Tante (forse troppe) volte commemorando lo sterminio degli ebrei perseguito dal regime nazista concludiamo con un “mai più” pericolosamente sospeso, impreciso. L’immensa barbarie della Shoah spesso ci ammutolisce, riduce le nostre parole a una balbettante invocazione e trascura di spiegare con chiarezza quanto accaduto. Ma ciò di cui la storia ha assoluto bisogno non è uno sterile “dovere della memoria”: “la memoria di Auschwitz è una memoria viva, non legata al solo martirologio. La commemorazione, come l’insegnamento, non portano da nessuna parte se si limitano a far riflettere sull’orrore. La loro importanza consiste nel riesame politico e non moraleggiante della nostra civiltà”, scrive Georges Bensoussan. In occasione del Giorno della Memoria, un libro fondamentale che ci invita a eludere la retorica e ad adottare un approccio critico più lucido e diretto, perfino provocatorio: la Shoah è stata un’aberrazione imprevista e unica nel corso della Storia, o piuttosto una sua inevitabile evoluzione?
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Carlo Ginzburg – Paura reverenza terrore. Cinque saggi di iconografia politica
Cinque inchieste sullo strumento più efficace del potere: le immagini. Siamo circondati, sommersi dalle immagini. Dagli schermi dei computer e degli apparecchi televisivi, dai muri delle strade, dalle pagine dei giornali, immagini d’ogni genere ci seducono, ci impartiscono ordini (compra!), ci spaventano, ci abbagliano. Questo libro ci invita a guardare le immagini lentamente, attraverso alcuni esempi, notissimi e meno noti: Guernica, il Marat di David, il frontespizio del Leviatano di Hobbes. Immagini politiche? Sì, perché ogni immagine è, in un certo senso, politica: uno strumento di potere. Come scrisse in parole indimenticabili un antico scrittore (Tacito): siamo soggiogati da menzogne di cui noi stessi siamo gli autori. È possibile rovesciare questo rapporto?
Stefano Petrucciani – Modelli di filosofia politica
Una ricostruzione cronologica di protagonisti, problemi e figure che hanno fatto la storia della filosofia politica, aprendo la riflessione su problemi che ancora oggi conservano la loro attualità.
Gabriella Cotta – La nascita dell’individualismo politico. Lutero e la politica della modernità
Il saggio identifica nel pensiero di Lutero uno dei passaggi fondamentali di quella radicale trasformazione filosofica, religiosa, politica, giuridica ed etica, che segna l’aprirsi dell’età moderna. Se la visione politica di Machiavelli consegna un’immagine della natura umana ancora ambivalente, in Lutero i presupposti antropologici si radicalizzano in un pessimismo destinato a creare importanti conseguenze in campo politico, sociale, etico. L’antropologia luterana pone al centro l’intrinseca malvagità degli uomini, e dunque la loro inevitabile conflittualità, secondo una visione di cui Hobbes trarrà le conseguenze filosofiche e politiche.
Gabriele Turi – La cultura delle destre
Il tema di questo libro è più vivo che mai. Individualismo, consumismo, edonismo, diffidenza per l’altro e attaccamento ai valori cattolici tradizionali sono i fondamenti ai quali si è ispirata la destra italiana nell’ultimo ventennio. Con Silvio Berlusconi un nuovo blocco sociale è giunto al potere e si è mosso in aperto contrasto con quella che veniva (e viene) ossessivamente additata come «egemonia culturale della sinistra». Il percorso della destra non può evitare di ricostruire gli antagonismi e gli «scontri di civiltà» a cui abbiamo assistito negli ultimi vent’anni. La nuova destra non si è dunque legata esclusivamente al carisma del suo leader, ma ha agito capillarmente nel tessuto sociale, riprendendo temi e comportamenti che vengono da lontano e che non hanno mai cessato di esistere.Gabriele Turi ricostruisce questo percorso, passando attraverso il revisionismo storico, la riscrittura politica dei manuali scolastici, l’insistito ridimensionamento della Resistenza e la difesa militante del crocifisso nei luoghi pubblici.La crescente presenza dell’estrema destra clericale sul Web e la concomitante crisi identitaria della sinistra fanno da sfondo a questa storia politica dell’Italia recente, che vede tra i suoi attori principali esponenti politici di primo piano, giornalisti, docenti universitari e gente comune.
Danilo Zolo – La giustizia dei vincitori. Da Norimberga a Baghdad
Norimberga e Tokyo sono state le sedi dei Tribunali penali internazionali istituiti per processare i nemici sconfitti della seconda guerra mondiale. Dopo la pausa della guerra fredda, l’esperienza della ‘giustizia dei vincitori’ si ripete a carico dei vertici politici e militari della Repubblica Federale Jugoslava, con in testa l’ex presidente Milosevic, e oggi, in Iraq, investe gli esponenti politici e militari del partito Ba’ath e il presidente della Repubblica, Saddam Hussein. Nulla però è accaduto ai criminali responsabili delle stragi atomiche di Hiroshima e di Nagasaki o dei bombardamenti delle città tedesche e giapponesi, nulla è accaduto alle autorità politiche e militari della Nato, responsabili della guerra di aggressione contro la Repubblica Jugoslava. E si può essere certi che mai verranno puniti i responsabili della strage di decine di migliaia di civili innocenti compiuta in Iraq dalle armate angloamericane. Del tutto impunite resteranno la strage di civili nella città irachena di Fallujah, così come le torture di Abu Ghraib. E altrettanto si può prevedere per i crimini commessi dalle milizie israeliane nel corso dell’occupazione militare della Palestina, per non parlare dell’etnocidio in corso in Cecenia. Occorre allora interrogarsi sul fallimento sia delle istituzioni universalistiche sorte nella prima metà del secolo scorso, sia della giurisdizione penale internazionale, incapaci non solo di garantire al mondo una pace stabile e universale -utopia irrealistica -, ma anche di condizionare l’inclinazione delle grandi potenze a usare la forza di cui dispongono. In primis gli Stati Uniti, orientati a svolgere il ruolo di potenza imperiale al di sopra del diritto internazionale. È sconfortante dover ripetere ancora una volta, amaramente, assieme a Radhabinod Pal, il coraggioso giudice indiano del Tribunale di Tokyo, che -solo la guerra persa è un crimine internazionale”.
Danilo Zolo – Terrorismo umanitario. Dalla guerra del Golfo alla strage di Gaza
Il volume raccoglie una serie di saggi sul tema delle guerre di aggressione scatenate nell’ultimo ventennio dalle potenze occidentali in violazione del diritto internazionale. Le guerre “umanitarie” – dai Balcani all’Iraq, all’Afghanistan – sono state presentate come lo strumento principe della tutela dei diritti dell’uomo e dell’espansione della libertà e della democrazia. Si è trattato in realtà di conflitti fortemente asimmetrici, nei quali gli strumenti di distruzione di massa sono stati usati per fare strage di civili inermi, per diffondere il terrore, per distruggere le strutture civili e industriali di intere città e di interi paesi. Il fatto che in Occidente ci sia ancora chi continua a definire queste guerre “umanitarie” e persino “democratiche” – sostiene Zolo – chiarisce molto bene perché il global terrorism si sia diffuso in tutto il mondo sino a diventare la sola risposta tragica, impotente e nichilista – dei popoli oppressi. Sul piano teorico Zolo elabora una nozione di “terrorismo internazionale” profondamente diversa rispetto alle formule varate dagli Stati Uniti e accolte dalla maggioranza dei paesi europei e dei loro giuristi accademici.
Danilo Zolo – Tramonto globale. La fame, il patibolo, la guerra
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Vincenzo Ferrone – Storia dei diritti dell’uomo
Furono gli illuministi per primi a ridefinire un’etica dei diritti fatta dall’uomo per l’uomo, cosmopolita, razionale, mite, umanitaria e rispettosa dell’individuo, capace di dar vita a un potente linguaggio politico dei moderni contro il secolare Antico regime dei privilegi, delle gerarchie, della disuguaglianza. Furono gli illuministi a far conoscere al mondo intero che i diritti dell’uomo per definirsi tali devono essere eguali per tutti gli individui, senza alcun tipo di distinzione di nascita, ceto, nazionalità, religione, genere, colore della pelle; universali, cioè validi ovunque, in ogni angolo del mondo; considerati inalienabili e imprescrittibili. Ed è proprio ponendo l’accento in modo originale sul principio di inalienabilità, che la cultura illuministica trasformò radicalmente gli sparsi e di fatto inoffensivi riferimenti ai diritti soggettivi nello stato di natura, già indagati dai giureconsulti della scuola del diritto naturale nei secoli precedenti, in un linguaggio politico capace di avviare l’emancipazione dell’uomo attraverso la pratica dei diritti nella costruzione della moderna società civile. Spaziando dall’Italia di Filangieri e Beccaria alla Francia di Voltaire, Rousseau e Diderot, dalla Scozia di Hume, Ferguson e Smith alla Germania di Lessing, Goethe e Schiller, sino alle colonie americane di Franklin e Jefferson, Vincenzo Ferrone affronta un tema di storiografia civile che si inserisce nel grande dibattito odierno sul nesso problematico tra diritti umani e autonomia dei mercati, su politica e giustizia, diritti dell’individuo e diritti delle comunità, dispotismo degli Stati e delle religioni e libertà di coscienza.
Friedrich Engels – La situazione della classe operaia in Inghilterra
La “situazione della classe operaia”, in Inghilterra ed in genere nei paesi avanzati dell’Occidente, oggi è molto cambiata, ma quello descritto da Engels è un processo tipico delle prime fasi di industrializzazione. L’Inghilterra degli inizi dell’Ottocento si è riprodotta più e più volte a mano a mano che i fenomeni di disgregazione contadina, di proletarizzazione, di inurbamento, di passaggio dall’artigianato al siste-ma di fabbrica analizzati in quel paese hanno investito nuove parti del globo. Oggi centinaia di nuove Manchester punteggiano le carte dei paesi emergenti o di recente emersione; in molti aspetti sono sorprendentemente simili all’originale inglese ottocentesco, in molti altri si differenziano profondamente, a cominciare da una scala demografica accresciuta di un fattore dieci o cento.
Consiglio a cura di U.s.A.