II punto di partenza del libro è un quesito: il movimento operaio è destinato irreversibilmente a perdere la sua forza e la sua capacità negoziale? L’autrice studia le trasformazioni principali delle lotte operaie, il passaggio dalla centralità del settore tessile a quella del settore automobilistico fino a quelle odierne dei settori dei trasporti e delle comunicazioni e mostra il ruolo che ancora oggi in molte parti del mondo, specialmente dove è stata delocalizzata parte dell’attività industriale, giocano i movimenti dei lavoratori. La ricerca è condotta in maniera rigorosa, e il ventaglio di possibilità di azione e organizzazione che presenta non derivano da una tesi a priori, ma da un’attenta disamina dei dati sull’andamento delle lotte operaie in una pluralità di paesi del Nord e del Sud del mondo. Il libro è un esempio raro di sociologia rigorosa, basata su analisi comparative di lungo periodo capaci anche di fornire ragionevoli previsioni sulla direzione che i fenomeni sotto osservazione prenderanno nel futuro.
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Luciano Gallino – Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità
Sono così rare di questi tempi le voci fuori del coro che seguirne qualcuna allarga mente e spirito, per giunta ben articolata per scrupolo d’analisi, solidità degli argomenti, capacità di disvelamento di diffuse ma anche false credenze. Tanto più se l’originalità dell’approccio riguarda un tema (il mercato del lavoro) oggi cruciale. È questo il caso di Luciano Gallino. Massimo Riva, “la Repubblica.” Un libro chiaro, ricco di dati e di riflessioni critiche; un libro anticonformista contro il conformismo della flessibilità ad ogni costo; e antiretorico contro le retoriche della flessibilità come virtù. Lelio Demichelis, “Tuttolibri” Non solo non è giusto che il precariato oggi sia merce di scambio dell’economia globalizzata, ma nemmeno intelligente per una società che voglia congiungere allo sviluppo economico lo sviluppo umano.
Carlo Formenti – Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro
Molti guru giurano che il capitalismo sta per lasciare il campo a un nuovo modo di produrre, a una societ in cui mezzi di produzione e chance di arricchimento saranno ampiamente ridistribuiti, mentre levecchie gerarchie lasceranno il campo ai network orizzontali di produttori-consumatori. Ma se osserviamo la realt vediamo un altro panorama: crollo dei redditi e dei livelli occupazionali di classi medie e lavoratori della conoscenza, concentrazioni monopolistiche, inasprimento delle leggi sulla propriet intellettuale, balcanizzazione del Web – ridotto a un arcipelago di riserve di caccia aziendali. LŐautore presenta una tesi radicale: Internet non ha ammorbidito il capitalismo; ne ha al contrario esaltato la capacit di cavalcare lŐinnovazione per sfruttare la creativit e il lavoro umani. Per i (falsi) profeti della rivoluzione digitale lŐobiettivo allevare una generazione di lavoratori della conoscenza flessibili, disciplinati e convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili. Felici e sfruttati. Con lŐavallo anche di una sinistra che teme di prestare il fianco ad accuse di nostalgie classiste.