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Eduard Bagrickij – L’ultima notte
« Bagrickij, il “François Villon di Odessa”, come Babel’ lo chiamò, non fu dominato dall’ansia escatologica d’un Majakovskij, e la sua esperienza della rivoluzione sfuggì a quella dialettica tragica che a Majakovskij aprì una sfera intatta e sovrana della poesia. Abitatore del presente, delle sue inquietudini e dei suoi entusiasmi, Bagrickij è posseduto da un sentimento tumultuoso della vitalità naturale e storica, da una furia gagliarda di esperienza e di azione. E accanto alle tinte trionfanti e scatenate si profilano le turbate ombre d’una tensione di destino che sa comporsi nella salutevole accettazione d’una concreta misura umana ».
Sergej Aleksandrovic Esenin – Poesie. Antologia
Poeta insieme epico e lirico, anticonformista e populista, iconoclasta e religioso, Esenin celebrò l’energia della Natura contro l’ambiguità della Storia, proponendo la ribellione come un valore morale.
Evgenij Evtusenko – Arrivederci, bandiera rossa. Poesie degli anni Novanta
In questo libro leggiamo la fine dell’impero sovietico. Vi troviamo la nostalgia, che non è il pianto funebre per la dittatura, la censura, il Gulag, bensì la nostalgia per le speranze del popolo russo, ingannate dalla rivoluzione comunista e poi da quella anticomunista; nostalgia per l’illusione infranta di un socialismo dal volto umano. In tal senso questo non è solo un libro sulla politica, ma anche su Dio e sull’amore. «Sebbene io presagissi la caduta dell’impero sovietico», scrive l’autore, «non prevedevo ch’essa potesse accadere sotto i miei occhi. Facevo parte di coloro che spingevano la Russia, come un camion impantanatosi nel fango, ma quando ci riuscì di smuovere la storia, essa ci sfuggì di mano e, superandoci, impetuosamente e in modo terribile, fu come se precipitasse da una montagna. La storia sorpassò non solo Gorbačev, ma tutti noi con lui, inzaccherandoci, nel congedarsi, il viso di fango da sotto le ruote, per riconoscenza.»
Charles Simic – The lunatic
Fernando Pessoa – Una sola moltitudine. Volume I
«Il nome di Fernando Pessoa esige di venir incluso nella lista dei grandi artisti mondiali nati nel corso degli Anni Ottanta: Stravinskij, Picasso, Joyce, Braque, Chlebnikov, Le Corbusier». Così ha scritto Roman Jakobson. Ma se, nel caso degli autori citati, l’opera è più che nota, nel caso di Pessoa le scoperte e le sorprese sembrano non finire mai: dopo la sua morte (1935), fino a oggi, dal baule prodigioso dei suoi manoscritti sono continuati a uscire testi che rendono sempre più intricato e vertiginoso il mondo di questo scrittore, di cui si può dire – ed è una pura constatazione – che più che uno scrittore fu un’intera letteratura.
Fernando Pessoa – Una sola moltutidine. Volume II
Con questo volume si conclude la vasta scelta, a cura di Antonio Tabucchi, dell’opera plurale di Fernando Pessoa. Qui accolte si troveranno liriche di Pessoa ortonimo, fra le quali il poemetto esoterico Messaggio, unico volume in versi pubblicato in vita dall’autore e vero sigillo della sua opera; liriche di Ricardo Reis, «innocente pagano della decadenza», che custodisce una «coscienza lucida e solenne delle cose e degli esseri»; liriche di Alberto Caeiro, eteronimo maestro di eteronimi (Reis e Álvaro de Campos), sulla cui figura Pessoa scrisse: «ha dato più ispirazione alla mia ispirazione e più anima alla mia anima»; infine il sorprendente Coelho Pacheco, anticipatore della scrittura automatica, quale poi sarà rivendicata dal surrealismo.
Fernando Pessoa – Poesie di Alvaro de Campos
Fra tutti i poeti che Pessoa ha disegnato Alvaro de Campos spicca e si impone, forse anche perché la sua figura sfuggì totalmente al suo creatore, guadagnandosi un’esistenza superiore a quella degli altri eteronimi. Per capire la vastità e la risonanza dell’esperienza di Alvaro de Campos occorre vederla nel suo insieme, nel suo sviluppo, come un’opera a sè. E’ questo che per la prima volta ci offrono Antonio Tabucchi e Maria José de Lancastre. Il volume raduna infatti testi di tutti i periodi di Alvaro de Campos accompagnandolo fino alla morte che coincide, nel 1935, con quella di Fernando Pessoa.
Fernando Pessoa – Poesie di Fernando Pessoa
“Come Shakespeare seppe essere Amleto e King Lear essendo prima di tutto Shakespeare, come Balzac seppe essere il Pére Goriot e Eugénie Grandet, essendo prima di tutto Balzac,” scrive Tabucchi “così Fernando Pessoa è in primo luogo quel Fernando Pessoa che firma le sue poesie con il proprio nome, ammesso che tale “io” coincida con il reale Fernando Pessoa anagraficamente inteso”. Di “Fernando Pessoa-lui stesso”, o dell”Ortonimo, questo volume intende offrire un compiuto, ampio ritratto, cogliendo alcune delle sue molteplici sfaccettature: dal poeta avanguardista al mistico ed esoterico, dal poeta elegiaco ma sempre concettuale al satirico che irride il tiranno Salazar, fino al poeta civile e “indignato” che guarda alla patria prostituita con rabbia e dolore. E di nuovo la letteratura, per Pessoa, è la “dimostrazione che una vita non basta” -, non potremo che rimanere stupiti per la sua vertiginosa, spiazzante novità: “Ah, canta, canta senza motivo! / Ciò che in me sente sta pensando” si legge nella “Mietitrice”, del 1924, dove l’interazione tra l’emozione e la ratio sembra echeggiare Empedocle e Spinoza – e insieme anticipare le scoperte della moderna neurologia. Del resto, come scrive ancora Tabucchi, “nel “cuore di tenebra” che è l’umano sentire, misterioso, profondo, che appartiene ai precordi, Pessoa, come tutti i grandi poeti, fonda la sua poesia”.
Fernando Pessoa – Poesie esoteriche
L’avvicinamento all’occultismo di Pessoa iniziò, quasi per caso, intorno al 1915, con la lettura di vari scritti sulla materia e in particolare di alcune opere delle due maggiori esponenti del teosofismo inglese, Helena Blavatsky e Annie Besant, che l’autore portoghese aveva avuto l’incarico di tradurre nella sua lingua per una «Collana Teosofica ed Esoterica». Ma l’impressione che le dottrine teosofiche produssero in lui fu subito enorme. È l’inizio di un lungo cammino di riflessione e di progressiva iniziazione alle tematiche del pensiero religioso ed esoterico. Un cammino che lo porterà a proclamarsi più volte seguace di una tradizione occulta che ha le sue radici nella Gnosi cristiana antica e si perpetua nella Cabbala ebraica, nel pensiero dei Rosacroce e nella Massoneria. In questo volume, come spiega il curatore, Francesco Zambon, si registrano le tensioni e le suggestioni più profonde che sottendono all’intera produzione del celebre poeta portoghese; una raccolta di mirabili variazioni sui temi «dell’Io anteriore esiliato dalla sua Patria celeste, della falsità e irrealtà di questo mondo, della vita umana come sonno e oblio, del cammino iniziatico verso mondi superiori, delle nozze mistiche con il vero Io» a partire dalle composizioni giovanili del Violinista pazzo, scritte tra il 1911 e il 1917, fino a quelle di Messaggio del 1934, che rappresenta il culmine della poesia esoterica di Pessoa e insieme la summa della sua visione profetica della storia.