Donald Sassoon ricostruisce la storia del Pci seguendo quell’elemento centrale e unificante che è la “linea politica”; questa non si può desumere da nessun documento specifico, bensì va ricavata dalle informazioni contenute nelle dichiarazioni dei dirigenti nazionali, negli articoli pubblicati sui giornali, nelle risoluzioni votate dai congressi, nei discorsi di esponenti intellettuali, ovvero, in tutte le forme in cui una linea politica viene propagandata tra le masse. Pubblicato nel 1980, il libro è la storia di un disegno strategico che parte con la nascita dei partiti di massa, sotto l’influenza del pensiero e del peso politico di Togliatti, e che trova il suo momento di rottura nel 1956 con il XX Congresso del Pcus e la destalinizzazione. Ordinate cronologicamente nella prima parte (1944-1956) e per temi nella seconda (1956- 1964), queste pagine mettono a nudo la trama di una grande forza politica e del suo sviluppo di massa.
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Giorgio Bocca – Togliatti
Almeno due generazioni di italiani non hanno un ricordo di Palmiro Togliatti da vivo. Sono passati cinquant’anni dalla sua morte e di Togliatti è sopravvissuta forse un’immagine di uomo freddo, scostante, che portava occhiali da professore, un intellettuale avaro nei sentimenti, un politico scaltro e cinico, troppo filosovietico e ortodosso per ispirare o appassionare. Ma bisogna allora spiegare perché l’Italia proletaria fu pronta all’insurrezione armata quando si attentò alla sua vita, e perché milioni di italiani di ogni ceto ebbero il sentimento, nel giorno della sua morte, che con lui se ne andava uno dei padri della Repubblica. “Quegli incredibili funerali! Un milione di persone al seguito del feretro, gente arrivata da ogni parte d’Italia, comunisti e non comunisti, gente che ha preso il primo treno, il primo aereo per vederlo l’ultima volta nella camera ardente, gente che saluta con il pugno chiuso o chinando il capo, o segnandosi con la croce, donne e uomini in lacrime come se piangessero un loro padre. Ma l’uomo che è morto non è colui che ha sempre ritenuto la politica cosa troppo importante per lasciarla fare alla gente semplice? Che cosa è che gli italiani piangono in quell’uomo?” Giorgio Bocca tentò nel 1973 di rispondere a queste domande: anche solo osare occuparsi di Togliatti per un giornalista (non uno storico) non comunista significava esporsi a critiche e attacchi di ogni tipo. Prefazione di Luciano Canfora.
Emanuele Macaluso – Comunisti e riformisti. Togliatti e la via italiana al socialismo
Quando Togliatti torna in Italia nel 1944 si tratta di impostare una nuova strategia per il Partito comunista italiano: lo attendono le sfide della Resistenza e della Liberazione e, forse altrettanto difficili, quelle della Costituente e delle prime elezioni. Ancora oggi il dibattito tra gli storici è vivo: il Pci fu nell’Italia del dopoguerra una forza che voleva rovesciare il sistema, che si adeguava al sistema pur opponendolo o che accettava fino in fondo la sua appartenenza a esso? Per molti, che ricordano bene il famoso fattore “K” di Alberto Ronchey, non ci sono dubbi sul fatto che il Pci non poteva né avrebbe mai potuto essere un partito di governo pienamente integrato nel tessuto istituzionale italiano. Emanuele Macaluso non intende, tuttavia, accettare senza discussione luoghi comuni sulla strategia di Togliatti e del Pci e con questo libro sottopone la questione a un’analisi che incrocia la ricostruzione storica con la consapevolezza di ciò che è venuto dopo è dopo la caduta del Muro di Berlino, dopo la dissoluzione del Pci, dopo che un ex dirigente comunista è diventato capo di governo – fino all’attuale crisi della sinistra. Con una idea di fondo, che non mancherà di far discutere: la cosiddetta “doppiezza” di Togliatti era il frutto di un’attenta strategia politica, che resta viva e coerente fino a Berlinguer e che avrebbe potuto portare all’unità della sinistra, anziché alla sua frammentazione.
Sergio Gentili & Aldo Pirone – Togliatti e la democrazia. Scritti scelti
Possiamo annoverare Togliatti fra i fondatori della democrazia italiana? In che modo la Svolta di Salerno contribuì alla costruzione della rappresentanza democratica in Italia? Perché fu osteggiato da più parti, a Mosca come a Roma? Un racconto di storia, di politica e di scelte di vita che, attraverso gli scritti di Palmiro Togliatti, ci restituisce il significato e il valore di “democrazia” e di “uguaglianza”. Una critica all’oblio sceso sulla nostra storia nazionale, sull’antifascismo, sulla nascita della nostra Carta costituzionale: in una parola, sulla conquista della democrazia.
Luisa Lama – Nilde Iotti
Una figura emblematica:Nilde Iotti è davvero, come pochi altri, un’effigie del Novecento, di quel «secolo breve» le cui date coincidono con la sua stessa biografia (1920-1999). Dalla formazione cattolica all’impegno militante nel Pci, alla svolta post-comunista del 1992; dalla laurea alla Cattolica di Milano ai primi coinvolgimenti nell’antifascismo e nella Resistenza; dall’elezione all’Assemblea costituente alla partecipazione diretta alla stesura del testo costituzionale, alla lunghissima attività parlamentare, fino alla presidenza della Camera dei deputati. Ma sbaglierebbe chi si fermasse a sottolineare solo il lato politico: non meno importante è il contrappunto in termini personali di una vicenda affettiva, di una dimensione privata vissuta con schiva dignità e con consapevole coraggio. Quando, a ventisei anni, Nilde entra nell’emiciclo di Montecitorio, scoppia anche, irrefrenabile, l’amore con Palmiro Togliatti, il capo comunista, l’uomo sposato, di 27 anni più vecchio di lei. Di quell’incontro, punto di svolta di una vita, Luisa Lama ricostruisce la drammatica e coinvolgente intensità, anche sulla base di un documento straordinario, che per la prima volta viene qui alla luce: il carteggio inedito intercorso tra Nilde Iotti e Palmiro Togliatti dall’agosto del 1946 all’agosto del 1947. Da allora, i due vivranno insieme in un rapporto affettivo che solo la morte di Togliatti potrà interrompere. E alle mani di Nilde Palmiro consegnerà la stesura di quel Memoriale di Yalta cui nel 1964 affiderà il suo lascito politico. Da quel momento, Nilde potrà uscire di scia. E mostrerà, nella politica, nel partito, nelle battaglie civili per l’emancipazione femminile, e da ultimo nella dimensione istituzionale, la forza e l’equilibrio di una donna «nuova», di una grande italiana.
Jean-Claude Michea – I misteri della sinistra
Di fronte a una società sempre più “amorale, piena d’ineguaglianze e alienante”, il filosofo critica la distanza con cui la sinistra guarda ai bisogni e alle difficoltà della “gente comune” (come direbbe Orwell). Che cosa è diventata oggi la sinistra liberale? Secondo Michéa nient’altro che “una caricatura di sé stessa”, una frangia egoista che spende tempo ed energie a valorizzare trasgressioni morali e culturali, piuttosto che ad ascoltare i bisogni del fronte operaio e a combattere il cinismo ipocrita della destra di Sarkozy e Copé. Se l’autore è arrivato a mettere in discussione il vecchio schema destra/ sinistra, ritenendolo ormai una mistificazione, è perché il compromesso storico siglato dopo l’affare Dreyfus (tra il movimento operaio socialista e la sinistra liberale e repubblicana) ha ormai esaurito tutte le sue qualità positive. La sinistra, oggi, non è più il fronte popolare di liberazione, ma un caos di divisioni e guerre personali. La sinistra, dice polemicamente l’autore, non è diversa dalla destra.
Michele Prospero – Il nuovismo realizzato. L’antipolitica dalla Bolognina alla Leopolda
Nel tempo della video-politica abbondano politici che con la narrazione riescono a incantare un pubblico pigro, ma, dopo l’agevole trionfo elettorale, urtano contro la complessità dell’azione di governo. La figura di Matteo Renzi opera anch’essa entro questa scissione tra la semplificazione, suggerita dall’affabulazione a misura dei media, e la complessità della decisione; tra la ricerca di un consenso alla persona, che attraverso narrazioni fiabesche scavalca ogni spartiacque politico-identitario, e la lettura delle spiacevoli tendenze macroeconomiche ostinatamente rimosse con fantastiche fughe multimediali. Il compimento del nuovismo (ostile ai partiti, alle ideologie, al radicamento sociale, all’analisi specialistica) approda a una dimensione postpolitica che con il governo della narrazione accompagna il sistema verso un mesto declino storico. Con una “filosofia politica del presente” Michele Prospero propone una lettura per certi versi controcorrente dei processi di crisi della seconda Repubblica.
Michele Prospero – Il comico della politica
Nella comunicazione politica di Berlusconi il momento retorico del comico ha assunto una funzione sempre più prevalente, annullando irreparabilmente qualunque specificità della comunicazione politica. Ridotta a chiacchiericcio del tutto irriflessivo, la politica si svuota di ogni senso e allora per il ritrovamento dei significati pubblici bisogna rivolgersi altrove, al mondo dell’azienda, del denaro, degli interessi particolari. Il nichilismo del comico, che sbeffeggia la rappresentanza politica tradizionale, evoca dunque l’aziendalismo di un imprenditore che si propone agli elettori come il supremo decisore monocratico infastidito dagli stanchi riti della separazione dei poteri.
Vladimiro Giacchè – La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea
Perché chiamiamo «democrazia» un paese dove il governo è stato eletto dal 20% degli elettori? Perché dopo ogni «riforma» stiamo peggio di prima? Come può un muro di cemento alto otto metri e lungo centinaia di chilometri diventare un «recinto difensivo»? Le torture di Abu Ghraib e Guantanamo sono «abusi», «pressioni fisiche moderate» o «tecniche di interrogatorio rafforzate»? Cosa trasforma un mercenario in «manager della sicurezza»? Perché nei telegiornali i Territori occupati diventano «Territori»? Rispondere a queste domande significa occuparsi del grande protagonista del discorso pubblico contemporaneo: la menzogna. Se un tempo le verità inconfessabili del potere erano coperte dal silenzio e dal segreto, oggi la guerra contro la verità è combattuta e vinta sul terreno della parola e delle immagini. Questo libro ci spiega come funziona e a cosa serve l’odierna fabbrica del falso.
Karl Marx – Sulla questione ebraica
Il pensiero di Marx gode di un’attualità inesauribile in ambiti impensati: in questo scritto del 1843 il filosofo cerca di rispondere a uno dei quesiti politici più sentiti al suo tempo: come comportarsi nei confronti degli ebrei in Europa? La sua risposta è che gli ebrei si possono emancipare solo se rinunciano all’ebraismo, giacché bisogna emancipare l’uomo in quanto uomo: nella società capitalistica nessuno (e non solo l’ebreo) è veramente libero.