La prima globalizzazione, nella seconda metà dell’Ottocento, fu accompagnata, e in un certo senso guidata, da un’ élite internazionale ristretta e potente, artefice di un nuovo sistema economico. Fu questa élite a disegnare il reticolo di scambi, prestiti e transazioni internazionali della nuova geografia economica del mondo. A propria capitale eresse la più grande metropoli di allora, Londra, sede di due imperi: quello diplomatico-militare vittoriano e quello informale, dai confini mobili, della finanza. I merchant bankers londinesi furono un’aristocrazia atipica, che intrecciava il potere del denaro con quello delle relazioni istituzionali e sociali. I suoi esponenti sedevano nel direttorio della Banca d’Inghilterra come nella Camera dei Lord, ricoprivano incarichi di governo e animavano la mondanità più esclusiva. Avevano soprattutto un’enorme coscienza di sé e della propria funzione, e una grande solidarietà di gruppo e di ceto.In questo libro si racconta l’ascesa di tale élite imperiale, capitalistica e aristocratica insieme, e se ne descrivono il profilo sociale e la cultura operativa. Si parte dalla scoperta della globalizzazione, sulla base di fonti anche letterarie e artistiche, si analizzano poi da una parte la diffusione di speculazione e gioco di Borsa e dall’altra la concentrazione in poche mani di un colossale potere economico e politico. Ciò fu possibile all’élite finanziaria perché, pur professando i principi di un’assoluta libertà economica, il suo liberismo era tutt’altro che espressione delle forze spontanee del mercato. I finanzieri internazionali si erano dati tacite ma stringenti regole comportamentali che delimitavano lo spazio tanto della concorrenza quanto della cooperazione. L’epoca in cui la globalizzazione si delineò non fu affatto un periodo di anarchia economica, bensì di regolazione dell’economia, sebbene su basi rigorosamente privatistiche. E forse è questa la differenza più profonda rispetto alla globalizzazione del nostro tempo, che ha sottratto la dinamica della finanza a ogni regola.
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Mariana Mazzucato – Lo Stato innovatore
Chi è l’imprenditore più audace, l’innovatore più prolifico? Chi finanzia la ricerca che produce le tecnologie più rivoluzionarie? Qual è il motore dinamico di settori come la green economy, le telecomunicazioni, le nanotecnologie, la farmaceutica? Lo Stato. È lo Stato, nelle economie più avanzate, a farsi carico del rischio d’investimento iniziale all’origine delle nuove tecnologie. È lo Stato, attraverso fondi decentralizzati, a finanziare ampiamente lo sviluppo di nuovi prodotti fino alla commercializzazione. E ancora: è lo Stato il creatore di tecnologie rivoluzionarie come quelle che rendono l’iPhone così ‘smart’: internet, touch screen e gps. Ed è lo Stato a giocare il ruolo più importante nel finanziare la rivoluzione verde delle energie alternative. Ma se lo Stato è il maggior innovatore, perché allora tutti i profitti provenienti da un rischio collettivo finiscono ai privati?
Salvatore Rossi – Processo alla finanza
Dopo che il mondo intero è stato colpito da una gravissima crisi i cui postumi sono ancora ben visibili, si sono levate alte voci, sia dalla gente comune sia da insigni intellettuali, a esecrare il mostro finanziario e l’impotenza dei popoli verso di esso. È una caccia alle streghe? Oppure è sacrosanta indignazione contro autentici soprusi? Per capirlo occorre una seria riflessione. Anzi, occorre istruire un vero e proprio processo, con tutte le garanzie procedurali, in cui si dia equamente la parola all’accusa e alla difesa. I passi consisteranno nella identificazione dell’imputato, poi nella esposizione dei capi d’accusa, dei fatti, degli argomenti dell’accusa e della difesa. Seguiranno riflessioni che cercheranno di sceverare le buone ragioni dalle cattive, lasciando ai lettori – i giudici in questo processo – il compito di formarsi il proprio verdetto finale.
Francesco Vella – Capitalismo e finanza. Il futuro tra rischio e fiducia
Per comprendere pienamente la crisi finanziaria di fine decennio contano tanto le emozioni quanto i modelli matematici. Ma soprattutto occorre recepire un dato fondamentale: per ricostruire la fiducia e arginare il rischio dall’azzardo bisogna muoversi su un terreno molto più ampio della finanza. Ce lo mostra bene questo volume che narra, attingendo alle più diverse fonti – reports ufficiali, indagini empiriche, romanzi, biografie, interviste, blog -, le vicende che hanno condotto il mondo sull’orlo del collasso. Il nuovo ordine nel campo della finanza rappresenta di fatto un laboratorio di idee al crocevia fra diritto, economia e psicologia le cui proposte e soluzioni saranno utili non solo per la sfera degli affari e della finanza e per la sua democratizzazione, ma anche per la collettività intera e per il capitalismo di nuova generazione, che non potrà più essere “come prima”.
Carlo Formenti – Utopie letali
Alla parola utopia siamo soliti associare significati positivi: sogni, desideri, speranze in un mondo migliore. Ma a volte le utopie producono effetti imprevedibili, se non catastrofici. In tempi recenti questo rischio è stato evocato soprattutto da destra, per esorcizzare il ritorno dell’indomabile spettro del comunismo. Ma altre sono le “utopie letali” con cui polemizza questo libro: si tratta di quelle di una sinistra “movimentista” che – abbandonata la via dell’antagonismo di classe – ha sostituito le velleità rivoluzionarie con il sogno di un crollo indolore del capitalismo, provocato da improbabili mutazioni della psicologia individuale, lunghe marce dei diritti, terze vie “oltre il pubblico e il privato”, ecc. Un racconto che usa una neolingua in cui regna il prefisso post – postmoderno, postfordista, postmateriale, postideologico, ecc. – e che rispecchia quegli stessi valori liberali che dice di combattere.
Carlo Formenti – Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro
Molti guru giurano che il capitalismo sta per lasciare il campo a un nuovo modo di produrre, a una societ in cui mezzi di produzione e chance di arricchimento saranno ampiamente ridistribuiti, mentre levecchie gerarchie lasceranno il campo ai network orizzontali di produttori-consumatori. Ma se osserviamo la realt vediamo un altro panorama: crollo dei redditi e dei livelli occupazionali di classi medie e lavoratori della conoscenza, concentrazioni monopolistiche, inasprimento delle leggi sulla propriet intellettuale, balcanizzazione del Web – ridotto a un arcipelago di riserve di caccia aziendali. LŐautore presenta una tesi radicale: Internet non ha ammorbidito il capitalismo; ne ha al contrario esaltato la capacit di cavalcare lŐinnovazione per sfruttare la creativit e il lavoro umani. Per i (falsi) profeti della rivoluzione digitale lŐobiettivo allevare una generazione di lavoratori della conoscenza flessibili, disciplinati e convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili. Felici e sfruttati. Con lŐavallo anche di una sinistra che teme di prestare il fianco ad accuse di nostalgie classiste.
Zygmunt Bauman – Capitalismo parassitario [Epub – Mobi]
“Nella modernità liquida raramente una cosa mantiene la sua forma abbastanza a lungo da ispirare fiducia e da solidificarsi in affidabilità. Camminare è meglio che rimanere seduti, correre è meglio di camminare e fare surf è ancor meglio di correre”. La tempesta perfetta provocata dall’attuale tsunami finanziario si è abbattuta sulla società liquida di consumatori che aspettava soltanto una nuova onda su cui “surfare”. Ad andare in pezzi è l’utopia dominante di questi anni, quella che vedeva il dominio di un mercato capace di autoregolarsi, in cui esisteva soltanto un contatto armonioso tra chi vende merci e chi le acquista. Una fede che assegnava al credito al consumo un ruolo “magico”, finanziando tutti senza alcuna precauzione, declassando lo Stato semplicemente a garante della fluidità di questo scambio. Lo stesso è avvenuto per la cultura il cui slogan è diventato “massimo impatto e obsolescenza immediata”: le idee si sono trasformate in merci da accatastare sugli scaffali di un supermercato globale dove devono attrarre l’attenzione dei consumatori immediatamente ed essere sostituite in pochissimo tempo. Nella fase “solida” della modernità un sistema culturale doveva offrire norme rigide e narrazioni coerenti alle quali conformarsi, nei nostri tempi liquidi, all’opposto, suggestioni ed emozioni che seducono e non implicano obblighi e responsabilità.
Slavoj Žižek – Dalla tragedia alla farsa. Ideologia della crisi e superamento del capitalismo [Epub – Mobi]
Per stabilizzare la finanza internazionale, dopo la crisi che ne ha travolto il folle equilibrio, biliardi di dollari sono stati praticamente regalati dai governi alle istituzioni bancarie di tutto il mondo. Perché non è stato mai possibile mobilitare risorse anche solo lontanamente comparabili per affrontare la drammatica piaga della povertà e la rovinosa crisi ecologica? In queste pagine, Slavoj Zizek tratteggia il fallimento morale della modernità nei termini dei due eventi che hanno aperto e chiuso gli anni Zero, il micidiale uno-due della nostra Storia, il diritto della tragedia, il gancio della farsa. Con l’11 settembre 2001 e il credit crunch globale il liberismo è morto infatti due volte: come dottrina politica e come dottrina economica. Zizek smonta l’ingranaggio dell’ideologia liberista individuandone il nucleo utopico e perverso, che ne ha determinato la crisi. E per combattere l’irrazionalità del capitalismo globale, Zizek ritiene necessario imparare dai fallimenti della sinistra novecentesca: solo così si potrà formulare una nuova ipotesi di emancipazione dell’umanità, un’ipotesi che – in un senso, come leggerete, molto speciale – il “gigante di Lubiana” non esita a ri-definire comunista.
Paolo Gila – Capitalesimo. Il ritorno del Feudalesimo nell’economia mondiale [Epub – Mobi]
Il capitalismo è come un aereo entrato in un vuoto d’aria. Le sue ali hanno perso portanza e non si trova un sistema per tenere in volo l’apparecchio. In quindici anni, con il il tracollo delle borse asiatiche del 1998, lo scoppio della bolla della new economy del 2001 e la crisi dei mutui sub-prime del 2008, sembra proprio che il sistema economico globale sia stato messo in ginocchio. Ma quello che è successo è forse ancora più grave: il capitalismo non è finito, si sta trasformando in qualcosa di diverso, che ricorda da vicino l’avvento del Feudalesimo dopo il collasso del mondo antico. Il capitalismo sta diventando “Capitalesimo”, un sistema capillare e inesorabile di controllo assoluto su un territorio frammentato, una sorta di Sacro Romano Impero della finanza, coi suoi feudatari sempre più potenti, i suoi marchesi, i suoi baroni, i vassalli, i valvassori e la sua plebe sterminata, sempre più povera. La reale ricchezza prodotta da tutte le nazioni e pari a circa 70000 miliardi di dollari, ma l’ingegneria finanziaria ha creato ad arte un valore virtuale di scambi che vale trenta volte tanto. Siamo immersi in un’immensa contraffazione, ormai strutturale, che è la vera causa del vuoto d’aria dell’aereo del capitalismo, ma che viene difesa e gestita con pugno di ferro dai nuovi Signori della Terra, coloro che hanno i mezzi e le conoscenze per sfruttarla a proprio vantaggio.
Werner Sombart – Il capitalismo moderno. Edizione Utet [Epub]
Economista e sociologo Sombart è stato capocorrente della nuova scuola storica del suo Paese, la Germania, e uno dei maggiori autori europei del primo quarto del 1900. Nel 1902 ha pubblicato in sei volumi la sua opera maggiore, Il Capitalismo Moderno, nella quale per primo, ha coniato e usato il termine capitalismo. Una storia sistematica dell’economia e dello sviluppo economico che ancora oggi resta un punto di riferimento in questo ambito del sapere.