Alain Ehrenberg – La società del disagio. Il mentale e il sociale

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Con La fatica di essere se stessi Ehrenberg aveva cercato – incrociando le problematiche del sapere medico con l’analisi degli stili di vita – di dare una risposta al fatto che la depressione si sia imposta negli ultimi anni come il principale disturbo della nostra interiorità. Essa ha persino cambiato di significato: non è piú dolore morale, perdita della gioia di vivere, ma una patologia dell’azione, il sentimento di non riuscire a essere all’altezza, una insufficienza rispetto le aspettative degli altri (in famiglia, con gli amici, nel lavoro). Con La società del disagio Eherenberg tenta di dare una sistemazione organica e complessiva al problema dei rapporti tra saperi medico-psichiatrici e società, nonché di delineare una teoria complessiva del legame sociale. Tutto questo in relazione ad una società che è diventata quella della decisione, dell’autonomia e delle azioni individuali, nella quale si intrecciano questioni psico(pato)logiche e questioni sociali. Dai quadri sintomatologici è sostanzialmente sparita la radicale discontinuità tra il normale e il patologico: è emerso un mondo del «malessere», del «disagio generalizzato», delle «carenze dell’io». La nostra società, insomma, ha adottato un nuovo linguaggio, quello della vulnerabilità individuale, attraverso il quale vengono ormai decifrate tutte le forme dell’inquietudine e del disagio sociale: sempre piú problemi individuali e collettivi vengono definiti in termini di sofferenza psichica (a sua volta ricondotta a disfunzioni neuro-biochimiche) e le soluzioni che vengono avanzate lo sono in termini di salute mentale, ovvero di disfunzionamenti da correggere, metabolismi da ripristinare, insufficienze da colmare, difettosità da riparare, che una medicina del benessere e della qualità della vita si candida ad assicurare attraverso pratiche riabilitative e di neurostimolazione.

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Piero Cipriano – Il manicomio chimico. Cronache di uno psichiatra riluttante

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Oggi il manicomio non è più costituito da fasce, muri, sbarre, ma è diventato astratto, invisibile. Si è trasferito direttamente nella testa, nelle vie neurotrasmettitoriali che regolano i pensieri. Il vero manicomio, oggi, sono gli psicofarmaci. Stiamo oltretutto assistendo a una vera e propria mutazione antropologica: agli psichiatri, e alle case farmaceutiche, non bastano più i malati da curare, ma servono anche i sani. Lutto, tristezza, rabbia, timidezza, disattenzione, non sono stati d’animo fisiologici, ma patologie da curare con il farmaco adatto. Cipriano sottopone a una critica severa i principali dogmi della psichiatria “moderna”: a cominciare dalla diagnosi, ovvero l’urgenza burocratica di considerare “malattia” qualunque disagio psichico, a cui segue l’immancabile prescrizione di un farmaco. E quando i farmaci non sono sufficienti, ritorna l’uso nascosto delle fasce e dell’elettrochoc. È questo il nuovo manicomio, meno appariscente, più discreto, in cui diagnosi e psicofarmaco dominano la scena.

Piero Cipriano – La società dei devianti. Depressi, schizoidi, suicidi, hikikomori, nichilisti, rom, migranti, cristi in croce e anormali d’ogni sorta…

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Oggi l’etichetta medica o psichiatrica – ma anche quella sociologica o giudiziaria – è ciò da cui tutto il resto discende. E di etichette se ne attribuiscono a profusione: iperattivo, depresso, bipolare, borderline, schizoide, psicopatico, ma anche, più banalmente, iperteso, diabetico, anoressico, obeso, cardiopatico, e persino nichilista, terrorista, zingaro apolide, rifugiato… A ognuna di queste etichette, spesso, corrisponde un farmaco, o una tecnica psicoterapica, o un luogo di rieducazione, identificazione, pena, espulsione… Insomma, tutti questi devianti riluttanti sono pane quotidiano (e guadagno) per il mondo dei normali, di coloro che invece sanno lavorare.

John Foot – La “Repubblica dei Matti”: Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978

La “Repubblica dei Matti”

“Questa storia dimostra che un piccolo gruppo di persone può davvero cambiare il mondo. Quando Franco Basaglia e Antonio Slavich cominciarono a demolire il manicomio di Gorizia dall’interno, nei primi anni sessanta, nessuno se ne accorse. Ma alla fine di quel decennio la gente accorreva a Gorizia per vedere come si rovescia un’‘istituzione totale’. Questo libro racconta la storia di quella ‘rivoluzione’.”

Pier Maria Furlan – Sbatti il matto in prima pagina. I giornali italiani e la questione psichiatrica prima della legge Basaglia

Sbatti il matto in prima pagina

In dieci anni, tra il 1968 e il 1978, matura il clima che porterà l’Italia, primo paese al mondo, alla chiusura dei manicomi. In questo contesto il ruolo dei quotidiani è fondamentale: grazie alle loro inchieste e alle interviste, cronisti, inviati e opinionisti contribuiscono a sensibilizzare l’opinione pubblica sugli orrori nascosti dentro le mura degli ospedali psichiatrici, dove poveri, anziani, omosessuali e bambini disabili vengono di rado curati e quasi sempre segregati e maltrattati, sino a far perdere loro ogni dignità umana. Attraverso gli articoli delle maggiori testate giornalistiche nazionali, questo lavoro ricostruisce la storia di quegli anni così significativi: a raccontarla sono i protagonisti della cultura del tempo, da Indro Montanelli ad Angelo Del Boca, da Dacia Maraini a Natalia Aspesi, ma anche intellettuali internazionali come Michel Foucault, Noam Chomsky e Jean-Paul Sartre. Migliaia di personaggi e oltre mille articoli di giornale per ricostruire la cultura dell’epoca, l’ignavia e le controversie attorno alla malattia mentale: medici che non vedono, sindacati che proteggono i propri iscritti, partiti attenti a non urtare gli elettori e lo stesso Franco Basaglia contrario alla legge che porta il suo nome. Emerge uno scenario diverso da quello generalmente immaginato, nel quale diventano evidenti i retroscena dei controversi atteggiamenti dei politici, che contrastano le aperture progressiste di innovatori ormai dimenticati. Nel 1978, dopo anni di dibattito intensissimo, anche grazie alla diffusione dei quotidiani, la situazione non può più essere ignorata: quelli che il Ministro della Sanità, Luigi Mariotti, nel 1965 aveva definito «lager», chiudono finalmente i battenti.

Massimo Recalcati – Il soggetto vuoto. Clinica psicoanalitica delle nuove forme del sintomo

In questo libro si indagano le forme contemporanee del disagio della Civiltà: anoressie, dipendenze patologiche, bulimie, tossicomanie, depressioni e attacchi di panico. Si tratta di fenomeni di natura epidemica che impongono una nuova psicologia delle masse e un nuovo ritratto della nozione stessa di sintomo.In questo libro il lettore troverà brani di insegnamento scelti su questi temi. Il suo stile chiaro e «parlato» e la sua impostazione non solo psicopatologica ma aperta a una rifl essione più ampia sulla natura dei legami sociali lo connotano come uno strumento utile per tutti coloro che vogliano avere una comprensione più critica e consapevole del nostro tempo.

Allan V. Horwitz & Jerome C. Wakefield – La perdita della tristezza. Come la psichiatria ha trasformato la tristezza in depressione

La perdita della tristezza

È ancora possibile oggi vivere un periodo di tristezza provocata da un grave lutto o da una pesante delusione amorosa senza ritrovarsi immediatamente inquadrati in una diagnosi di depressione, con conseguente intervento di uno specialista e di una terapia farmacologica? La normale tristezza può dunque rimanere distinta dalla depressione? Il drastico cambiamento diagnostico degli ultimi decenni, che sembrava dover fornire alla psichiatria criteri oggettivi di valutazione, ha avuto l’effetto collaterale di qualificare casi di naturale tristezza, dovuta a situazioni di vita, come patologici stati d’animo, con inevitabili errori di medicalizzazione. In questo libro Horwitz e Wakefield inseriscono la tristezza in un quadro evolutivo, illustrando la crisi della cultura attuale che ha comportato il quasi totale disconoscimento di un sentimento umano e la dispensa a piene mani di qualificazione di patologia psichiatrica, la quale a sua volta non viene adeguatamente trattata. Ciò ha fatto della nostra epoca un’autentica «era della depressione».

Robert Whitaker – Mad in America. Cattiva scienza, cattiva medicina e maltrattamenti dei malati mentali

Mad in America

Robert Whitaker, noto giornalista d’inchiesta, alla fine degli anni Novanta si imbatte nella lettura di due articoli scientifici: uno mostra che le possibilità di guarigione dei pazienti schizofrenici sono simili, se non inferiori, a quelle di inizio secolo; l’altro rileva che la prognosi della schizofrenia in paesi come la Nigeria e l’India, meno all’avanguardia degli Stati Uniti nel campo della ricerca psicofarmacologica, è nettamente migliore. Alla ricerca di una spiegazione per dati così sconcertanti, Whitaker ripercorre con uno stile sintetico e tagliente la storia della psichiatria americana dalla metà del Settecento ai giorni nostri, raccontando il netto dominio della visione organicista della malattia mentale, che spesso ha portato a ‘cure’ disumane, e denunciando il miope errore di metodo e le falsificazioni delle industrie farmaceutiche. Il risultato dell’indagine è che «il re è nudo», ovvero che la psichiatria e gli psichiatri in America hanno fallito. Note positive arrivano invece dall’Europa, dove un’esperienza psichiatrica di integrazione tra psicoterapia, riabilitazione e uso mirato di neurolettici ha prodotto risultati sorprendenti. Finalmente tradotto per il lettore italiano, questo libro è uno strumento utilissimo per chi vuole avvicinarsi alla storia del trattamento della malattia mentale con uno sguardo critico alle false certezze del riduzionismo organicista.

David Herzberg – Le pillole della felicità. Dal Miltown al Prozac

Le pillole della felicita`

Seguendo il filo narrativo della nascita e dell’affermarsi degli psico-farmaci – dal Miltown negli anni Cinquanta al Valium negli anni Settanta al Prozac negli anni Novanta – David Herzberg ricostruisce in questo libro un quadro ricco e avvincente di un momento importante della storia culturale americana (e poi, con leggera dilazione nel tempo, europea), incentrato sulla ricerca della felicità nelle fasce sociali medio-alte. Il dipanarsi di questa storia vede balzare in primo piano di volta in volta il processo di commercializzazione della medicina nel clima consumistico dell’immediato dopoguerra; il ruolo di industrie farmaceutiche e pubblicitari nella trasformazione dei medicinali in semplici beni di consumo; lo sviluppo della cura fai-da-te; la difficile distinzione tra psicofarmaci (per le persone ‘dabbene’) e droghe (per le classi disagiate) da parte dei crociati della guerra antidroga; le drammatiche campagne delle femministe contro i pericoli di dipendenza dal Valium; le mirabolanti promesse lanciate dalle nuove neuroscienze non solo di debellare la depressione ma anche di permettere a ciascuno la costruzione di una personalità a piacere. Storia della scienza medica e sue ripercussioni nella vita individuale e sociale in un racconto di rara efficacia e di palpitante interesse.