e della parola, il senso del tempo e soprattutto la visione ‘trinitaria’ della realtà). Un dialogo vigoroso e appassionato, disseminato di alcune delle folgoranti intuizioni che hanno fatto di Panikkar uno dei più grandi teologi e maestri spirituali viventi, testimone di una sintesi armoniosa di culture diverse.
C.S. Lewis – Diario di un dolore
Il dolore puro è difficile da raccontare. Ma qui qualcuno ci è riuscito, con una precisione e un’onestà che ci lasciano ammirati, arricchiti. Questo è un libro che riguarda da vicino chiunque abbia avuto nella sua vita un dolore. C.S. Lewis pubblicò nel 1961, sotto lo pseudonimo di N.W. Clerk, questo breve libro che racconta la sua reazione alla morte della moglie. Illustre medioevalista e amatissimo romanziere, amico di Tolkien e come lui dedito alle incursioni nel fantastico, C.S. Lewis si è sempre dichiarato innanzitutto uno scrittore cristiano. Ma un cristiano duro, nemico di ogni facile consolazione. E ciò apparirà immediatamente in questo libro perfetto, dove l’urto della morte è subìto in tutta la sua violenza, fino a scuotere ogni fede. Non c’è traccia di compiacimento o di compatimento per se stessi. C’è invece un’osservazione lucida, che registra le sensazioni, i movimenti dell’animo che appartengono al segreto di ciascuno di noi – e che spesso non vogliamo riconoscere.
C.S. Lewis – Il cristianesimo così com’è
C.S. Lewis, grande studioso del Medioevo e romanziere fantascientifico, si trovò a un certo punto della sua vita a essere, come egli stesso osservò con affilata ironia, «forse il più depresso, il più riluttante convertito d’Inghilterra». Ma che cosa lo aveva obbligato a passare da una posizione di cauto agnosticismo alla fede? “Il cristianesimo così com’è”, cioè quel nucleo irriducibile in cui si intrecciano pensiero, emozione e gesto – e che sta dietro a tutte le disparate divergenze dottrinali, a tutte le dispute ecclesiastiche. È questo il nucleo che rende «naturalmente cristiano» chiunque sia nato in Occidente negli ultimi duemila anni. Come raccontare, come rendere evidente tutto ciò? C.S. Lewis volle usare la massima immediatezza, obbligandosi a parlare nel modo più semplice delle cose ultime. E il risultato fu una riuscita impressionante. Così queste conversazioni radiofoniche, che risalgono agli anni Quaranta, sono rimaste ineguagliate: soprattutto per la perspicuità con cui rendono palpabili i più ardui problemi teologici, mostrandoceli nella loro vera natura di possenti cunei conficcati nella circolazione della nostra mente. Da essi, che lo vogliamo o no, non possiamo prescindere: e allora, insinua Lewis, tanto vale che ce ne lasciamo illuminare.
Simone Weil – Lettera a un religioso
«Quando leggo il catechismo del Concilio di Trento, mi sembra di non aver nulla in comune con la religione che vi è esposta. Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa, sento con una specie di certezza che questa fede è la mia, o più precisamente lo sarebbe senza la distanza che la mia imperfezione pone tra essa e me». Giunta agli ultimi anni della sua vita, Simone Weil volle esporre in una lunga lettera al padre Marie-Alain Couturier i propri convincimenti, per verificarne la compatibilità «con l’appartenenza alla Chiesa». La risposta non arrivò mai, e la Weil rimase fino all’ultimo fedele alla sua «vocazione di essere cristiana al di fuori della Chiesa». Ciò non deve meravigliare: le tesi qui proposte, nella loro cristallina, categorica chiarezza, sono in realtà una sfida alla Chiesa – forse la più alta fra le molte che ha conosciuto in questo secolo. E innanzitutto una sfida alla pretesa ecclesiale di offrire la verità ultima, rispetto alla quale ogni altra è una rudimentale prefigurazione. Non così per la Weil, che trovava in Platone, nella “Bhagavad Gita” o nel “Tao tê ching” le stesse verità, compiutamente espresse, che incontrava nei Vangeli. «Ogniqualvolta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Krsna, Buddha, il Tao, ecc., il figlio di Dio ha risposto inviandogli lo Spirito Santo. E lo Spirito ha agito sulla sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizione religiosa, ma dandogli la luce – e nel migliore dei casi la pienezza della luce – all’interno di tale tradizione».
Sergio Quinzio – Silenzio di Dio
Credere o non credere in Dio? La fede dell’uomo si scontra con numerose e angoscianti “ragioni per non credere”: lo scandalo del male, la schiacciante trascendenza di Dio, la natura illusoria di ogni verità, gli sviluppi della scienza, la storia della Chiesa. In Silenzio di Dio, pubblicato per la prima volta nel 1982, Sergio Quinzio cerca risposte al terribile enigma. E gli stessi dubbi che intaccano la fede diventano altrettante ragioni per credere. Paradossale profeta – troppo laico per i cattolici e troppo cattolico per i laici -, Quinzio rifugge le analisi lunghe e tortuose procedendo per intuizioni, sintesi, frammenti. Coinvolge il lettore in una singolare e attualissima apologia del cristianesimo travestita da antiapologia, che è stata oggetto delle feroci critiche dei teologi più istituzionali, e insiste in un dialogo sempre diretto e serrato con Dio; mai nega la sua esistenza, e rileva piuttosto la miseria dell’uomo nei suoi confronti. In queste pagine il lettore non scoprirà un autore, ma un uomo: un novecentesco Pascal, in cui le riflessioni teologiche si intrecciano inevitabilmente ai motivi di un disagio autobiografico. Dal dubbio trarrà una consapevolezza: il nostro travaglio contemporaneo deriva dal fallimento di quella speranza di perfetta redenzione dal male e dal dolore promessa da Gesù Cristo. Per questo “la disperazione del mondo è pensabile solo all’interno della fede”. E se per il cristiano c’è ancora una speranza, questa non può che risiedere in Dio.