A Londra, negli anni Cinquanta, non c’erano ancora mode giovani o minigonne o icone pop. Erano però disponibili, in città o in campagna, T.S. Eliot, E.M. Forster, Ivy Compton-Burnett, Harold Nicolson, i Sitwell, W.H. Auden, Angus Wilson, William Golding, Christopher Isherwood, Stephen Spender, Kingsley Martin, Kingsley Amis, il terribile Dr Leavis… E a teatro, ogni sera, c’era una bella scelta fra John Gielgud e Edith Evans e Ralph Richardson e Peggy Ashcroft e Laurence Olivier e Margaret Rutherford e Alec Guinness e Bea Lillie o Vivien Leigh… Settecento, o anni Trenta? Avanguardie di protesta, o ribalderie vittoriane? Forte impegno, o vaudeville di travestiti? Beethoven diretto da Klemperer, Galina Ulanova coi balletti del Bolshoi, o novità di Benjamin Britten e Samuel Beckett?
Il giovane Arbasino schedava le politiche del dopoguerra al Royal Institute of International Affairs. E intanto osservava il funzionamento delle tipiche istituzioni, poi definite anche «prestigiose» o «mitiche»: il «Times», il «New Statesman», il Labour Party, le Corti di Giustizia, le bande dei teddy boys, la destra liberale e la sinistra accademica, l’underground alto e basso, il sense of humour e l’understatement elegante di critici esemplari come Cyril Connolly e Kenneth Tynan, Peter Heyworth e John Pope-Hennessy. A Londra si potevano fare diverse scoperte, e parecchi mostri sacri aprivano indulgenti le loro tane. Da Roma, Mario Pannunzio chiedeva delle «Lettere inglesi» da pubblicare sul «Mondo». Nacquero così queste corrispondenze confidenziali, che il tempo ha trasformato in manualetto ‘live’ di grandi autori del Novecento.
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Fernando Pessoa – Lettere alla fidanzata
«Risposi a un annuncio del “Diário de Notícias”. Avevo diciannove anni, ero allegra, sveglia, indipendente e, contro la volontà dei miei familiari, decisi di trovare un impiego». Così Ophélia Queiroz si trovò a lavorare nello stesso ufficio di Fernando Pessoa. «Tutto cominciò con sguardi, bigliettini, messaggi che mi lasciava di soppiatto sulla scrivania». Ed era già il namoro, come si chiama in portoghese quel vago periodo che precede il fidanzamento ufficiale. Queste lettere testimonieranno la profonda, irriducibile irrealtà in cui Pessoa sapeva lasciar precipitare ogni evento della sua vita personale, come se già questa locuzione fosse per lui un’incongruità. E tale era. Tanto più preziose, tanto più insostituibili queste sue lettere alla fidanzata, che accettano subito di partecipare, «proprio come i veri grandi amori, del ridicolo e del sublime» (Tabucchi).
Vladimir V. Majakovskij – L’amore è il cuore di tutte le cose
Il rapporto che legò per quindici anni Vladimir Majakovskij a Lili Brik e al marito di questa, Osip, è forse il più spregiudicato e radicale «tentativo amoroso» mai compiuto da un poeta, o, più semplicemente, da un uomo. Majakovskij conobbe Lili il 7 maggio 1915 e non tardò a innamorarsene; ma Lili, una donna di grande fascino e carattere, sorella di quell’Elsa Triolet alla quale un altro poeta, il francese Louis Aragon, avrebbe dedicato un’inesauribile passione e i più toccanti tra i suoi versi, era sposata a un altro.
Dalle circostanze avrebbe potuto nascere un banale triangolo amoroso o un borghese ménage a trois , ne nacque invece una vicenda di inedita, struggente intensità e purezza. Lili, pur ricambiando l’amore del poeta, non ingannò né abbandonò il marito; lei e Majakovskij lo coinvolsero nel fervore, intellettuale oltre che sentimentale, della loro passione. E Osip, da giurista e commerciante che era, divenne critico ed editore del rivale, e uno dei più brillanti animatori della vita letteraria russa nell’epoca d’oro dell’avanguardia futurista e formalista.
Offuscata subito da incredulità e maldicenze, colpita, dopo il suicidio del poeta, dalla mistificante censura dell’ufficialità sovietica, questa storia rivive finalmente in tutta la sua complessa, drammatica, gioiosa verità nella fittissima corrispondenza (centinaia di lettere, biglietti, cartoline, telegrammi) che Majakovskij e Lili si scambiarono dal 1915 al 1930 con ininterrotta tenerezza: una tenerezza capace di superare e inglobare separazioni e crisi, disagi e amarezze, il bisogno di altri amori e la fatalità di altri incontri.
Raccolta per la prima volta nel 1982 da Bengt Jangfeldt, e arricchita in questa edizione da un’introduzione che si sofferma anche sulla natura dei rapporti tra i Brik e la CEKA all’inizio degli anni Venti e sulla vicenda della figlia «americana» di Majakovskij , questa straordinaria documentazione non costituisce soltanto un romanzo di grande valore umano e psicologico, è anche uno strumento indispensabile per penetrare nella personalità di uno dei più grandi poeti del secolo scorso e per ricostruire la quotidianità di un periodo storico che ha mutato il destino del mondo.
Emil Cioran – L’agonia dell’occidente. Lettere a Wolfgang Kraus (1971-1990)
Un’amicizia nata nel cuore del travagliato XX secolo, ma anche la testimonianza di un’intelligenza “scomoda”, limpida e tagliente nei confronti di una civiltà in piena agonia, che non crede più in se stessa, avendo perso i propri punti di riferimento. Questi i contenuti del carteggio Cioran-Kraus, riflessione sull’avvenire di un’Europa vecchia e prostrata. Assieme al proprio declino fisico, registrato in modo spesso drammatico, lo scrittore romeno assiste attonito al lento suicidio di un Occidente incapace di darsi un futuro. Di fronte alla deriva della politica, all’imbarbarimento generalizzato e al progressivo crollo delle strutture che hanno retto la storia degli ultimi due secoli, il suo sguardo è tuttavia lucido e disincantato: “Essere attuali è, in fondo, una disfatta spirituale”.
Emil Cioran – Lettere al culmine della disperazione (1930-1934)
Il volume raccoglie per la prima volta insieme le lettere di Cioran agli amici più cari nel momento della disperazione. Una disperazione vissuta nella frenetica attività della scrittura. Dal 1930 al 1934 il giovane Cioran si mostra e si ritrae misteriosamente nella lingua. In queste lettere è infatti ancora possibile osservare il processo di verità esposta sulla scena epistolare, e cogliere sul vivo l’attività performativa della parola. Redatte al tempo della composizione del suo primo libro, queste lettere non hanno solamente una valenza storica e documentaria, ma sono lettere appassionate, aggressive oppure tenere, in cui il discorso privato e lo scritto di circostanza si accompagnano al percorso di elaborazione filosofica e retorica, oltre che una ricerca di stile poetico. La posta in gioco per il Cioran di quegli anni è quella di scrivere al culmine della disperazione.
Emil Cioran – Mon cher ami. Lettere a Mario Andrea Rigoni
Nell’amore per Leopardi s’incontrarono negli anni Settanta Cioran, già riconosciuto in Francia e in Germania come uno dei massimi scrittori contemporanei, e il giovane studioso e scrittore Mario Andrea Rigoni. Ne nacque un’amicizia che avrebbe prodotto un importante evento: la traduzione dell’opera di Cioran in Italia non più in libri pressoché clandestini, ma nello splendore delle edizioni Adelphi per la cura dello stesso Rigoni. L’epistolario racconta questa grande occasione per la cultura italiana, mostrando tra l’altro il tono affettuoso e delicato in cui si stemperano, senza per questo perdere di mordente, i celebri aforismi cioraniani.
Carlo Emilio Gadda – Un gomitolo di concause. Lettere a Pietro Citati (1957-1969)
Nel 1956, allorché diventa consulente di Livio Garzanti, il giovane Citati non può sospettare che gli verrà affidato un compito impossibile: occuparsi del più impervio, moroso, nevrotico, geniale scrittore del Novecento, Carlo Emilio Gadda. Rapidamente, Citati ne conquista la fiducia: e a questo miracoloso sodalizio dobbiamo libri come il “Pasticciaccio”, “I viaggi la morte”, “Accoppiamenti giudiziosi”. Ma alle funzioni di editor Citati ne ha ben presto aggiunte di ancor più delicate: quelle di confidente, consigliere, amico e gaddista militante – in altre parole, di “intermediario” fra l’Ingegnere e il mondo. Ne è prova il loro splendido carteggio, tutto da assaporare: rassicurato dalla dedizione e dal veemente impegno in suo favore di Citati, stimolato dalla vastità dei suoi interessi e dalla sua attività di critico, Gadda rompe gli argini, si abbandona a lettere ‘esorbitanti’ e ‘barocche’, di volta in volta eccentrici saggi, nobili poèmes en prose, irresistibili bizze. Come quella, degna di “Verso la Certosa”, in cui rievoca per Citati la sua mania di architettare mentalmente «case e ville e castelli durante le lunghe camminate dell’infanzia e dell’adolescenza sugli stradali prealpini, nelle ore d’una fuggente serenità». O quella, strepitosa, in cui sfoga la sua rabbia contro Moravia e la Morante, colpevoli di averlo «sfiancato, rintronato e vilipeso», durante una cena a Trastevere, con la loro «cornacchiante erogazione di teoremi storiografici» – ossia con le accuse mosse alle borghesie. Si capirà allora come mai Citati abbia scritto che in ogni momento della vita di Gadda sembravano convergere «il passato … il presente, il futuro, la realtà, il sogno, il tragico, il comico, la colpa, il rimorso, l’immaginazione, il gioco, la follia…».
Julio Cortàzar – Carta carbone. Lettere ad amici scrittori [Epub – Mobi]
Carta carbone raccoglie un centinaio di lettere di Julio Cortázar (1914-1984) ad altri autori: da Vargas Llosa a García Márquez, da Paz a Borges, da Soriano a Onetti, da Victoria Ocampo a Galeano. Con un registro di volta in volta divertente o profondo, impegnato o surreale, formale o amichevole, queste lettere – inviate dall’Europa nell’arco dei tre decenni passati da Cortázar lontano dall’Argentina, e arrivateci grazie alla mania di conservarne sempre una copia carbone – compongono il ritratto di un uomo e della sua epoca, di un autore e della sua opera, di un intellettuale e del suo ruolo nella società. È possibile così attraversare la parabola umana e letteraria di Cortázar vivendola “in presa diretta”: gli esordi, i primi riconoscimenti, fino al successo internazionale di Storie di cronopios e di famas e di Rayuela, il tutto condito da viaggi, amori, amicizie, battaglie politiche e vicende personali.
Gustave Flaubert – Lettere alla Musa [Pdf]
Ho seno, collo e spalle di grande bellezza. La pettinatura (di un castano chiarissimo, bionda al tempo della mia infanzia), composta di lunghissimi boccoli che ricadono sulle tempie, velano le gote e scendono fino alle spalle, mi attira molti complimenti. Ho la fronte alta, ben fatta, molto espressiva, le sopracciglia folte e finemente disegnate, gli occhi azzurro cupo, grandi, bellissimi quando ardono al fuoco del pensiero e delle sensazioni. Ecco l’autoritratto che Louise Colet consegna al suo diario, il 14 giugno 1845. Un anno dopo, tra questa donna e Gustave Flaubert nasce una relazione, tenera e tempestosa. Ventiquattrenne, “di una bellezza eroica”, Gustave trova in Louise “la sola donna che ho amato e che ho avuto”. Trentaseienne, già amante del filosofo Victor Cousin, Louise crede, romanticamente ostinata, alle ragioni del cuore. Sono entrambi scrittori, l’una di qualche fama, l’altro appena agli inizi. Sono entrambi legati a un nucleo familiare, lei a un marito e a una figlia, lui a una madre. La loro vicenda è un ininterrotto tentativo di trasformare gli equilibri tra la “generosità” di un grande amore che diventa per Louise il centro della vita, e l'”avarizia” di un amore che per Gustave ha un posto ben definito tra gli affetti, le amicizie, i progetti di viaggi esotici e il sogno d’Arte che ne domina l’esistenza. Di questa storia d’amore lettere mostrano giorno per giorno la traccia fresca.
Release a cura di Flextime.
Gustave Flaubert – L’opera e il suo doppio. Dalle lettere [Epub – Mobi]
Questa scelta di lettere dall’epistolario di Flaubert, vuole essere il tentativo di proporre la sostanza di una scrittura e di un pensiero. Ma, ancora di più, di tentare di costruire un ponte tra le due scritture. Flaubert ripete che nei suoi libri l’autore dev’essere assente, che ha orrore all’idea che Gustave Flaubert compaia, con le sue idee e le sue passioni, accanto a Emma Bovary o accanto a Salambô. Ma dice e ripete anche che nessun libro lo soddisfa in pieno, che non ha mai trovato il soggetto in cui darsi interamente, che sia in sintonia con il suo temperamento.
Release a cura di Athanasius.