Nikolaj Bucharin – Le vie della rivoluzione 1925-1936

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Il « problema Bucharin » è all’ordine del giorno della ricerca storiografica da oltre vent’anni. Risale infatti al 1960 la ripresa di interesse per la figura e gli scritti del grande rivoluzionario e dirigente bolscevico, interesse che è andato via via crescendo. La scelta dei testi inclusi in questa raccolta — preceduti da un’agile e documentata introduzione del curatore del volume, Francesco Benvenuti — cerca appunto di documentare gli aspetti del pensiero politico di Bucharin che hanno avuto particolare risalto e suscitato maggiori interrogativi nella recente storiografia. Si tratta nella quasi totalità di testi dedicati alla politica interna, dagli anni 1925-1927 quando Bucharin è ormai schierato contro la teoria dell’« accumulazione originaria socialista », agli scritti del periodo in cui Bucharin matura il suo passaggio all’opposizione ed avanza un’originale piattaforma contrapposta al sempre più deciso orientamento dei pianificatori e dei politici legati a Stalin. L’ultima parte documenta alcuni degli atteggiamenti politici più significativi di Bucharin negli anni costitutivi del regime staliniano. Siamo negli anni trenta, il periodo che rappresenta forse la maggiore lacuna nella nostra conoscenza della storia sovietica. Questi testi testimoniano drammaticamente la vicenda di un uomo che, per quanto sconfitto e costretto ad una severa autocensura, continuò a mostrarsi lucido e conseguente, finché gli fu definitivamente impedito di esprimersi.

Grigorij Evseevic Zinov’ev – La formazione del partito bolscevico 1898-1917

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Quest’opera è stata scritta nel 192 3 da un protagonista della rivoluzione russa e del movimento operaio internazionale, ucciso nel 1936 dagli stalinisti. Essa ha il merito di porre l’accento sulla comples­sità del processo di formazione del Par­tito bolscevico e sulle le tendenze di lun­go periodo che ne emergono. Vi sono affrontate con chiarezza le questioni che divisero prima i populisti dai socialdemo­cratici, poi le varie correnti della social­democrazia russa. Nella maggior parte delle opere storiche oggi accessibili il bolscevismo, la rivoluzione russa e il re­gime staliniano fondato sulla teoria del socialismo in un solo paese appaiono come un continuum, nel quale – nono­stante i distinguo di luogo, di tempo e di personalità – il partito di Lenin e quello di Stalin sarebbero indissolubilmente le­gati. Per quanto la tesi possa essere sfu­mata, essa tende a stabilire che leninismo e stalinismo sono da accettare o respin­gere insieme. Il testo di Zinov’ev che ‘pre­sentiamo fornisce un contributo per il ripristino della verità storica, che non è quella riportata e che può essere risco­perta solo a partire da un interesse per il bolscevismo studiato per ciò che real­mente fu.

Charles Bettelheim – Le lotte di classe in URSS 1917-1923

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L’Urss è oggi una realtà affatto diversa dalla Russia del 1917, e altresi diversa dalle aspirazioni dei combattenti d’Ottobre. Per comprendere effettivamente ciò che è diventata e il suo ruolo sulla scena mondiale occorre uno sforzo analitico che definisca la natura delle trasformazioni intervenute nel corso degli anni e delle forze sociali che le hanno promosse. Con questo libro — punto d’arrivo d’una osservazione e una ricerca pluridecennali sull’Unione Sovietica, e più in generale sui problemi economici e sociali della costruzione del socialismo — il noto studioso marxista C. Bettelheim tenta appunto un’analisi siffatta dei periodo cruciale 1917/1923. Ma non si tratta soltanto di « comprendere » il presente dell’Urss attraverso il suo passato. Il valore di esperienza storica esemplare della rivoluzione russa, il ruolo di « modello » e di « guida » per lungo tempo assolto dall’Urss fanno di quest’indagine retrospettiva una fonte insostituibile di insegnamenti per evitare — dice Bettelheim — che « altre rivoluzioni proletarie seguano la stessa strada e sfocino non nel socialismo, ma in una forma specifica di capitalismo ». È dunque un impegno intellettuale militante, aperto alle prospettive del movimento rivoluzionario mondiale, che qui filtra la « memoria » del passato e anima la volontà di capire come una rivoluzione proletaria possa trasformarsi « nel suo contrario: una controrivoluzione borghese », e che trova analiticamente nell’esperienza sovietica la conferma che « la cosa più difficile non è rovesciare le vecchie classi dominanti, bensì anzitutto distruggere i vecchi rapporti sociali ». Così l’indagine storica si intreccia e si fonde con una riflessione teorica tesa a liberare il marxismo dalle sue ossificazioni e deformazioni, a cominciare da una concezione che ha largamente dominato e continua a pesare sulla pratica del movimento operaio: l’economicismo. Il fondamento dei rapporti di classe, il ruolo delle forze produttive, le condizioni di esistenza e di deperimento dello Stato: ecco le questioni su cui è essenziale rompere con le tesi dell’economicismo per restituire al marxismo il suo contenuto rivoluzionario; ecco i punti di riferimento con cui misurare i limiti ideologici della rivoluzione bolscevica e le loro conseguenze pratiche. La maturità del punto di vista metodologico e teorico fa di quest’opera un’impresa inedita. Essa rompe con le interpretazioni soggettivistiche correnti che presentano la storia dell’Urss come il semplice risultato delle decisioni di un partito, о delle idee e dei propositi d’un sol uomo, per dare il posto centrale all’analisi di un processo oggettivo, animato dal movimento delle contraddizioni, in primo luogo dalla lotta di classe. Ne scaturisce una visione radicalmente nuova — scevra di dogmatismi e trionfalismi — della rivoluzione russa e dei suoi effetti vicini e lontani: la prima analisi marxista d’insieme della storia e delle realtà sovietiche, che aprirà senz’altro un vasto e durevole dibattito.

 


Charles Bettelheim – Le lotte di classe in URSS 1923-1930

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Questo secondo volume dell’opera consacrata da Bettelheim alla storia dell’Urss prosegue l’analisi del processo di trasformazione della società sovietica negli anni successivi alla morte di Lenin – ove si era interrotto il primo volume, anch’esso pubblicato in Italia dalla Etas Libri (1975) riscuotendo un notevole successo. Il proposito è qui, in particolare, di ricostruire l’intreccio delle contraddizioni che portano alla crisi economica e politica apertasi all’inizio del 1928 e sfociata, dalla fine del 1929, nel completo abbandono della Nuova Politica Economica inaugurata otto anni prima. Quest’abbandono coincide con la “grande svolta”, come Stalin ha definito quello che è in effetti un mutamento radicale di linea politica avviato già nel 1926. Si tratta dell’adozione di un ambizioso programma di industrializzazione rapida, su grande scala e tecnicamente avanzata, che non solo sacrifica la produzione di beni di consumo, ma strangola l’impresa artigiana rurale e priva l’agricoltura di mezzi di produzione, bloccandone lo sviluppo. Viene così messa in crisi e quindi spezzata quell’alleanza operai-contadini in cui era il senso, l’opzione politica di fondo della concezione originaria e leninista della NEP quale strategia di transizione al socialismo: progetto di trasformazione dei rapporti produttivi e dunque sociali nelle campagne, non mero programma di ricostruzione economica. Col fallimento di questo progetto, che prefigura emblematicamente il corso futuro della sua storia, l’Urss entra nella “rivoluzione dall’alto”: nel periodo dei piani quinquennali, della collettivizzazione forzata dell’agricoltura e dell’industrializzazione accelerata. Gli anni venti sono dunque decisivi per capire – scriveva Bettelheim nel primo volume – “come una rivoluzione proletaria possa rovesciarsi nel suo contrario” e sfociare “non nel socialismo ma in una forma specifica di capitalismo”, altrettanto e più oppressiva delle sue forme classiche. E a capirlo ci aiuta ora un’analisi di quegli anni cruciali che – contro ogni pretesa di scorgere nella storia sovietica il “prodotto” delle idee di Marx, Lenin, Stalin, o delle decisioni del partito e dello Stato – aderisce strettamente agli sviluppi reali dei rapporti sociali, compresi i rapporti politici e ideologici. Bettelheim ci porta qui per la prima volta alle radici della “questione di Stalin” rivelando il nesso tra il processo di trasformazione sociale e l’evoluzione dell’ideologia bolscevica lungo un percorso che la separa fatalmente dal marxismo rivoluzionario. Chiunque voglia ormai interrogarsi sulla natura del “socialismo realizzato in URSS” e spiegarsene anche le tragedie, non potrà non riferirsi allo studio fondamentale di Bettelheim.

Alexander Rabinowitch – 1917. I bolscevichi al potere

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Tra i meriti dello storico americano Rabinowitch vi è quello di restituire alla rivoluzione d’ottobre – di cui Pietrogrado è stato l’epicentro – la sua dimensione concreta, umana e politica, oltre a raccontare con penna sciolta le mobilitazioni che portarono i bolscevichi a rovesciare il governo Kerenski. Ovviamente, non si deve sottostimare il peso giocato nella vicenda personalmente da Lenin, ma questo libro mostra anche quanto il partito bolscevico, lungi dall’essere un’entità monolitica, fosse invece attraversato a ogni livello da contraddizioni e aspri dibattiti interni. I suoi diversi presidi territoriali difatti disponevano di una grande autonomia d’azione, anche su parole d’ordine apparentemente divergenti. Sarà questa duttilità d’azione a permettere loro poi di tradurre le aspirazioni popolari – la terra ai contadini, la fine della guerra – in programma politico generale fino alla conquista definitiva del potere. Si tratta di un approccio innovativo, questo di Rabinowitch, rispetto alla classica storiografia sulla rivoluzione d’ottobre, perché demolisce l’idea che la ragione del successo bolscevico fosse dovuta alla disciplina e all’obbedienza monocorde del partito alle indicazioni di Lenin. La ragione della sua forza era invece da ricercarsi nella sua diversità interna. Con una nuova prefazione dell’autore.

Aleksandr Kerenskij – Memorie

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I protagonisti dei giorni « che sconvolsero il mondo» — Lenin, Trozkij, Stalin — sono tutti morti : la sola eccezione è Aleksandr Kerenskij, oggi ottantaseienne. Quanti amano riesaminare i grandi eventi storici attraverso le testimonianze di chi li provocò e li visse possono trovare solo nelle Memorie di Kerenskij un’opera che dia, sulla drammatica rivoluzione del ’17, particolari sin qui inediti e interpretazioni, quand’anche di parte, approfondite e originali. Aleksandr Kerenskij fu, volta a volta, « un assassino » nel giudizio dei partigiani dello zar, un « traditore della rivoluzione » per i bolscevichi, un « militarista » per i soldati che disertavano le bandiere nell’ultima fase della guerra mondiale. Fu anche, nel tacitiano e rispettoso giudizio di Winston Churchill, « l’uomo che la storia ha trattato più duramente di ogni altro ». Lo avversarono da destra e da sinistra; dall’una parte e dall’altra frapposero alla sua azione tanti ostacoli che è lecito stupirsi non tanto del crollo del suo governo quanto del fatto, semmai, che esso abbia potuto reggersi per un certo tempo. Kerenskij non disconosce, anche se cerca di attenuarli, gli errori che commise. Ma le sue Memorie non sono soltanto un’autodifesa : contengono la documentazione di ciò che il « Governo rivoluzionario provvisorio » del 1917 riuscì, pur contro tanti ostacoli, a realizzare (« riforme a decine; in pochi mesi, più di quante ne attuarono coloro di cui avevo preso il posto, e quelli che lo presero dopo di me »); formulano accuse, non prive di acuto senso storico, e contro gli Stati che non lo aiutarono in tempo scambiandolo per un comunista, e contro i comunisti che lo credettero, forse in malafede, un alleato della borghesia (« Il Governo Provvisorio, » disse Lenin, « si compone di dieci aristocratici e di un ostaggio »). L’« ostaggio », a sua volta, dà ritratti inconsueti e giudizi non superficiali di Lenin come dello zar, di Rasputin e di Stalin, di Lloyd George e di Clemenceau.

Quando la destra militare « tradì » Kerenskij (lo fece perchè era convinta che « via Kerenskij dal potere, liquideremo i Soviet in tre settimane »), all’ancor giovane leader politico non restò che la strada avventurosa della fuga dalla Russia. Non gli fu mai offerta la possibilità di tornare. Egli lo chiese una sola volta, nel ’23, quando si offrì di consegnarsi prigioniero (glielo rifiutarono) purché Lenin scarcerasse un gruppo di vecchi compagni arrestati e torturati dalla ceca. Ma « se il mio corpo è in esilio da cinquant’anni », dice Kerenskij, « il mio spirito è sempre in Russia ».

Marc Ferro – La rivoluzione del 1917

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In questo volume l’insigne storico francese descrive la prima rivoluzione russa, quella del febbraio 1917. Una rivoluzione borghese, liberale e socialdemocratica, che ebbe come tribuno Kerenskij, come protagonisti parlamentari, personaggi liberali e socialdemocratici come il principe Lvov, Miljukov, Gučkov, Nekrassov, e come coro il complesso della Duma. Le masse che ad essa parteciparono videro, accanto ai ferrovieri ed agli operai di Pietrogrado, i militari della guarnigione. Fu la rivoluzione che abbatté il regime zarista e grazie alla quale rientrarono in patria deportati e esiliati: tra di essi, nascosti nel famoso vagone blindato concesso in base a sottili calcoli politici dalle alte autorità tedesche, rientravano Lenin e i suoi compagni. Era così divampato il fuoco che doveva trascinare le masse operaie e le loro rivendicazioni nella « Rivoluzione di ottobre ». L’Autore ha costruito il volume con la scrupolosa abilità del mosaicista, esaminando i minimi particolari e appoggiandosi su una documentazione vastissima e ancora a tutt’oggi non sfruttata.

George Katkov – Russia 1917. La Rivoluzione di Febbraio

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Le circostanze che hanno portato alla rivoluzione russa del febbraio 1917 e i modi in cui questa si è attuata, sono rimasti fino a oggi avvolti in gran parte dal velo della leggenda; molto di ciò che gli storici avevano accettato come verità definitive in quanto fondato su testimonianze apparentemente inoppugnabili, si è rivelato, a un metodico e sereno riesame, molto vago e talvolta inattendibile o addirittura falso. Per realizzare la presente opera, l’Autore ha attinto a fonti originali, a documenti d’archivio che non patiscono vuoti di memoria e storture di passioni. In tal modo egli ha potuto stabilire quanto di vero ci sia stato riguardo ai moventi e allo svolgimento della violenta campagna antigovernativa promossa dai partiti liberali, o circa il ruolo, sorprendentemente modesto, sostenuto all’inizio dai partiti rivoluzionari, o sugli intrighi e i complotti orditi dal governo germanico per provocare il disgregamento del fronte interno russo, o sulle ragioni che indussero lo zar Nicola II a tenere l’atteggiamento che gli fu fatale. Viene così illuminato in maniera nuova tutto il complesso sfondo politico-sociale di quel momento storico: dal dissidio fra il Trono e la Duma a taluni episodi che riflettono il diffuso malcontento di tutta la società russa alla vigilia della Rivoluzione, dallo spietato ’’assassinio giudiziario” del colonnello Miasoedov, giustiziato sotto la falsa accusa di spionaggio a favore della Germania, al groviglio delle innumerevoli cospirazioni politiche, dalle cosiddette ’’forze oscure” sino all’uccisione di Rasputin e a tutto ciò che minò il ’’potere” fino a travolgerlo. Liberata dagli orpelli del mito e della leggenda, la storia di quei brevi giorni di febbraio e dei lunghi anni che li precedettero viene così rivelata in tutta la sua tragica sequenza di malintesi e di odi tra i membri della classe dirigente e di abusi e di oppressioni verso la rassegnata popolazione di Pietrogrado.

W. Bruce Lincoln – I bianchi e i rossi. Storia della guerra civile russa

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I Bianchi e i Rossi racconta la storia della terribile guerra civile russa nella quale i figli combatterono contro i padri, i fratelli uccisero i fratelli mentre prendevano coscienza delle reali dimensioni del per­corso rivoluzionario che avevano intrapreso nel 1917. Prima che la lotta giungesse al termine, centinaia di battaglie, decine di migliaia di esecuzioni, epidemie e carestie di massa falciarono milioni di vitti­me delle due parti in lizza.