Luigi Einaudi – La guerra e l’unità europea

Nel 1918, quando infuriava ancora la guerra, Luigi Einaudi pubblicò sul «Corriere della Sera» un memorabile articolo per mettere in guardia i fautori della Società delle Nazioni che essa sarebbe stata non uno strumento di pace, come tutti pensavano, bensì un paravento dietro il quale potevano agire indisturbati i fautori della guerra. In poche pagine di rara chiarezza Einaudi aveva saputo andare alla radice del problema denunciando le vere cause della guerra e indicando nella federazione la sola via per costruire una pace duratura. Nessuno lo ascoltò, ma Einaudi mantenne fermo il suo punto di vista che trovò una tragica conferma nella corsa agli armamenti scatenatasi fra le due guerre e nello scoppio del secondo conflitto mondiale. Mentre l’Europa era devastata dagli eserciti di Hitler, Einaudi maturò la convinzione che, una volta cessate le ostilità, sarebbe stato necessario creare una Federazione europea per garantire la pace e la prosperità degli abitanti del vecchio continente.

Lo scoppio della bomba atomica lo indusse, a trent’anni di distanza, a riprendere il profetico articolo del 1918 concludendo il suo scritto «Chi vuole la pace?» con queste parole ammonitrici: «Quando noi dobbiamo distinguere gli amici dai nemici della pace, non fermiamoci alle professioni di fede, tanto più clamorose quanto più mendaci. Chiediamo invece: volete voi conservare la piena sovranità dello stato nel quale vivete? Se sì, costui è nemico acerrimo della pace. Siete invece decisi a dare il vostro voto, il vostro appoggio soltanto a chi prometta di dar opera alla trasmissione di una parte della sovranità nazionale ad un nuovo organo detto degli Stati Uniti d’Europa? Se la risposta è affermativa e se alle parole seguono i fatti, voi potrete veramente, ma allora soltanto, dirvi fautori della pace. Il resto è menzogna».

Giulio Ercolessi – L’Europa verso il suicidio

La dimensione europea determina ormai la nostra vita civile non meno di quella nazionale. Solo attraverso una vera unione federale noi europei potremo ancora contare qualcosa nel mondo globale e non essere interamente oggetto di decisioni altrui. Solo così anche l’Italia, per quanto pessimamente governata, potrà forse sfuggire alla bancarotta civile ed economica. Come europei cominciamo a essere riconosciuti dagli altri abitanti del mondo, eppure l’Europa non è divenuta un elemento decisivo della nostra identità civile. Il “deficit democratico” dell’Europa intergovernativa, le sue ricorrenti paralisi decisionali, il carattere astruso e privo di un comprensibile filo logico dei suoi trattati ne fanno il capro espiatorio di un populismo demagogico e autolesionista. Il senso comune riconosce all’integrazione europea la sola virtù, ritenuta ormai quasi una banalità, di aver fatto convivere e collaborare in pace e prosperità paesi e popoli che non avrebbero assolutamente nulla in comune. Ma la costruzione europea non può essere una confederazione fra alieni o una piccola Onu. Costringe invece a ripensare che cosa costituisca nel mondo globale la soggettività politica, fino a ieri impersonata dagli Stati-nazione.

Altiero Spinelli & Ernesto Rossi – Problemi della federazione europea

I presenti scritti sono stati concepiti e redatti nell’isola di Ventotene, negli anni 1941 e 1942. In quell’ambiente d’eccezione, fra le maglie di una rigidissima disciplina, attraverso un’informazione che con mille accorgimenti si cercava di rendere il più possibile completa, nella tristezza dell’inerzia forzata e nell’ansia della prossima liberazione, andava maturando in alcune menti un processo di ripensamento di tutti i problemi che avevano costituito il motivo stesso dell’azione compiuta e dell’atteggiamento preso nella lotta.

Domenico Losurdo – La Seconda Repubblica. Liberalismo, federalismo, postfascismo

cover0001L’ondata liberista odierna mira a liquidare i diritti economici e sociali sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dall’ONU nel 1948. Le nuove politiche economiche, a livello mondiale, sono impegnate a promuovere una sorta di redistribuzione del reddito a favore dei ceti più ricchi. Liberismo e secessionismo minacciano anche l’Italia e le sinistre sembrano svolgere un ruolo subalterno all’ideologia dominante.