Silvio Pons – La rivoluzione globale. Storia del comunismo internazionale 1917-1991

La rivoluzione globale: Storia del comunismo internazionale 1917 - 1991 (Einaudi. Storia Vol. 43) di [Pons, Silvio]

Il comunismo conobbe una formidabile espansione nella prima metà del secolo scorso e subí un tracollo vertiginoso nella seconda metà. La nascita dello Stato sovietico e del movimento comunista ebbe un enorme impatto internazionale tramite la promessa o la minaccia di una rivoluzione mondiale. Quello scenario sembrò ancora piú incombente all’indomani della Seconda guerra mondiale. L’Urss si pose alla guida di un «campo socialista» in Europa, costituendo cosí il polo antagonista all’Occidente nella guerra fredda, mentre la Cina comunista proiettava la rivoluzione nel mondo postcoloniale. Tuttavia, l’apice del progetto globale comunista celava le premesse del declino. Meno monolitico di quanto non apparisse in Occidente, il movimento iniziò a disgregarsi con la rottura tra Mosca e Pechino. Fu il primo segnale di una crisi di legittimazione destinata a farsi irreversibile. Il comunismo internazionale perse credibilità come soggetto della politica mondiale. Nel contempo, il dominio sovietico nell’Europa orientale mostrò il suo volto brutale e diventò definitivamente un fattore di discredito. L’Urss venne messa ai margini dalla globalizzazione occidentale, malgrado la sua dimensione di superpotenza. Fino a che le riforme di Gorbacëv, nel vano tentativo di rilanciare un nuovo universalismo, portarono al collasso.

Giorgio Galli – In difesa del comunismo nella storia del XX secolo

Ottantacinque milioni di morti causati dagli scontri politici del XX Secolo. Tutta colpa del comuniSmo? No. Il comuniSmo ne è stato uno dei responsabili, non il solo. Né la corresponsabilità dell’epocale tragedia può essere limitata al fascismo e al nazismo: vi è infatti anche quella della cultura politica occidentale, quella attribuibile ai sistemi liberal-democratici. Questo saggio ricostruisce e documenta una indubbia responsabilità collettiva che l’attuale demonizzazione storica del comuniSmo vorrebbe mistificare. Attraverso la condanna di una “grande illusione”, quale certamente è stato il comuniSmo, si vorrebbe infatti cancellare l’ aspirazione millenaria a una società più libera, più egualitaria e più felice. E questa “difesa del comuniSmo” è anche la difesa di tale prospettiva. Ottantacinque milioni di morti causati dagli scontri politici del XX Secolo. Tutta colpa del comuniSmo? No. Il comuniSmo ne è stato uno dei responsabili, non il solo. Né la corresponsabilità dell’epocale tragedia può essere limitata al fascismo e al nazismo: vi è infatti anche quella della cultura politica occidentale, quella attribuibile ai sistemi liberal-democratici. Questo saggio ricostruisce e documenta una indubbia responsabilità collettiva che l’attuale demonizzazione storica del comuniSmo vorrebbe mistificare. Attraverso la condanna di una “grande illusione”, quale certamente è stato il comuniSmo, si vorrebbe infatti cancellare l’aspirazione millenaria a una società più libera, più egualitaria e più felice. E questa “difesa del comuniSmo” è anche la difesa di tale prospettiva.

Victor Serge – La crisi del sistema sovietico

Sotto il titolo di La crisi del sistema sovietico sono qui raccolti nove scritti inediti di Victor Serge del periodo, cruciale per la storia del movimento operaio internazionale, che va dal 1933 al 1947. Victor Serge (Viktor Kibal’cic), nato a Bruxelles nel 1890 da emigrati rivoluzionari, morto nel 1947 a Città del Messico, è ormai una figura leggendaria dell opposizione di sinistra, di quella sinistra che non ha mai accettato menzogne e viltà di stato o di partito. Amico di Lenin e di Trozkij, militante appassionato dell’Internazionale comunista dopo avere assistito alla crisi sanguinosa dell’anarchismo francese, Serge ha vissuto con occhi aperti e cuore puro la tragedia del «socialismo in un paese solo». Oggetto centrale di questi scritti è quindi lo stalinismo, o meglio il «sistema Stalin» quale si delineò in URSS a partire dal 1927. Assieme alle vicende terribili delle vittime, Serge traccia anche una delle risposte più attendibili agli interrogativi che travagliano in modo più o meno esplicito tutti i militanti più onesti e coerenti: perché la burocrazia stalinista ha voluto la distruzione del partito bolscevico, l’umiliazione dei vecchi amici di Lenin, la fine di ogni legalità socialista, e ha imposto la più delirante adorazione di un capo solo, del «grande padre» da seguire nel bene e nel male, e lungo tutti i tragici errori che paralizzarono per anni l’emancipazione proletaria nel mondo? E’ una risposta attendibile perché viene dall’opposizione di sinistra allo stalinismo, e in particolare da un testimone diretto, da un militante che ha dedicato la sua esistenza alla causa della rivoluzione. I nodi irrisolti e ancora drammaticamente attuali del rapporto partito-masse, partito-segretario generale escono dalle speculazioni astratte e si fanno carne viva e sangue del movimento operaio.

Bertrand Russell – Teoria e pratica del bolscevismo

Quest’opera fu scritta da Russell al ritorno dal suo primo viaggio in Russia. E’ il periodo eroico della Rivoluzione bolscevica, il momento della prova di fronte all’ostilità delle potenze occidentali. Russell è dunque testimone del grande sconvolgimento e racconta dei suoi incontri con le personalità più eminenti del nuovo ordine sociale instaurato, Lenin, Trotzky, Gorkij. Egli è mosso a viva simpatia dal ruolo denso di significato storico svolto dal bolscevismo e dalla fondamentale verità e forza progressista della sua visione. Ma la contraddizione della realtà è troppo stridente. Pur condannando il capitalismo, il giovane lord sente che quella Rivoluzione, come ogni altra rivoluzione, avrebbe sempre richiesto un prezzo troppo alto, costituito dal fanatismo e dalla coazione della spontaneità umana.

Moshe Lewin – La Russia in una nuova era

Questo libro non è un’opera di circostanza: preparato da oltre vent’anni di studio approfondito della società sovietica, risponde a esigenze fondamentali di informazione, prima ancora che di interpretazione, abitualmente disattese dalla «sovietologia» corrente, nonché da una produzione storiografica che in genere privilegia le forme politiche del «totalitarismo». A questo modello interpretativo Moshe Lewin nega qualsiasi valore conoscitivo, in quanto trascura la più profonda e comprensiva realtà di una società per nulla immobile negli ultimi decenni e del resto in grado, persino negli anni trenta, nel pieno del terrore staliniano, di esprimere e di affermare la propria spontaneità. Il libro prende le mosse dagli straordinari trasferimenti di popolazioni dell’età staliniana, con gli sconvolgimenti che ne seguirono in una società rimasta fino allora prevalentemente rurale, resa anzi più arcaica dal contraccolpo immediato della Rivoluzione d’Ottobre. Prosegue trattando delle trasformazioni dell’ambiente urbano, incluse le persistenze contadine dovute alla rapidità del processo. Studia le trasformazioni delle attività professionali e dell’intera vita sociale, avviate anch’esse negli anni trenta e affermatesi negli ultimi tre decenni con l’emergere di nuove élite e con l’articolarsi di una opinione pubblica che non da oggi va considerata un fattore importante nella vita sovietica. Il «nuovo corso» voluto da Gorbačëv – questo il senso del libro – risulta in tal modo imposto dall’intera evoluzione della società sovietica nell’ultimo cinquantennio

AA.VV. – Il Compromesso sovietico. Per la critica dell’economia politica dell’URSS

Questi saggi, raccolti dalla rivista inglese “Critique — A Journal of Soviet Studies and Socialist Theory”, offrono innanzitutto una larghissima documentazione sulla natura e le articolazioni della élite al potere nell’Unione Sovietica, sugli interessi e le tensioni che soprattutto la costringono a muoversi entro le ragioni della riproduzione del sistema. Inoltre indicazioni e spunti preziosi vengono qui forniti per cogliere, al di là del monolitismo del potere del partito, i rapporti spesso complessi che legano amministrazione centrale e locale, pianificazione centrale e gestione “d’impresa”, partito e sindacato e polizia segreta, ceto dirigente e ceto intellettuale. Su quest’ultimo nodo, in particolare, i saggi di Cox e di Ticktin offrono un materiale assolutamente originale ed un punto di vista che taglia corto con l’orgia ideologica sul “dissenso” sovietico. L’insieme del materiale proposto alla critica dei lettori dai redattori di “Critique”, nella sua mole e nella sua articolazione, è inoltre singolarmente illuminato dall’insistenza su due nuclei problematici. Il primo è lo studio, in termini di critica dell’economia politica, del funzionamento della legge del valore e/o del piano nell’URSS: la polemica contro le tesi tradizionali dello “Stato socialista” degenerato e dello Stato di capitalismo monopolistico si integra (bene v’insiste G. Kay nella sua Introduzione) con una nuova proposta analitica. Il secondo è lo studio — condotto negli articoli di Kravčenko e di Goodey — della dinamica della “condizione” operaia in URSS, fin dove la documentazione e l’analisi storiografica possono giungere.

Quale che sia la misura di consenso che l’opera dei redattori di “Critique” può trovare, è certo che con questi saggi il punto di vista critico sull’URSS fa un salto in avanti.

AA.VV. – Capitalismo monopolistico di stato in Urss

La dimostrazione dell’esistenza in Urss del modo di produzione capitalistico, che è qui data, intende analizzare il nesso fra il ca-pitale in quanto tale e la sua nuova forma di espressione costi-tuita dalla proprietà universale dello stato e dalla apparente sparizione dei capitali singoli. Si cerca in questo modo di dimo-strare che il nesso consiste nel compimento della fase del ca-pitale finanziario già indagata da Lenin, con analisi le cui basi si trovano nel III Libro del Capitale.
Applicando un apparato concettuale rigorosamente marxista- leninista si compie un’indagine approfondita della merce, del denaro, del capitale monetario, della concentrazione e della centralizzazione del capitale, della formazione dei monopoli, del piano, del rapporto fra pianificazione e sistema ministeriale in Unione sovietica.
Viene cosi illustrata la realtà concreta attuale dell’Urss in forma non empirica. Inoltre si precisano criticamente in una rassegna le principali interpretazioni del sistema economico-sociale dell’Urss, discusso, sin qui, in modo controverso ed insoddisfa-cente.

Claudio Pavone – Aria di Russia. Diario di un viaggio in Urss

Aria di Russia: Diario di un viaggio in Urss di [Pavone, Claudio]

È il 31 agosto del 1963. Claudio Pavone sale sul treno che lo porterà oltre la cortina di ferro. L’occasione del viaggio è un programma di scambio italo-sovietico per raccogliere informazioni sui documenti italiani presenti nei diversi archivi sovietici e, prima, la III Conferenza internazionale della Resistenza che si tiene a Karlovy Vary in Cecoslovacchia. Da Praga un treno lo condurrà attraverso la Polonia, le sconfinate pianure ucraine, fino a Mosca e poi a Leningrado e Kiev. Di questo viaggio Claudio Pavone tiene un diario in cui annota meticolosamente impressioni, incontri, discussioni, immagini restituendo intatto quel mondo sovietico, non più staliniano, ma non ancora attraversato dal disgelo di Chruščëv.

Dominique Lapierre – C’era una volta l’URSS

Nel 1956 Dominique e Aliette Lapierre approfittano di un momento in cui le relazioni diplomatiche tra Francia e Urss sono particolarmente buone e ottengono il permesso di viaggiare in terra sovietica in qualità di reporter per “Paris Match”. Affiancati da due amici e da una coppia di giornalisti di un quotidiano della gioventù comunista, hanno l’opportunità di muoversi in totale libertà tra Mosca, Kiev, Yalta, fino ad arrivare in Georgia lungo la “strada del Sud”. Intervistano i contadini dei kolchoz e le commesse dei grandi magazzini moscoviti, visitano i luoghi storici o di culto (la città natale di Stalin, la chiesa di San Sergio a Zagorsk che ospita un’icona di Rubliov), vivono avventure del tutto impreviste (tra cui gli immancabili guasti all’auto e qualche problema con i militari), entrano nelle case di una popolazione eterogenea accomunata da uno straordinario senso dell’ospitalità e incontrano carovane di zingari e misteriose tribù “che neppure la rivoluzione ha osato toccare”.

André Malraux – Carnets dall’URSS

Nel giugno 1934, invitato al Primo congresso degli scrittori sovietici, che in agosto riunirà settecento scrittori, cinquanta dei quali stranieri, André Malraux intraprende il suo primo viaggio in URSS. Durante il suo soggiorno mette per iscritto delle note. Riporta fedelmente ciò che sente. Fa le domande tipiche di un romanziere. Sfilano così sulla scena della nuova Russia una serie infinita di comparse: bambini, contadini, donne, in un ritratto psicologico e sociale che a mano a mano si fa più completo, includendo naturalmente scrittori e artisti del tempo: Erenburg, Pasternak, Prokofiev, Eisenstein, Dovcenko, Pudovkin e molti altri. Al congresso, Malraux sfiderà la dottrina ufficiale pronunciando il celebre discorso “L’arte è una conquista”, per sostenere la causa della libertà dell’artista rivoluzionario, prima di prendere definitivamente le distanze dal comunismo. Questo volume, “documento eccezionale di un’epoca eccezionale”, raccoglie gli appunti messi insieme nel corso di quel viaggio, pubblicati da Gallimard nel 2007.