Un’amicizia nata nel cuore del travagliato XX secolo, ma anche la testimonianza di un’intelligenza “scomoda”, limpida e tagliente nei confronti di una civiltà in piena agonia, che non crede più in se stessa, avendo perso i propri punti di riferimento. Questi i contenuti del carteggio Cioran-Kraus, riflessione sull’avvenire di un’Europa vecchia e prostrata. Assieme al proprio declino fisico, registrato in modo spesso drammatico, lo scrittore romeno assiste attonito al lento suicidio di un Occidente incapace di darsi un futuro. Di fronte alla deriva della politica, all’imbarbarimento generalizzato e al progressivo crollo delle strutture che hanno retto la storia degli ultimi due secoli, il suo sguardo è tuttavia lucido e disincantato: “Essere attuali è, in fondo, una disfatta spirituale”.
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Emil Cioran – Lettere al culmine della disperazione (1930-1934)
Il volume raccoglie per la prima volta insieme le lettere di Cioran agli amici più cari nel momento della disperazione. Una disperazione vissuta nella frenetica attività della scrittura. Dal 1930 al 1934 il giovane Cioran si mostra e si ritrae misteriosamente nella lingua. In queste lettere è infatti ancora possibile osservare il processo di verità esposta sulla scena epistolare, e cogliere sul vivo l’attività performativa della parola. Redatte al tempo della composizione del suo primo libro, queste lettere non hanno solamente una valenza storica e documentaria, ma sono lettere appassionate, aggressive oppure tenere, in cui il discorso privato e lo scritto di circostanza si accompagnano al percorso di elaborazione filosofica e retorica, oltre che una ricerca di stile poetico. La posta in gioco per il Cioran di quegli anni è quella di scrivere al culmine della disperazione.
Emil Cioran – Confessioni e anatemi
«In tutti i libri dove il Frammento è sovrano, verità e ubbie si susseguono da un capo all’altro. Ma come distinguerle, come sapere che cosa è convincimento e che cosa è capriccio? Un’affermazione, frutto del momento, ne precede o ne segue un’altra che, compagna di tutta una vita, si eleva alla dignità di ossessione. Spetta dunque al lettore discernere, perché non di rado l’autore esita a pronunciarsi. In Confessioni e anatemi, sequela di perplessità, si troveranno interrogativi ma nessuna risposta. Del resto, quale risposta? Se ce ne fosse una la si conoscerebbe, con buona pace del devoto dello stupore».
Appare superfluo – se non irriguardoso – aggiungere qualcosa alle parole con cui lo stesso Cioran presentava, nel 1987, quello che sarebbe stato l’ultimo suo libro pubblicato in vita. Ma forse si può dire che questa raccolta di vibranti aforismi è il degno sigillo di un’opera unica: quintessenza di una spregiudicata metafisica e postrema fiammata di uno stile tanto imitato quanto inimitabile, in cui la perfetta levigatezza di un francese di rara eleganza traduce pensieri perfettamente appuntiti.
Emil Cioran – Taccuino di Talamanca
Scritto nell’estate del 1966 durante un soggiorno a Ibiza, sull’orlo di un abisso tutt’altro che metaforico, un quaderno di pagine roventi, tra le più intense e radicali mai vergate da Cioran.
Emil Cioran – Sulla Francia
Ritratto inedito della Francia scritto nel 1941 da Emil Cioran, filosofo, saggista e aforista tra i più importanti del XX secolo. Grande amante della Francia, l’autore romeno analizza con il suo stile inconfondibile le grandiosità e le meschinità di una nazione che lo affascina. Ne viene fuori un quadro al contempo feroce, lucido e pieno di ammirazione.
Emil Cioran – Mon cher ami. Lettere a Mario Andrea Rigoni
Nell’amore per Leopardi s’incontrarono negli anni Settanta Cioran, già riconosciuto in Francia e in Germania come uno dei massimi scrittori contemporanei, e il giovane studioso e scrittore Mario Andrea Rigoni. Ne nacque un’amicizia che avrebbe prodotto un importante evento: la traduzione dell’opera di Cioran in Italia non più in libri pressoché clandestini, ma nello splendore delle edizioni Adelphi per la cura dello stesso Rigoni. L’epistolario racconta questa grande occasione per la cultura italiana, mostrando tra l’altro il tono affettuoso e delicato in cui si stemperano, senza per questo perdere di mordente, i celebri aforismi cioraniani.
Benjamin Fondane – Falso Trattato di estetica. Saggio sulla crisi del reale
Apparso per la prima volta nel 1938 e rimasto per molto tempo inosservato, il Falso Trattato di estetica di Benjamin Fondane fu ripubblicato in Francia nel 1998, a cento anni dalla nascita dell’Autore. Non senza subire l’influsso del pensiero di Lev Šestov (che Fondane aveva conosciuto a Parigi nel 1924), quest’opera brillante e anticonformista intende reagire all’estetica istituzionale che, sottoponendo la poesia al controllo della ragione, la sradica dalla concreta e palpitante realtà dell’esistenza. Un progetto simile doveva inevitabilmente dare luogo a un trattato che suonava “falso” per più d’una ragione. Falso perché parlava della poesia come di un atto di forte partecipazione alla vita e ne proponeva una visione per l’appunto “falsa” dal punto di vista delle codificazioni ufficiali. Falso perché era scritto in uno stile che falsificava e vanificava tutte le aspettative della trattatistica convenzionale. Falso perché, attraverso un’innovativa esaltazione della poesia, mostrava che «il falso è ontologicamente piú ricco del vero». Traduzione dal francese di Luca Orlandini Prefazione di Olivier Salazar-Ferrer vice presidente dell’Association Benjamin Fondane
Saul Kripke – Wittgenstein su regole e linguaggio privato
Nel paragrafo 201 delle Ricerche filosofiche Wittgenstein dice: «Il nostro paradosso era questo: una regola non può determinare alcun modo d’agire, poiche qualsiasi modo d’agire può essere messo d’accordo con la regola» . Da tale paradosso, che costituisce forse il punto centrale delle Ricerche, ha origine una nuova forma di scetticismo, paragonabile solo allo scetticismo classico di Hume e ricco d’insospettate conseguenze per la filosofia della matematica, della logica e della psicologia. In questo saggio, straordinario per la concisa lucidità e la forza delle argomentazioni, Saul Kripke percorre in una prospettiva assolutamente originale il testo wittgensteiniano e propone una «soluzione scettica» del paradosso. Un esempio singolare di un confronto teoretico-filologico tra due grandi pensatori del nostro tempo.
Ludwig Wittgenstein – Conversazioni e ricordi
Che cos’è una «vita filosofica»? Nel caso di un filosofo come Wittgenstein, che in uno dei testi qui tradotti per la prima volta, dichiara di «volere essere perfetto», questa domanda acquista un’urgenza particolare. Il libro raccoglie alcune delle più importanti testimonianze di prima mano sull’uomo Wittgenstein: le conversazioni con Drury, i ricordi della sorella Hermine, dell’amica Fania Pascal, del critico letterario Leavis e dell’allievo John King. Non soltanto ascoltiamo, attraverso le attente trascrizioni di Drury, Wittgenstein che parla di Dostoevskij e Freud, di san Paolo e Lenin, di Brahms e Sant’Agostino, ma penetriamo di colpo nella sua intimità, come nel celebre episodio della «confessione» a Fania Pascal, in cui Wittgenstein confessa di aver tenuto nascoste le sue origini ebraiche e di aver picchiato una bambina, negando poi di averlo fatto. Mai come in queste pagine uno stile di pensiero si consegna integralmente in un gesto, in una battuta, in un’ossessione. «Più che un neopositivista… Wittgenstein appare quasi un evangelico esteta. Tanto che il suo pensiero, amato dagli artisti, è ormai quasi ignorato dal positivismo anglosassone». Pierluigi Panza, Corriere della Sera «Il ritratto è quello di un pensatore severo, sensibile, immune dalle banalità, che viveva in perenne agitazione e difendeva la propria vita privata fino al parossismo». la Repubblica
Ludwig Wittgenstein – Lettere 1911-1951
«Circa un mese fa di colpo mi sono sentito nello spirito giusto per fare filosofia. Ero assolutamente sicuro che non ne sarei mai più stato capace» scriveva Ludwig Wittgenstein a Norman Malcolm il 16 aprile 1951, pochi giorni prima di morire. Eppure, la passione filosofica non aveva mai smesso di accompagnarlo: lo testimonia in maniera eloquente questo volume, che attraverso un’ampia scelta della sua corrispondenza offre un vivido ritratto del filosofo, e permette insieme di ripercorrerne l’itinerario speculativo. Vi troveremo i tormenti del giovane Wittgenstein ancora indeciso se intraprendere la strada della filosofia; il senso di colpa per la sua condizione agiata e il tentativo di esorcizzarlo partendo per il fronte; l’irriverenza con cui si rivolge ad autorità come G.E. Moore o Bertrand Russell. Ma soprattutto le discussioni sulle teorie che avrebbero rivoluzionato la logica, affermandosi come tappe decisive di quel linguistic turn che ha caratterizzato l’avanguardia filosofica del secolo scorso; l’insoddisfazione per la teoria dei tipi di Russell, da cui nascerà la tesi dell’indefinibilità della forma logica che sta al centro del “Tractatus”. E ancora il volontario esilio dalla filosofia per ritirarsi a insegnare in sperdute scuole elementari della Bassa Austria, e la rinascita dell’interesse grazie alle discussioni con Frank Ramsey e Piero Sraffa; la preoccupazione per le sorti dei propri familiari nelle settimane successive all’Anschluss. E in questo intreccio di pensiero e vita vissuta, che ha come scenario principale il fecondo ambiente intellettuale di Cambridge, Wittgenstein si rivela forse più che altrove uno dei grandi del Novecento.