L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti sembra aver colto di sorpresa studiosi e osservatori: per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, a vincere le elezioni è un candidato che declina il suo messaggio facendo leva su populismo, nazionalismo e isolazionismo.In un contesto internazionale di globalizzazione e interdipendenza, l’eventuale ripiegamento su se stessi degli Stati Uniti rischia di aprire prospettive inedite, tanto sul piano politico quanto su quello economico-commerciale.Cosa ci aspetta? Che ne sarà dell’eredità di Obama in settori quali la sanità, i diritti civili, la politica economica? Quale l’impatto sulle relazioni tra Stati Uniti, Europa e Russia? Come si muoveranno gli USA nel complicato puzzle mediorientale, tra Siria, Israele, Arabia Saudita e Iran? Dopo le dure dichiarazioni fatte in campagna elettorale nei confronti della Cina e la promessa di costruire un muro al confine con il Messico, cosa succederà in Asia e in America Latina? Infine, cosa ne sarà dei trattati commerciali o dello storico accordo sul clima di Parigi?Le analisi contenute nel presente volume si propongono di rispondere a questi interrogativi, delineando i possibili scenari sull’evoluzione della leadership americana nel mondo e sulle conseguenti implicazioni per i più importanti contesti geopolitici.
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Mattia Ferraresi – La febbre di Trump
Costruttore, finanziatore di partiti, artista del negoziato, signore di casinò e concorsi di bellezza, intrattenitore, politico per esigenze di business più che per indole, pater familias di una genia mondana: Donald Trump è un personaggio dai mille volti, da quarant’anni alla ribalta. Il passaggio da celebrità d’avanspettacolo alla più ampia scena politica mondiale impone oggi di fermarsi per comprenderne la natura profonda. Mattia Ferraresi, corrispondente per «Il Foglio» dagli Stati Uniti, fornisce in questo libro alcune coordinate: gli inizi da figlio scapestrato di un clan di palazzinari, la conquista di Manhattan, il bisogno di legittimazione; l’emergere della visione politica: nazionalista in un mondo cosmopolita, populista che accarezza il sogno di un ritorno a un conservatorismo leggendario. Infine il ruolo di candidato-tuttofare: autore, regista e spin doctor di se stesso, multiforme animale da palcoscenico che parla una lingua ipersemplificata, a misura di tweet. «Rintracciare le origini della forma mentis nostalgica e della vaghezza politica di Trump – scrive Ferraresi – permette di capire che non è un fenomeno avulso dal contesto: la sua figura, il suo credo contraddittorio, il linguaggio hanno una loro dimensione nella storia della democrazia americana che va rinvenuta nel passato e messa a confronto con le incertezze dell’oggi. Trump parla a un’America ferita, un paese che soffre di patologie non riconducibili a meri fattori economici».