Pierre Klossowski – Le leggi dell’ospitalità. III. Il suggeritore

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Nei tre romanzi della grande trilogia di Roberta (“La revoca dell’editto di Nantes”, “Roberta stasera” e “Il suggeritore”), riuniti dall’autore sotto il titolo “Le leggi dell’ospitalità”, “Klossowski, dal fondo dell’esperienza cristiana – scrive Michel Foucault – ha ritrovato il prestigio e la profondità del simulacro, e con esso tutti i giochi del senso e del non-senso, del significante e del significato, del simbolo e del segno. Simulacro, similitudine, simultaneità, simulazione e dissimulazione: questa costellazione è meravigliosamente ricca”. I tre romanzi gravitano infatti attorno a due enigmatici personaggi: Ottavio, prete fallito, teologo vizioso, specialista in perversioni, e Roberta, sua moglie, di origine protestante, atea, attivista radical-socialista. I due si fronteggiano, rispettando ognuno l’ideologia dell’antagonista, finché Ottavio non decide di revocare il loro editto privato di Nantes. Ne nasce una tacita sfida: Ottavio moltiplica per Roberta le occasioni di “peccato” per farle provare rimorso e costringerla così a riconoscere la legge divina, Roberta le accetta senza opporre resistenza, più volte sfiora il rimorso, ma nella sua freschezza di spirito, nella sua rettitudine intellettuale dimostra di non venir mai fiaccata dalla colpa. Il gioco si esaspera, al punto che la donna si sdoppia: da un lato Roberta, dall’altro la sua controfigura che obbedisce agli ordini di Ottavio, che progressivamente rimane vittima del suo stesso gioco.

Boileau-Narcejac – La donna che visse due volte

La donna che visse due volte

Narra la leggenda che la premiata ditta del noir francese formata da Pierre Boileau e Thomas Narcejeac abbia scritto “La donna che visse due volte” con uno scopo ben preciso: quello di piacere ad Alfred Hitchcock. Una scommessa azzardata, indubbiamente (anche se i due non ignoravano che il regista avrebbe già voluto adattare per lo schermo I diabolici, che gli era stato soffiato da Henri-Georges Clouzot). Come tutti sanno, la scommessa fu vinta, e la storia della enigmatica Madeleine, che sembra tornare «dal regno dei morti», diventò quello che la critica ha definito il capolavoro filosofico di Alfred Hitchcock – e uno dei film più amati dai cinéphiles di tutto il mondo. Quando, molti anni dopo, Franc¸ois Truffaut gli chiederà che cosa esattamente gli interessasse nella storia di questa ossessione amorosa che ha la tracotanza di sconfiggere la morte, Hitchcock gli risponderà: «la volontà del protagonista di ricreare un’immagine sessuale impossibile; per dirlo in modo semplice, quest’uomo vuole andare a letto con una morta – è pura necrofilia». Attenzione però: se è vero che ci si accinge alla lettura del libro avendo davanti agli occhi la sagoma allampanata di James Stewart e il corpo di Kim Novak, a mano a mano che ci si inoltra nelle pagine del romanzo le immagini del film si dissolvono e si impone, invece, potentemente la dimensione onirica, angosciosa, conturbante di Boileau e Narcejac, che sanno invischiare il lettore negli stessi incubi ai quali i loro personaggi non riescono a sfuggire fino all’ultima pagina – e anche oltre.

Paul Valéry – Autobiografia

Autobiografia

Nel 1927 Paul Valéry, nominato Accademico di Francia, inviò una breve nota autobiografica che in ultimo decise di non utilizzare. Di fronte all’uditorio, tenne invece un elogio del suo predecessore alla carica, Anatole France, riuscendo a criticarlo senza mai pronunciarne il nome. Una polemica correva infatti tra Valéry e France, da quando quest’ultimo aveva rifiutato di pubblicare alcune poesie di Mallarmé, amico e idolo di Valéry. Questo e altri retroscena vengono narrati da Walter Benjamin nell’introduzione. Dall’amore per il mare, alle prime poesie, ai saggi giovanili, sino al suo capolavoro, Monsieur Teste, nei tre scritti qui presentati emerge un ritratto folgorante e inaspettato di quello che fu definito per antonomasia il poeta “puro”.

Alfred Jarry – Acrobazie in bici

Acrobazie in bici

Avido di esercizio fisico e di nuove sensazioni, Alfred Jarry – che divideva la stanza con l’adorata, e mai pagata, Clément luxe 96 – ci offre qui un’inedita lettura ispirata a una passione lontana tanto dalla competizione quanto dal cicloturismo, ai quale oppone «l’emozione della velocità nel sole e nella luce», la possibilità di «catturare nel minor tempo possibile, in un rapido drenaggio, forme e colori lungo strade e sentieri sterrati». E ci mostra i suoi protagonisti – Gesù in derapata sul Golgota, Issione attaccato alla ruota per l’eternità, l’acrobata dei velodromi – dediti, in sella a una bicicletta appunto, all’unico sforzo che per lui importava veramente: la ricerca d’assoluto.

Alfred Jarry – Il supermaschio

Il supermaschio

“Il supermaschio, può essere letto in molti modi, tutti assolutamente legittimi. Come sempre in Jarry, anche in questo racconto fantastico c’è tutto (o quasi) e il contrario di tutto. C’è l’amore non corrisposto dell’uomo per le macchine, e c’è ‘la macchina per ispirare l’amore’. Ci sono le fantasie dell’adolescenza, riassunte nella frase con cui inizia il racconto: “L’amore è un atto senza importanza, perché lo si può fare all’infinito”. C’è la donna, vista dapprima come preda e accettata poi come rivale e come benevola padrona. Ci sono i limiti del Progresso e quelli dell’uomo. C’è la passione di Jarry per gli sport. Ci sono, lontani e sfocati sullo sfondo, il Superuomo di Nietzsche (Così parlò Zarathustra è una delle opere-chiave di quegli anni) e Superman l’eroe dei fumetti (che ancora non è stato inventato ma che ha in André Marcueil un suo precursore). E c’è perfino, in filigrana, una storia d’amore: perché no? Una banalissima e comunissima storta d’amore. Chi, almeno una volta nella vita, non si è sentito supermaschio (o superfemmina)? Grande, inimitabile Jarry.” Dalla Prefazione di Sebastiano Vassalli

Louis-Ferdinand Céline – Da un castello all’altro

Da un castello all'altro

Da un castello all’altro è la rielaborazione letteraria di un lungo e movimentato soggiorno che Céline, insieme alla moglie Lili e al gatto Bébert, fece in Germania fra il 1944 e il 1945 subito dopo lo sbarco degli americani in Normandia. Resoconto, romanzo autobiografico, cronaca della caduta del nazismo. Soprattutto delirio della memoria, odio furente che nulla salva, né vinti né vincitori. Il vecchio scrittore sembra afferrare la storia per decomporla, violarla, deformarla, travolgerla nel fuoco della sua mimica verbale. In questo scenario di tenebra appaiono Pétain e i suoi goffi ministri, militari tedeschi spauriti ma ancora arroganti, caricature di vescovi e ambasciatori, nobili personaggi mescolati alla folla di straccioni, affamati, assassini di professione, prostitute. Tutti marchiati da un comune destino di catastrofe. Una lacerante «cognizione del dolore» percorsa da momenti di grandiosa, terribile comicità, degno inizio di quella «trilogia tedesca» che Céline completerà negli ultimi anni della sua vita con Nord e Rigodon.

Louis-Ferdinand Céline – Nord

Nord

Nord è l’ultimo romanzo pubblicato in vita da Céline (nel 1960). È il secondo tassello della «trilogia» tedesca, che rievocava in maniera fantastica, orrifica e comica le peregrinazioni di Céline, della moglie Lili e del gatto Bebert per la Germania in rovina sotto i bombardamenti alleati tra il 1944 e il 1945. Dei tre libri Nord è quello che racconta gli episodi iniziali dell’odissea céliniana ed è quello in cui le avventure individuali dei protagonisti spiccano maggiormente nel caos collettivo che li circonda e li inghiotte. Spiccano anche le figure degli altri collaborazionisti francesi profughi in Germania: un’umanità infernale e grottesca attanagliata dalla fame, che si spia, che odia. Di fronte a loro i tedeschi, il loro disprezzo per questi alleati straccioni, il loro gusto di uccidere per un nonnulla. Il tutto in una prosa egocentrica e ossessiva, specchio mirabile del suo autore. *** La partitura musicale del testo, gli andirivieni spazio-temporali, l’oralità che simula la voce esclamativa e gridata in sovratoni spasmodici, il porgere gesticolante e più spesso ammiccante, sono i sintomi di un processo di somatizzazione della Storia per cui, fatalmente, gli avvenimenti retrocedono in uno sfondo scuro e opaco mentre vengono in primo piano, per definirsi con violenza aggettante, i riflessi psicosomatici, le ferite fisiche o psichiche e la loro impossibile cicatrizzazione. La verità di Nord e della Trilogia non è il risultato di una ritrattazione (perché Céline purtroppo non rinnega nulla dei propri trascorsi) né l’esito della strategia vittimistica che mira ad adulterare, in mala fede, il senso del suo antico antisemitismo, ma è semmai la perfetta stilizzazione di un patema. È il dolore nella sua esattezza lancinante, animale, che affiora pulsando senza più la necessità di un referente o di un capo di imputazione. Dalla prefazione di Massimo Raffaeli

Louis-Ferdinand Céline – Rigodon

Rigodon

Rigodon è la fuga di tre personaggi tra le macerie della Germania in fiamme: Céline, sua moglie e il gatto Bébert. È il crollo del nazismo, è un viaggio disperato verso l’agognata Danimarca ed è, soprattutto, una formidabile macchina stilistica scatenata da una personalità paranoica. L’ultimo libro di Céline.

Louis-Ferdinand Céline – Pantomima per un’altra volta

Pantomima per un'altra volta

L’uomo che nel 1952 torna a Parigi è un personaggio imbarazzante,l’autore dei famigerati libri antisemiti, ma deciso a riprendereil suo posto nelle patrie lettere. E lo fa attaccando tuttoe tutti, sfrenando il suo portentoso talento affabulatorio. Ilracconto deflagra rapidamente, ripercorre i momenti salienti diun’intera vita: l’infanzia al Passage Choiseul con la madre merlettaia,le sfilate con i corazzieri, le ferite di guerra, l’Africa, il vecchiomestiere di medico dei poveri, la prigionia in Danimarca, lepersecuzioni vere e presunte. Un inferno ribollente di voci, urli,rumori primordiali da cui si salva, unico campione di una umanitànon degradata, la moglie Arlette-Lilí.«Al principio era l’emozione… Ho voluto una prosa che nascecome la musica, senza mediazioni»: cosí Céline in una intervistadi quegli anni. Ancora una volta, il suo è un jazz arrischiatosu ogni oggetto capace di produrre suono, fra borborigmi, onomatopee,percussioni inaudite. Una sfida immane anche perun maestro di versioni céliniane come Giuseppe Guglielmi, checoinvolge apertamente i lettori: «Prima di tutto c’è la vostraignobile maniera di leggere… Fissate manco una parola su venti…Guardate lontano, stremati…»Ernesto Ferrero

Vivant Denon – Senza domani

Senza domani

A Parigi, una qualche sera di uno degli ultimi anni dell’Ancien Régime, un gruppo di amici si pose la seguente questione: è possibile raccontare una storia erotica senza usare parole indecenti? Pensavano tutti di no, salvo il giovane Vivant Denon. Per dimostrare la sua tesi, Denon scrisse allora “Senza domani”, un racconto che oggi ci appare come un vertice della letteratura erotica. In poche pagine, con scansione impeccabile, si svolge qui una storia di seduzione, inganno e felicità, che si apre e si chiude nel corso di una sola notte. Con mano leggera e segno preciso, Denon ha afferrato, come per gioco, l’effimero erotico in tutta la sua magia. Seguiamolo, provvisti di maschera, nel «boschetto labirintico di questa avventura d’amore» e ascoltiamone subito le prime parole, se vogliamo sapere che cos’è un ritmo perfetto: «Amavo perdutamente la Contessa di…; avevo vent’anni, ed ero ingenuo; lei mi ingannò, io mi arrabbiai, lei mi lasciò. Ero ingenuo, la rimpiansi; avevo vent’anni, mi perdonò: e poiché avevo vent’anni, poiché ero ingenuo, ancora ingannato, ma non più lasciato, mi credevo l’amante più amato, e quindi il più felice degli uomini».