La prosa di Landolfi, tra le più musicali della letteratura italiana, lascia intravedere in filigrana un’ambizione poetica dirompente ma al tempo stesso messa a tacere, forse per l’oscuro timore – evocato in un racconto del 1937, «Night must fall» – che a lasciarsi andare «ne sarebbe venuto fuori qualcosa di troppo bello … e allora tutto sarebbe finito e riprecipitato in una voragine senza fondo». Ancorché non esercitata, tuttavia, quella «divina facoltà» non poteva che riaffiorare: non a caso, fra gli anni Cinquanta e Sessanta, mentre si accentua il suo sdegnoso isolamento, Landolfi abbandona ogni progetto di romanzo per dedicarsi a una scrittura diaristica, e dunque innocente, che prepara il ritorno alla poesia. «Non trovo conforto / Se non nelle distorte / Battute / D’una musica perduta. / La prosa m’opprime: / Non la parola che dirime, / Mi giova, / Ma l’avventurosa prova / Del verso gettato al vento» leggiamo in Viola di morte, diario in versi apparso nel 1972, dove Landolfi ci mostra quel volto che sempre aveva velato «in modo quasi ossessivo, come se fosse dominato da un puro istinto di sopravvivenza che lo costringa a ripetere continuamente il suo nome» (Citati).
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Tommaso Landolfi – Il tradimento
Come il diario in versi Viola di morte (1972), anche Il tradimento, che ne è «grave e terribile seguito», sembra alimentato dal furore e dalla rabbia, quasi che scrivere colmasse in Landolfi – sono parole di Citati – «una tremenda voragine esistenziale, che torna a riaprirsi alla fine di ogni poesia, più angosciosa di prima. Ora i suoi versi ci rivelano l’immediato scatto dei nervi: ora tendono alla scansione nuda dell’epigramma e dell’aforisma. Non volano mai, non cantano mai, non corteggiano mai le grazie dell’immagine e della musica». E la ragione è chiara, lacerante: ugualmente allettato dal versante ‘selvoso’ della prosa e da quello ‘brullo’, ‘spoglio’ della poesia, Landolfi si sente ormai, da entrambi, ugualmente respinto.
Guido Ceronetti – Sono fragile sparo poesia
Due volumetti di versi giovanili, col titolo “Nuovi Salmi” (1955 e 1957), aprono il cammino di poesia in proprio di Guido Ceronetti. Nel 1965 uscì presso Tallone una tiratura per bibliofili della “Ballata dell’infermiere”; nel 2008 il Notes Magico ne pubblicò tutte le ballate (“Le ballate dell’angelo ferito”). Tra il ’55 e oggi è passato più di mezzo secolo, un periodo in cui, oltre ai suoi libri in prosa, al teatro e alle traduzioni, Ceronetti ha scritto più di cinquemila versi seguendo un personalissimo percorso poetico. Questa antologia propone una selezione di quanto all’autore stesso sembra la migliore testimonianza del suo assiduo formulare “qualche ideogramma di compassione, di ricordo e di desiderio della luce”. Come già per “Trafitture di tenerezza”, che raccoglieva il meglio delle traduzioni poetiche di Ceronetti, anche questo libro concentra fin dal titolo aggressività e umiltà, forza e delicatezza. Perentorio ed evanescente come un messaggio in bottiglia. D’altronde per Ceronetti la parola poetica è al contempo ri-chiesta d’aiuto e offerta (a tratti, ma significativa) di salvezza.
Guido Ceronetti – Trafitture di tenerezza. Poesia tradotta 1963-2008
“Questa piccola antologia personale di traduzioni in versi, esigua raccolta di frammenti e di schegge, se sarà presa per quel che vuoi dire, dovrebbe essere accolta come aiuto a pensare, la bellezza della parola e dell’immagine invaselinando l’accesso difficile al sepolcrale segreto dei mondi che il verso contiene. E aiuto al pensare vale viatico consolamentale per chi vive e patisce, per l’indicibile sofferenza che tutti ci inzuppa e uguaglia, per chi conscia-o-inconsciamente lancia nell’etere miti e muti e prolungati S.O.S. Il titolo che ho trovato è facile da comprendere: la tenerezza è rara, moneta fuori corso nell’indistinzione pan-tecnologica, e nello stupore del riceverne in un pugno di versi c’è qualcosa di specialmente strano, che somiglia a una trafittura. […] Ho pescato nel fiume di quel che ho fatto e dato in mezzo secolo di pubblicazioni, dal latino, greco antico e dimotìki, ebraico biblico e lingue moderne, ma dalle carte molti inediti sono emersi, li ho restaurati e una parte è edita per la prima volta qui.” (dall’introduzione dell’autore)
Franco Fortini – Poesie inedite
Nel dicembre 1995 Einaudi pubblicava una plaquette di poesie inedite di Fortini, a un anno dalla sua scomparsa, in una edizione fuori commercio per gli amici della casa editrice. L’eco suscitata da questo omaggio ha indotto l’Einaudi a mettere a disposizione questi testi al più ampio pubblico. Si tratta di una scelta ristretta e altamente qualitativa operata da Pier Vincenzo Mengaldo sul materiale di inediti lasciato da Fortini. Rispetto alla plaquette, questa edizione aggiunge alcune traduzioni di poeti stranieri.