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Jean-Didier Vincent – Qualche breve lezione sul cervello
Jean-Didier Vincent, il fisiologo francese racconta la storia delle scoperte sul cervello – da Cartesio fino a oggi -. Le scoperte importanti su questo organo fondamentale quanto il cuore per la sopravvivenza e la vita in generale sono state molto tardive perché il cervello, a differenza di altri organi, non rivela nulla all’esame autoptico: ha bisogno di essere letto con microscopi, di essere indagato con risonanze magnetiche e Tac. È per questo che le grandi scoperte sono avvenute negli ultimi 50 anni. Questo libro racconta il percorso scientifico di indagine a partire dalle origini e a che punto siamo arrivati. Uno strumento semplice e fondamentale negli anni più “mentali” di tutta la storia dell’uomo.
Frigyes Karinthy – Viaggio intorno al mio cranio
Il fragore assordante di un treno di passaggio sorprende Frigyes Karinthy mentre, seduto al suo tavolo preferito in un elegante caffè di Budapest, è assorto nei propri pensieri. Ma non ci sono stazioni e non passano treni, nel centro della città. Il boato è in realtà una potente allucinazione. Dopo aver consultato specialisti di ogni tipo, lo scrittore scopre di avere un tumore al cervello e che un intervento chirurgico è la sua unica possibilità di sopravvivenza. È il 1936 e la neurochirurgia è in una fase pionieristica, ma di forte sviluppo. Karinthy va a Stoccolma e si affida alle mani di Olivecrona, allievo del grande Harvey Cushing. Il suo racconto dell’operazione, subita da sveglio, è – oltre che la prima testimonianza storica di questo tipo – un autentico capolavoro letterario: Karinthy flirta divertito con il presentimento della morte e trasforma il proprio viaggio negli abissi della malattia in una brillante esplorazione della natura umana. Completa il volume il racconto Catene, inedito in Italia, in cui l’autore ungherese delinea per la prima volta la celeberrima teoria dei sei gradi di separazione. Postfazione di Oliver Sacks
Maryanne Wolf – Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge
Non siamo nati per leggere, ma siamo dotati di un cervello straordinariamente plastico. Così apprendiamo dalla storia e dalla scienza del cervello che legge, raccontate da Maryanne Wolf in questo saggio, dove si intrecciano riferimenti a discipline diverse quali neuroscienza, linguistica, psicologia, storia e pedagogia. La lettura, mostra la Wolf, non è un’attitudine naturale dell’uomo, ma una sua invenzione, forse la più geniale, che risale a 6000 anni fa in Mesopotamia, con la scrittura cuneiforme dei Sumeri. Ottimo esempio di architettura aperta, per imparare a leggere, il cervello umano ha dovuto, e ancora oggi ogni volta deve daccapo, creare sofisticati collegamenti tra strutture e circuiti neuronali in origine preposti ad altri più basilari processi, come la vista e la lingua parlata. Ma oggi, con l’avvento della cultura digitale e il suo privilegiare l’immagine rispetto alla scrittura, ci troviamo, come 6000 anni fa, nel mezzo di una transizione di portata epocale, un cambiamento di paradigma che sta riorganizzando secondo nuovi parametri il cervello delle nuove generazioni, i nativi digitali. Questo passaggio di civiltà fa sorgere domande inedite: quali perdite e guadagni riserva il domani ai tanti giovani che hanno in larga misura sostituito al libro la cultura di internet? La rapida presentazione di un contenuto informativo digitale può pregiudicare il decantarsi di un sapere più profondo, che necessita di tempi più lunghi?
Consiglio ispirato da jgcarb.