Giuliano Procacci descrive la « costruzione del partito » che fu non solo parte integrante, ma parte essenziale del generale processo di trasformazione della società sovietica tra il 1917 e il 1945. Ne analizza poi l’evoluzione attraverso i congressi, i caratteri e le funzioni che esso ebbe nelle varie fasi della storia dell’Unione Sovietica. Quest’opera è quindi la prima rigorosa verifica storica dell’ipotesi sullo stalinismo espressa da Paimiro Togliatti nell’intervista a « Nuovi Argomenti »: « forse non si sbaglia affermando che è dal partito che ebbero inizio le dannose limitazioni del regime democratico e il sopravvento graduale di forme di organizzazione burocratica ».
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Christian Rakovskij – I pericoli professionali del potere e altri scritti
A dieci anni dall’Ottobre, la rivoluzione russa presenta un volto irriconoscibile. Lo spirito di attività delle masse ha ceduto il posto a una diffusa apatia e il potere sovietico si identifica ormai con l’arbitrio di una burocrazia onnipotente. Che cosa non ha funzionato? A questo interrogativo cerca di rispondere Christian Rakovskij — personalità di spicco, anche se poco conosciuta e schiva, del movimento operaio russo e internazionale — in un breve scritto, celebre quanto raro : I pericoli professionali del potere ( 1928). E’ nell’esercizio incontrollato del potere (uscito dalla rivoluzione proletaria) che Rakovskij individua la fonte della corruzione e della degenerazione burocratica del partito e dello Stato, nonché del sorgere della burocrazia come «nuova categoria sociale», materialmente privilegiata e socialmente differenziata. Come osserva Pierre Naville nella sua presentazione, questa riflessione originale e persuasiva «ha una portata congiunturale, quella dell’anno 1928, ma anche teorica, che si salda con le nostre preoccupazioni odierne concernenti l’Urss, cosi come i numerosi Stati modellati a sua immagine». Completano il volume due «dichiarazioni politiche» (1929-1930) redatte da Rakovskij nella deportazione e un ampio saggio sui Problemi dell’economia dell’Urss (1930), in cui la denuncia del dispotismo burocratico si combina con una critica serrata e documentata della politica econcfmica avventurista dello stalinismo.
Alberto Ponsi – Partito unico e democrazia in URSS. La costituzione del ’36
Nel momento in cui l’Urss approva una nuova Carta costituzionale, la quarta dalla Rivoluzione d’Ottobre, Alberto Ponsi analizza i problemi cruciali del monopartitisnio e della democrazia alla luce della Costituzione « staliniana » del 1936. Ricco di particolari inediti sulle varie fasi di stesura del testo costituzionale e rigorosamente documentato sulla dialettica politico-ideologica che in esso si cristallizzò, il volume è completato da una vasta Appendice che comprende il testo integrale della Costituzione, un’esauriente cronologia storica e i più significativi articoli e interventi dell’epoca, fra cui spiccano quelli di Bucharin, Pasternak è Steckij.
Bruno Bongiovanni – L’antistalinismo di sinistra e la natura sociale dell’ Urss
L’antologia raccoglie una serie di testi, in parte inediti in lingua italiana, che testimoniano la coscienza che della realtà dell’URSS, non tanto sul piano politico-istituzionale, quanto sul piano sociale, ebbero quelle correnti che, continuando a far riferimento alla liberazione dei salariati, combatterono e negarono l’identificazione tra Stato sovietico e socialismo. Tali correnti sono presentate in ordine cronologico, vale a dire secondo i tempi della presa di coscienza del carattere non socialista della realtà uscita dalla rivoluzione d’Ottobre. Viene in un primo tempo presentato il tradizionale antistalinismo degli anarchici, da sempre ostili alla rivoluzione politica dei bolscevichi, soffocatrice della rivoluzione sociale delle masse popolari. Seguono i comunisti dei consigli, che ruppero nel 1920 con Il bolscevismo. I trockisti, rappresentati in questa antologia dalla figura storicamente imponente del loro ispiratore, Lev Trockij, rappresentano invece la fedeltà agli ideali della rivoluzione russa e dei bolscevismo. Segue poi la corrente degli antiburocratlci di sinistra, dai contorni storici non facilmente identificabili, e quella dei comunisti internazionalisti, precipuamente rappresentata da Amadeo Bordiga, che inizia il proprio dissenso più o meno nello stesso periodo dei trockisti e, pur essendo più radicale di questi ultimi sui piano dell’interpretazione politica, assume una fisionomia autonoma sul piano dell’interpretazione sociale solamente negli anni del secondo dopoguerra. L’opera è completata da un’ampia bibliografia.
Ivan V. Tjulenev – Proletari a cavallo
I libri pubblicati in Italia sulla rivoluzione russa sono ormai tanti da poter riempire intere librerie. Tra studi storici, commenti critici, ricostruzioni e diari, di grossi personaggi mancava tuttavia finora la testimonianza diretta di qualcuno del popolo: cioè non si era ancora riusciti a comprendere bene quale molla, attraverso gli sviluppi politici, abbia spinto prima, e condotto poi, contadini, soldati, operai, ossia i veri protagonisti della rivoluzione, non solo a un iniziale entusiasmo (riscontrabile in ogni sommossa), ma a quella convinzione compatta che sta alla base di un modo nuovo di vivere e di pensare. Ora, a differenza di altre narrazioni sulla rivoluzione e la guerra civile russe, descritte da testimoni oculari quasi sempre attenti, più che a raccoglierli, a giudicare e interpretare gli avvenimenti, il libro di Tjulenev (divenuto generale dell’armata rossa, dopo avere esordito nella vita militare come rozza recluta contadina, sottoposta agli arroganti e incompetenti ufficiali zaristi di un’arma a cavallo) ci permette di assistere allo sviluppo, se non naturale, inevitabile di un popolano senza ambizioni di potere. È il cammino dalla servitù all’affrancamento che ripercorriamo con il giovane Tjulenev, dal primo contatto con i moti rivoluzionari contadini della sua infanzia al giorno che, in trincea, un soldato pietroburghese gli svela l’esistenza, nella sua città, di autentiche forze popolari in grado di scuotere dalle fondamenta le strutture dello Stato. Con chiarezza, senza retorica e presunzione, vien fatto rivivere il lento maturare della coscienza del protagonista, il suo risveglio ardente e esplosivo e la decisione di agire presa quando si rende conto di poter davvero contribuire a dare, con la sua azione personale, un indirizzo agli avvenimenti: quegli avvenimenti che prima si svolgevano senza che egli, e quelli come lui, potessero incidere sul loro corso. « Ecco qua a che punto siamo, fratello. Fino a poco tempo fa io e te eravamo bestie da soma, lasciate a morire nelle trincee. Adesso invece discutiamo di affari di Stato di grande importanza. Questo cambiamento lo dobbiamo ai bolscevichi! » Questa frase, pronunciata da un amico di Tjulenev, riassume il senso della partecipazione popolare alla rivoluzione: il popolo è diventato autore della storia, invece di esserne lo strumento passivo. Il protagonista, elevato a responsabilità sempre maggiori, si stacca dalla narrazione strettamente autobiografica per entrare nel vivo della grande vicenda storica, che descrive attraverso la sua visione « ortodossa ». Ecco le leggendarie imprese dell’armata a cavallo di Budennyj, la presa di Kronstadt tenuta dai marinai ribelli, i discorsi di Lenin, l’instaurazione della « nuova politica economica ». È interessante notare come, a questo punto, agli entusiasmi rivoluzionari segua un velo steso su più di quindici anni di storia russa: lo stalinismo è passato sotto silenzio, soltanto ricordato come un periodo di « affermazione e di progresso ». Soltanto davanti all’avanzata delle truppe tedesche la narrazione del vecchio soldato riprende, forse più pacata e rigorosa, ma con grande capacità evocatrice, quando descrive la durissima guerra nel Caucaso, fra le vette ghiacciate. Nel suo tono costantemente soggettivo sta il vero pregio del libro, diario di avvenimenti storici ma anche, e soprattutto, di valori intimi maturati e conservati negli anni.
Andrej Amalrik – Sopravviverà l’Unione sovietica fino al 1984?
Questo libro non fa parte della letteratura di protesta e di insofferenza; appartiene piuttosto alla letteratura critica. Sono pagine che ignorano qualsiasi forma di esaltazione, che non sono mai polemiche e che non nascono da risentimenti. Amalrik ha preferito saltare a pie’ pari gli strumenti della polemica indiretta e dichiarare senza alcun accorgimento quella che gli sembrava la verità.
E’ l’opposizione più matura, meno legata a un rapporto sentimentale, non coinvolta in gridi di ribellione o soltanto di passione. E’ il tentativo di portare al di fuori del quadro delle reazioni immediate il discorso sulle sorti dell’URSS.
Guido Carpi – Storia della letteratura russa. Volume II. Dalla Rivoluzione d’Ottobre a oggi
Iosif Brodskij – Conversazioni
Walter Benjamin – Diario moscovita
«Qui sono da settimane alle prese col gelo fuori e col fuoco dentro», scrive Benjamin da Mosca all’amico Kracauer, sottolineando che il suo proposito è di «tornare arricchito di immagini visive, non di teorie». Due mesi cruciali, tra la fine del 1926 e l’inizio del 1927, lo immettono in un vortice di incontri e di passioni, ne stimolano lo spirito d’osservazione. A indurlo a questo viaggio è il desiderio di conoscere più da vicino la situazione russa, di stabilire un rapporto fecondo con esponenti della vita artistica e letteraria sovietica, ma è anzitutto l’amore per la rivoluzionaria lettone Asja Lacis, conosciuta a Capri nel 1924. Queste pagine di diario, «il documento di gran lunga più personale – assolutamente e crudelmente franco – fra quelli che ci restano su periodi importanti della sua vita» – come dice Scholem – testimoniano di un duplice scontro di Benjamin con la realtà. Da un lato con una Russia che andava inesorabilmente irrigidendosi nello stalinismo e nella frantumazione di ogni ipotesi di cultura e arte rivoluzionaria e dall’altro con l’impossibilità di instaurare un rapporto sereno con Asja. In questo diario, steso con mano di grande scrittore, un universo in bilico viene descritto nei suoi particolari più reconditi con tutta la sensibilità di un uomo attratto anzitutto dalle piccole cose, da un errante, sempre sul punto di partire. Colui che, dopo l’addio ad Asja e a Mosca «con la grande valigia in grembo, percorse piangendo le strade che imbrunivano, verso la stazione».
Sheila Fitzpatrick – Rivoluzione e cultura in Russia
Affrontando per la prima volta un’analisi specifica della politica sovietica in campo educativo ed artistico negli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione d’ottobre (1917-1921), il libro della storica inglese Sheila Fitzpatrick mostra in tutta la loro complessità aspetti in gran parte inediti della rivoluzione russa. Ne emerge in primo luogo l’attualità e la modernità della problematica che fu al centro del dibattito culturale e politico promosso da Lunačarskij in quegli anni: la discussione sulla professionalità, sul poli tecnicismo nella scuola, sul rapporto funzionale tra le attività educative e le esigenze sociali, sulla gestione sociale della scuola, che vide impegnati Lenin, Lunačarskij e i suoi collaboratori, mostra quanto fossero avanzate le posizioni dei dirigenti bolscevichi. Se gli ambiziosi progetti rivoluzionari del Commissariato dell’educazione si scontrarono con la dura realtà di un’Unione Sovietica dilaniata dalla guerra civile, accerchiata dall’imperialismo e schiacciata dai problemi della sopravvivenza materiale, Lunačarskij e gli altri dirigenti del commissariato seppero ugualmente far fronte ai problemi contingenti senza rinunciare agli obiettivi di fondo della loro politica, senza perdere di vista quei compiti di « illuminazione del popolo » che erano strettamente legati alla loro più generale prospettiva di trasformazione della società, delle istituzioni e delle strutture. E acquista particolare rilievo l’unità di linea politica che accomuna in questo campo Lunačarskij, il « poeta », accusato di eterodossia ideologica e di scarso realismo politico, e Lenin, il « politico », entrambi consapevoli di quanto fosse importante il ruolo degli specialisti nella costruzione del socialismo in Russia ma anche accaniti difensori della necessità di una profonda trasformazione qualitativa delle istituzioni educative.