Il rapporto tra filosofia e politica in Heidegger è sempre stato controverso. Com’è stato possibile che uno dei maggiori filosofi del Novecento abbia aderito al nazionalsocialismo e, soprattutto, non abbia mai riconsiderato la sua posizione anche dopo la Shoah? Con la pubblicazione poi di una parte dei Quaderni neri, il diario intellettuale nel quale Heidegger esprime alcuni giudizi antisemiti, la questione è divenuta ancora più scottante. Qual è il rapporto tra filosofia e politica, in questo pensatore e, più in generale, nei grandi filosofi? Se lo sono chiesto, partendo da Heidegger, alcuni dei principali studiosi del vecchio e nuovo continente.
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Karl Löwith – Dio, uomo e mondo nella metafisica da Cartesio a Nietzsche
In questo volume, tradotto qui integralmente e per la prima volta nella sua versione definitiva (1967), Löwith perviene agli esiti più maturi del suo confronto con la modernità. Cosa devono tornare a essere il mondo e l’uomo, dopo la “caduta di Dio” consumatasi nella coscienza moderna? È rispetto a questa ineludibile domanda che emerge l’incapacità della filosofia moderna, da Cartesio e Kant fino a Hegel e al nichilismo di Stirner, di emanciparsi effettivamente dal creazionismo e dall’antropocentrismo di ascendenza biblica. La concezione meccanicistica del mondo e le moderne “metafisiche della soggettività” smarriscono l’autentica sostanza religiosa della fede nel Dio sovrannaturale e creatore della tradizione, ma non sanno ripristinare la nozione di natura. Precipitano anzi l’uomo cristiano-moderno in un mondo divenuto ormai estraneo e privo di senso: in un esilio o nichilismo cosmico che riguarda non solo l’idealismo di Fichte o il disprezzo per la natura di Hegel, ma anche le filosofie di Husserl, Heidegger e Sartre.C’è tuttavia anche un’altra modernità: quella in cui l’a-teismo giunge al proprio compimento. Perciò in Dio, uomo e mondo Löwith, oltre che con Feuerbach e Nietzsche, “filosofo del nostro tempo”, si confronta, con un’intensità, che non ha precedenti lungo tutta la sua ricerca, anche con Spinoza: con il “Mosè dei materialisti moderni” (Feuerbach) che ha saputo uscire da ogni metafisica della volontà e restituire “la propria verità alla natura di tutte le cose”. È con questa linea di pensiero che anche il naturalismo di Löwith instaura un dialogo di grande attualità per tutti coloro che si sentono “irretiti” nell’emancipazione moderna dall’orizzonte metafisico: che collocano, cioè, la propria ricerca e la propria vita “in un universo senza Dio” e sono interessati a tornare alla prospettiva di una natura (physis) sempiterna che sia anche dimora cosmica dell’uomo che a essa appartiene.
Arthur Schopenhauer – Metafisica dell’amore sessuale
L’amore ha fatto versare fiumi di lacrime, di sangue e soprattutto d’inchiostro, ma nessuno ne ha indagato così a fondo il mistero come Schopenhauer. Si tratta di una passione tirannica e demoniaca, anzi metafisica, che nei gradi più alti della sua intensità è capace di travolgere tutto, anche la vita stessa di chi ne è irretito. E se ne capisce il perché, dice il filosofo, se si pensa che dall’amore dipende la perpetuazione della specie. Ma una cosa di tanta importanza non poteva essere lasciata all’arbitrio degli individui e così la natura ci ha dato l’istinto sessuale, la cui forza e infallibilità ci inducono a fare quello che non faremmo mai con la mera riflessione razionale. Alla natura sta a cuore la vita della specie e non quella degli individui, che essa considera semplici strumenti o zimbelli. Insomma, l’amore è un inganno della natura. Anacleto Verrecchia