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Paolo Virno – Motto di spirito e azione innovativa
Gli esseri umani sono in grado di cambiare il proprio modo di vivere, mettendo da parte vecchie regole e abitudini consolidate. Ma di quali requisiti si giovano per imboccare una direzione imprevista? Come avviene la rottura della condizione di equilibrio prevalsa fino a quel momento? In che cosa consiste una azione innovativa? Il libro di Virno cerca di articolare una “logica della creatività”, ossia mette a fuoco lo scarto logico-linguistico che permette di agire in quello che i giuristi chiamerebbero uno “stato di eccezione”.
Paolo Virno – Saggio sulla negazione. Per un’ antropologia linguistica
In ogni momento ricorriamo a una particella grammaticale dimessa e priva di blasone, senza sospettare che nella sua inappariscenza sia all’opera un dispositivo così potente da orchestrare l’intera significazione, e con essa il mondo. Quel connettivo sintattico è il ‘non’, di portata eguagliabile soltanto all’universale dello scambio, ossia il denaro. È la negazione a separare il pensiero verbale dalle prestazioni cognitive taciturne, come le sensazioni o le immagini mentali. Parlando di ciò che ‘non’ accade qui e ora o di proprietà ‘non’ riferibili a un certo oggetto, l’animale umano disattiva l’originaria empatia neurale, prelinguistica, si distanzia dalle prescrizioni del proprio corredo istintuale e accede a una socialità di secondo livello, negoziata e instabile, che istituisce la sfera pubblica. Il parlante infatti impara presto che l’enunciato negativo non è la controfigura linguistica di realtà sgradevoli o sentimenti distruttivi: mentre li rifiuta, dà loro un nome, li include. Effetto di incivilimento sempre esposto ad altre, insorgenti retroazioni antropologiche, secondo Paolo Virno, che sulla costitutiva negatività del linguaggio scrive un saggio-spartiacque. Da una paroletta riesce a dispiegare una inaspettata fenomenologia della coscienza negatrice.
Paolo Virno – E così via all’infinito. Logica e antropologia
Problematico, instabile, plastico, pericoloso: la sua storia naturale attesta al di là di ogni dubbio che l’animale umano è, costitutivamente, tutto questo. Ma niente come il requisito biologico che lo distingue dalle altre specie, ossia la capacità di articolare suoni provvisti di significato, è oggetto di visioni che ne semplificano l’irriducibile e perturbante ambivalenza. Se negli auspici dei teorici cuorcontenti il linguaggio infatti si presta di buon grado a comporre i conflitti, agli occhi dei disincantati – di cui Hobbes è il capostipite – si riduce a strumento aggressivo, «tromba di guerra e di sedizione». Da filosofo del linguaggio che riflette da tempo nel solco di un’antropologia materialistica, Paolo Virno fa leva invece proprio sulle strutture del pensiero verbale che più sfuggono alla rigidità degli opposti. Gli interessano in particolare i dispositivi logici capaci di esibire la giuntura tra regioni astratte e ambito percettivo-pulsionale, e quindi di gettar luce sulla trama delle passioni umane. Un dispositivo fondamentale è il regresso all’infinito, in base al quale ci chiediamo il perché di qualcosa, e poi il perché del perché, e così via in un risalimento senza fine. Inclini a tale vortice per attitudine mentale e prassi, noi viventi dotati di parola sappiamo però interrompere in diverse maniere la marcia a ritroso, ed è uno dei gesti che ci caratterizza in quanto uomini. Ancora una volta, il linguaggio assume la duplice valenza etica di rischioso squilibrio e forza che trattiene dal baratro.
Umberto Galimberti – La casa di psiche
Nella casa di psiche ha preso dimora un ospite inquietante che chiede, con una radicalità finora sconosciuta, il senso dell’esistenza. Gli altri ospiti, che già abitavano la casa, obiettano che la domanda è vecchia quanto il mondo, perché, dal giorno in cui sono nati, gli uomini hanno conosciuto il dolore, la miseria, la malattia, il disgusto, l’infelicità e persino il “disagio della civiltà” a cui prima le pratiche religiose, poi quelle terapeutiche, con la psicoanalisi in prima fila, hanno tentato di porre rimedio. L’ospite inquietante però insiste nel dire che nell’età della tecnica la domanda di senso è radicalmente diversa, perché non è più provocata dal prevalere del dolore sulle gioie della vita, ma dal fatto che la tecnica rimuove ogni senso che non si risolva nella pura funzionalità ed efficienza dei suoi apparati. L’uomo soffre per l’“insensatezza” del suo lavoro, per il suo sentirsi “soltanto un mezzo” nell’“universo dei mezzi”, senza che all’orizzonte appaia una finalità prossima o una finalità ultima in grado di conferire senso. Sembra infatti che la tecnica non abbia altro scopo se non il proprio autopotenziamento. Di fronte a questa diagnosi, la psicoanalisi rivela tutta la sua impotenza, perché gli strumenti di cui dispone, se sono utilissimi per la comprensione delle dinamiche emotivo-relazionali, per i processi di simbolizzazione sono inefficaci. Qui occorre la pratica filosofica perché, fin dal suo sorgere, la filosofia si è applicata alla ricerca di senso. E mentre la psicoanalisi, nei suoi momenti più alti, si è limitata a curare le sofferenze dell’anima provocate dalle condizioni del mondo, ottenendo come risultato una presa di distanza individuale dal vuoto di senso, la filosofia non ha mai esitato a mettere in questione il mondo. Dall’insensatezza non si esce con una “cura”, perché il disagio non nasce dall’individuo, ma dal suo essere inserito in uno scenario, quello tecnico, di cui gli sfugge la comprensione.
Slavoj Žižek – L’Islam e modernità
Con la strage alla sede di Charlie Hebdo compiuta da un commando di giovani franco-algerini in nome del famigerato Stato Islamico, l’Europa sembra aver avuto il suo 11 settembre, e con ogni probabilità nei prossimi anni avrà le sue leggi liberticide, la militarizzazione della sua società, le sue guerre democratiche. Ma episodi ripugnanti come quello di Parigi quali conflitti sotterranei si prestano a coprire? Slavoj Žižek, in questo pamphlet scritto per «contemperare le reazioni a caldo e l’atto del pensare», ci rivela una verità che è sotto i nostri occhi ma non abbiamo il coraggio di cogliere. Una realtà in cui il fondamentalismo religioso e il liberalismo sono le due facce di una stessa medaglia, in cui jihadisti invasati e dall’aspetto truce, decapitatori, stupratori, genocidi, che sembrano prelevati da un passato mitico e crudele, invece speculano in borsa, sono esperti di informatica e usano le immagini con una maestria che fa impallidire il più consumato regista di Hollywood: in una parola sono i figli ripudiati della modernità. Il filosofo di Lubiana ci costringe ancora una volta, nonostante tutto, a pensare, combinando la critica dell’ideologia alla dissertazione teologica, la prospettiva rivoluzionaria alla difesa degli ideali della Rivoluzione francese, la lettura psicoanalitica all’inchiesta giornalistica: e soprattutto mostrandoci un Islam sconfessato, davvero radicale, perfino libertario, rispetto a quello propugnato da chi pretende, con una brutalità ostentata e senza freni, di affermare una fantomatica «fede» delle origini. Un documento imprescindibile per chi voglia mantenere i nervi saldi e la mente lucida in tempi che si preannunciano difficili.
Consiglio a cura di U.s.A.
Jean-Paul Sartre – Ribellarsi è giusto! Conversazioni con Philippe Gavi e Pierre Victor
E se non bastasse l’indignazione? Jean Paul Sartre, con il consueto rigore intellettuale, ci ha ricordato che essa può essere solo un primo passo, ma lo sfruttamento, la corruzione e le menzogne di un sistema si combattono solo ribellandosi, attraverso un’azione politica intelligentemente attuata dai suoi lucidi e motivati protagonisti. “Ribellarsi è giusto!” è l’infuocato pamphlet che raccoglie le provocatorie e caustiche rifl essioni di Sarte contro le ingiustizie e il perbenismo della società occidentale. E’ stato scritto dal fi losofo francese in uno dei suoi momenti più generosi di militanza politica-intelletuale, quando avvicinandosi ai gruppi politici di estrema sinistra, assume la responsabilità giuridica del periodico “La cause du peuple” e contribuisce alla fondazione del quotidiano “Libération”. Per quanto pubblicate negli anni Settanta, queste pagine hanno ancora tutto da dire di fronte all’attuale, sistemica, crisi del Capitale, e di fronte ai vari movimenti di reazione e di ribellione che stanno nascendo, in Occidente come nel mondo arabo.
Karel Kosìk – Un filosofo in tempi di farsa e di tragedia. Saggi di pensiero critico 1964-2000
A cinquant’anni dalla pubblicazione di “La dialettica del concreto” (1963), uno dei testi fondamentali per il rinnovamento del marxismo che preparò il ’68, e a dieci anni dalla morte dell’autore, avvenuta nel 2003, vengono presentati in una cornice unitaria i saggi e gli interventi di Karel Kosik dal 1964 al 2000. Si tratta di un utile contributo alla conoscenza di un grande filosofo, legato alla tradizione del pensiero europeo da Hegel a Marx fino a Husserl e a Heidegger, e interlocutore diretto negli anni ’50 e ’60 di Sartre e della cultura francese e tedesca. Si tratta anche della testimonianza dell’impegno etico e politico di Kosik durante la Primavera di Praga, portato avanti instancabilmente nei lunghi anni di isolamento e silenzio a cui fu costretto fin quasi alla morte. Le riflessioni contenute in questi saggi di pensiero critico affrontano, con l’inconfondibile stile radicato nella cultura, nella storia e nella letteratura ceca, il tema del riso, quello del comico e del tragico nel mondo in cui domina la banalità del male, la possibilità di una nuova concezione architettonica e poetica della città, il ruolo di una filosofia che offre la libertà di un nuovo rapporto con la realtà e apre lo spazio per un nuovo legame comunitario. Kosik lascia in eredità al nuovo millennio un programma “antidiluviano”, contro il diluvio della voracità, dell’avidità che minaccia l’umanità.
Peter Sloterdijk – Devi cambiare la tua vita. Sull’antropotecnica
Che cosa accomuna un presule, una velista, un pizzaiolo, un giudice, un paracadutista, una biologa, un pilota d’aerei, una lap-dancer? Sono tutte persone che si esercitano esplicitamente a migliorare se stesse, rispondendo alla tensione verticale che impone di modificare il proprio modo di vivere. È questo il tema di “Devi cambiare lo tua vita”, in cui Peter Sioterdijk sostiene che vivere è trasformarsi, accedere allo statuto del saggio: dobbiamo far sì che il risultato delle nostre azioni sia compatibile con un movimento riformatore su scala globale, al servizio della vivibilità del pianeta che, siamo tutti d’accordo, così non può andare avanti.
Slavoj Žižek – Problemi in paradiso. Il comunismo dopo la fine della storia
La caduta del Muro di Berlino venne descritta come la fine della Storia, la porta aperta verso un paradiso lastricato dal capitalismo. Ma che fine ha fatto questo paradiso? Lo vedete da qualche parte? La crisi globale produce da noi gli eterni precari, la tragica disoccupazione giovanile, la demolizione del welfare, la gigantesca evasione fiscale, la crescita di povertà e disuguaglianza; altrove, decine di guerre, centinaia di milioni di schiavi (letteralmente schiavi, più che in qualsiasi altro periodo dell’umanità) e miliardi di sfruttati. Slavoj Žižek, secondo molti il più influente filosofo al mondo, non ha dubbi: è arrivato il momento di svelare le menzogne del capitalismo e di lavorare per superarlo. Ma come? Esaminando le caratteristiche della globalità capitalista, le costrizioni ideologiche entro cui ci dibattiamo ogni giorno, le ben magre prospettive che la persistenza del sistema lascerebbe all’umanità; esplorando le potenzialità e le trappole delle nuove lotte d’emancipazione sparse per il mondo; sostenendo con forza che una fuoriuscita dal capitalismo si potrà avere solo attingendo all’ispirazione – storica e ideale – delle lotte comuniste, socialiste, comunitarie. È quanto fa in questo libro, immergendo nel fuoco dell’argomentazione materie così diverse come il Gangnam Style e Marx, la Thatcher e i film di Hollywood. Problemi in paradiso è dunque un’acuta (e godibile) analisi del mondo in cui viviamo e una felice prefigurazione di quello che – speriamo – verrà.