Una frattura si allarga sempre di più. L’abbiamo ignorata, sottovalutata, creduta lontana, eppure da cinquant’anni si amplia e si ramifica, spalancando voragini tra i continenti, le nazioni e i cittadini stessi. È «the Divide», il divario economico tra ricchi e poveri del mondo: 4,3 miliardi di persone vivono con meno di 5 dollari al giorno mentre otto uomini posseggono la stessa ricchezza della metà più povera del pianeta.
Per decenni economisti, politici e agenzie per lo sviluppo ci hanno raccontato che l’origine del problema è di natura tecnica, legata a difficoltà interne dei paesi poveri, e che tutto potrebbe essere risolto se, con l’aiuto dell’Occidente, questi adottassero politiche e piani di intervento adeguati. Ci hanno detto che la povertà sarà sconfitta nel 2030. Non è così.
Jason Hickel ripercorre la storia dello squilibrio economico globale, smontando una dopo l’altra le bugie che ne hanno accompagnato la narrazione e mettendo in luce le responsabilità dei paesi ricchi: da Cristoforo Colombo e dalla nascita del colonialismo al discorso di insediamento del presidente Truman nel 1949, quando nacque la retorica degli aiuti ai paesi «sottosviluppati»; dagli interventi militari per impedire la costituzione di modelli economici alternativi, come nel Cile di Allende, all’istigazione al debito portata avanti dalle banche occidentali.
Ma The Divide non è solo un regolamento di conti col passato. È un libro che apre spiragli per il domani, presentando soluzioni rivoluzionarie ai problemi della disuguaglianza: democratizzazione dei principali organi internazionali di governance come l’Organizzazione mondiale del commercio e il Fondo monetario internazionale, istituzione di un salario minimo globale, ripensamento del valore attribuito al Pil, investimenti sostanziali nell’agricoltura rigenerativa. Come afferma lo stesso Hickel: «Una volta che la gente inizierà a rifiutare la storia unica dello sviluppo, il futuro sarà fertile e ricco di possibilità»
Archivi tag: Economia
Mario Pianta e Maurizio Franzini – Disuguaglianze: Quante sono, come combatterle
Jason W. Moore – Antropocene o capitalocene? Scenari di ecologia-mondo nella crisi planetaria
Dani Rodrik – Dirla tutta sul mercato globale. Idee per un’economia mondiale assennata
Lo Stato-nazione sembrava essere condannato all’irrilevanza grazie alla globalizzazione e alla tecnologia. Ora è tornato, spinto da un coro populista mondiale. Rodrik, da sempre schietto critico di una globalizzazione economica andata troppo oltre, va al di là della reazione negativa populista e offre una spiegazione ragionata dei motivi per cui l’ossessione delle élite tecnocratiche per l’iperglobalizzazione abbia reso piú difficili per gli Stati-nazione ottenere obiettivi economici e sociali legittimi a casa propria: prosperità economica, stabilità finanziaria ed equità. Egli rimprovera i globalisti per aver messo in pratica pessime scelte di politica economica, ignorando le sfumature dell’economia, che avrebbero dovuto indurre a piú cautela. Rodrik rivendica la necessità di un’economia mondiale pluralista, dove gli Stati-nazione possiedano un’autonomia sufficiente per formare i propri contratti sociali sviluppando strategie economiche pensate per i propri bisogni. Invece di invocare la chiusura delle frontiere o il protezionismo Rodrik ci mostra come ristabilire un equilibrio accorto tra una governance nazionale e una globale.
Gianfranco Viesti – Verso la secessione dei ricchi. Autonomie regionali e unità nazionale
Si sente dire che Veneto e Lombardia vogliono l’autonomia regionale differenziata. Ma pochissimi italiani sanno di che cosa si tratta effettivamente: anche perché se ne parla poco, e in modo volutamente molto vago. Questo breve saggio racconta le origini di questo processo, le richieste regionali e le loro possibili implicazioni. Mostra così che non si tratta di una piccola questione amministrativa, che riguarda solo i cittadini di quelle regioni, ma di una grande questione politica, che riguarda tutti gli italiani. Che può portare ad una vera e propria “secessione dei ricchi”; spezzettare la scuola pubblica italiana; creare cittadini con diritti di cittadinanza di serie A e di serie B a seconda della regione in cui vivono.
Marcello De Cecco – Ma cos’è questa crisi. L’Italia, l’Europa e la seconda globalizzazione (2007-2013)
Sergio Cesaratto – Chi non rispetta le regole?
Se la Maastricht 2.0 consisterà delle proposte scriteriate sinora discusse, la Storia non attribuirà certamente la responsabilità della fine dell’euro ai movimenti populisti e a quattro economisti che li sobillano, ma alla cecità dell’establishment europeo. L’Europa si accinge in questi mesi alla revisione delle proprie discusse istituzioni di governance economica, una sorta di Maastricht 2.0. Le attese per l’Italia non sono positive: la Germania sostiene che le regole vadano riviste non perché non hanno funzionato, ma perché non sono state rispettate, proponendo l’irrigidimento dei vincoli di bilancio e relegandone il controllo ai tecnocrati e all’arbitrio dei mercati.
Ma siamo davvero noi italiani ad avere violato le regole della moneta unica, o l’hanno invece fatto i nostri fustigatori tedeschi? Vi sono delle “regole del gioco”, ben note all’analisi economica, che rendono un’area monetaria sostenibile. Ispirate da precetti monetaristi, le regole nei fatti adottate nell’Eurozona sono invece altre, e sono quelle che la Germania ha ritenuto più confacenti al proprio modello mercantilista. Come potrà il rafforzamento di regole sbagliate consolidare l‘euro e non, invece, destabilizzarlo? Quali veti e quali proposte dovrebbe mettere sul tavolo il governo italiano? E da ultimo, un’altra Europa è possibile?
Sergio Cesaratto, ben noto economista dell’Università di Siena, ripercorre le ragioni storico-politiche che hanno portato l’Italia a sostenere la moneta unica come sostituto di un patto sociale interno volto a regolare il conflitto distributivo, accettando così regole del gioco esterne basate su principi antidemocratici, vantaggiose per gli altri, lesive per la nostra crescita. L’illustrazione delle proposte di riforma tedesche mostra la continuità con gli errori che hanno prodotto la crisi finanziaria e accentuato le asimmetrie europee.
L’autore ha cercato di spiegarlo al pubblico tedesco in una conferenza tenuta a Friburgo, città-simbolo del discorso politico-economico “ordoliberista” dominante in Germania, considerato un “universo parallelo” nel resto del mondo. La questione, però, è di farlo capire agli italiani, in particolare a quella parte della classe dirigente che ancora prende per populismo le critiche all’Europa condivise dai migliori economisti internazionali. È quello che si propone di fare in modo chiaro attraverso questo agile e pungente volume.
Alain Deneault – Governance. Il management totalitario
Vittorio Valli – L’Europa e l’economia mondiale. Trasformazioni e prospettive
La seconda metà del XX secolo ha visto il consolidamento dell’egemonia economica degli Stati Uniti; lo smembramento degli imperi coloniali e il processo di decolonizzazione; l’impetuosa ascesa economica relativa dei paesi dell’Asia orientale; la lenta e difficile costruzione dell’Unione europea; la crescita e poi il collasso dei regimi comunisti dell’Unione Sovietica e dell’Europa orientale; l’inizio del difficile periodo della transizione, nonché l’avvio nel mondo del tormentato processo di globalizzazione economica e finanziaria. Il volume presenta un’analisi chiara e documentata delle trasformazioni dell’economia mondiale, offrendo una visione d’insieme di questi grandi cambiamenti. Una trattazione più dettagliata viene dedicata ai mutamenti economici successivi alla seconda guerra mondiale, ma anche ai processi di globalizzazione e di integrazione europea e alle dinamiche economiche degli Stati Uniti e del Giappone, dell’Italia, delle altre maggiori economie europee e di alcuni paesi mergenti del sud del mondo, quali la Cina, l’India, l’Indonesia, la Corea del Sud, il Brasile e il Messico.
Lucio Bianco, Paolo D’Anselmi – Il vantaggio dell’attaccante. Ricerca e innovazione nel futuro del Belpaese
«La capacità di competere delle nostre aziende dovrà fondarsi sempre più su innovazione e qualità dei prodotti. Occorre saper fare cose nuove o fare in modo nuovo cose tradizionali. E soprattutto occorre sfruttare il “vantaggio dell’attaccante”: vedere cosa fanno i migliori, per copiarne politiche e management. Prima di inventare cose nuove, conviene cercare di seguire gli altri con saggezza». In tempi di crisi economica, la discussione sulla ricerca scientifica langue. Eppure niente come la ricerca può rilanciare l’economia sul lungo periodo, conseguendo un miglioramento strutturale e duraturo: il modello dello «sviluppo senza ricerca», su cui si è basato prevalentemente il nostro paese nel passato, ha perso ormai validità. È su questi temi che riflette Lucio Bianco, insieme a Paolo D’Anselmi, con uno sguardo focalizzato sul contesto attuale della ricerca in Italia e nel mondo, attraverso un confronto dettagliato con alcuni paesi che è bene tenere sotto osservazione: questi costituiscono modelli vincenti, da seguire e fare nostri, tenendo conto non solo delle debolezze, ma anche dei tanti punti di forza di cui disponiamo. Ne emerge un quadro sorprendente, che ribalta diversi luoghi comuni – tra tutti quello della cosiddetta «fuga dei cervelli», che si rivela fenomeno mediatico più che specchio veritiero della situazione italiana – e consente di cogliere gli elementi da salvare e quelli su cui intervenire. Dall’analisi scaturisce una serie di proposte operative, anche eterodosse, rivolte alla politica e alla stessa comunità scientifica.