Testamento riprende il testo di Conversazioni con Dominique de Roux,editore e scrittore francese (1935-1977) pubblicato nel 1968, un anno primadella morte di Witold Gombrowicz. Il titolo, ripreso da quello dell’edizioneinglese di Conversazioni, risponde perfettamente al contenuto reale dellibro. In più, rispetto a quella prima edizione, Testamento comprende undossier di corrispondenza inedita con Dominique de Roux. Per la prima volta,Gombrowicz spiega i suoi itinerari creativi, svela le radici polacche della suaopera, si interroga sui fantasmi che l’attraversano e sulla ricerca dellaforma, una delle tematiche costanti nel suo percorso letterario. La morte diGombrowicz ha trasformato quest’opera in un vero e proprio testamentofilosofico ed estetico che contiene una potente chiave di lettura per entrarenel suo mondo, per comprenderne la genealogia, per decrittare gli arcani, perreperire gli archetipi. Si colgono, quindi, le esitazioni dell’autore su certiargomenti, le sue incertezze su come rispondere alle questioni poste. “Perla nostra conoscenza di Gombrowicz,” scrive Claude Bonnefoy, “il giocotra conversazioni e lettere è fondamentale. Leggiamo un libro e, nello stessotempo, la sua storia. E questa doppia lettura è anche quella di un’opera dicui questo libro è l’ultimo anello della catena.”
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Witold Gombrowicz – Trans-Atlantico
“Trans-Atlantico è l’opera più patriottica e più coraggiosa che io abbia mai scritto,” diceva Gombrowicz nel suo Diario e aggiungeva: “Ed è proprio quest’opera che mi procura il marchio disonorante di codardo e di pessimo polacco”. Trans-Atlantico è un attacco, un’aggressione feroce e spietata a tutto l’insieme dei complessi nazionalistici, “è una nave corsara che contrabbanda un forte carico di dinamite, con l’intento di far saltare in aria i sentimenti nazionali finora vigenti”. Gombrowicz vi compie un impietoso tentativo di “psicoanalisi nazionale”: sviscera con mezzi spesso poco ortodossi l’anima polacca mostrandole la sua immagine ridicolizzata, goffa, meschina. E quali armi poteva scegliere per la sua battaglia lui, un esule osteggiato dagli emigrati politici perché troppo iconoclasta e dalla letteratura ufficiale in quanto emigrato? L’ironia, la risata: “Quando le circostanze schiaccianti ci costringono alla trasformazione integrale del nostro intimo, la nostra salvezza è nella risata. È la risata che ci tira fuori di noi stessi e consente alla nostra umanità di sopravvivere indipendentemente dai dolorosi mutamenti che subisce il nostro involucro esteriore”.
Witold Gombrowicz – Bacacay. Ricordi del periodo della maturazione
Bacacay è una sgangherata viuzza di un quartiere popolare di Buenos Aires dove Witold Gombrowicz abitò all’inizio della guerra. Questo fu il titolo che volle dare alla sua raccolta di racconti, ironicamente folli e pervasi da un erotismo arzigogolato, con i quali aveva debuttato trionfalmente a Varsavia nel 1933. L’ossessione di Gombrowicz è sempre stata che “tutto il mondo esteriore non è che uno specchio nel quale si riflette il mondo interiore”. Conseguentemente le sue storie appaiono, come un sogno, assurde e paradossali. Basta osservare la fauna umana che le popola: un giovanotto che vuol restare vergine e la fidanzata pazza di desiderio; un disgraziato che dedica la propria salma a un avvocato di cui si è innamorato “per ripicca”; un dandy capitato per errore su un brigantino con una ciurma assatanata; un bandito terribile, romantico e terrorizzato dalla “topinità” dei topi; un giudice paranoico che si inventa il delitto dell’amico morto di morte naturale; una contessa “cannibalmente” vegetariana e un “parvenu” dai buoni sentimenti; un reuccio corrotto che impazzisce al tintinnio degli spiccioli nella tasca di uno dei suoi convitati; un borghese che stravede per le donne brutte… “Vago per il mondo, navigo in mezzo a queste incomprensibili idiosincrasie e ovunque scorgo la presenza di un sentimento misterioso: sia esso la virtù o la famiglia, la fede o la patria – debbo commettere una mascalzonata.”