In tempi di antipolitica e populismo la sensazione che le classi dirigenti commettano crimini e utilizzino il loro potere a fini antisociali è molto diffusa. In realtà, la disciplina che si occupa specificamente di questo tipo di comportamenti, la criminologia, si è molto poco occupata della questione. Per molti criminologi, i reati si spiegano con la debolezza dei legami sociali, con una situazione di vita svantaggiata, con fattori di devianza e isolamento: ma se così è, come mai coloro che fanno parte di gruppi sociali forti e stabiliti come le élite, che possono contare su ampia disponibilità di mezzi e capitali, che stanno in cima alla piramide sociale possono arrivare a infrangere la legge? Altre discipline e altre forme di conoscenza hanno molto da dire a questo riguardo, e per questo Vincenzo Ruggiero allarga il suo sguardo dalla criminologia a un vero e proprio ventaglio disciplinare, che comprende scienza politica, economia, filosofia e letteratura. In questo modo, Ruggiero mette a fuoco le molteplici caratteristiche del potere criminale: la sua capacità anfibia di stare contemporaneamente dentro e fuori la legge, la sua forza ideologica, che è in grado di piegare il pensiero etico e filosofico alle proprie necessità di giustificazione, la sua natura ambigua, per cui spesso non è chiaro se il problema non sia tanto quello di distinguere un uso criminale del potere da uno benefico, quanto di vigilare su ogni esercizio di potere, da parte di chiunque. Un libro di grande coraggio intellettuale, che cerca di colmare una lacuna del pensiero criminologico per parlare di un problema scottante e sempre di grande attualità.
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Vincenzo Ruggiero – I crimini dell’economia. Una lettura criminologica del pensiero economico
Spesso gli economisti hanno visitato il campo della criminologia, allo scopo di comprendere la logica razionale che si nasconde dietro i reati. Quando gli economisti esaminano l’attività criminale danno per scontato che i rei vadano trattati come qualunque altro attore sociale che compia scelte razionali. In I crimini dell’economia, Vincenzo Ruggiero restituisce la visita, passando in rassegna una varietà di scuole del pensiero economico classico secondo una prospettiva criminologica. Ciascuna di queste scuole, secondo lui, giustifica quando non incoraggia i delitti che sono il risultato dell’iniziativa economica. Ruggiero analizza, tra gli altri, John Locke e la sua nozione di proprietà privata, il mercantilismo, i fisiocrati e Malthus, nonché le argomentazioni di David Ricardo, Adam Smith, Alfred Marshall, John Maynard Keynes e del neoliberismo. In ciascuno di questi quadri teorici rintraccia la potenziale giustificazione di differenti forme di “crimini dell’economia”. Il libro, che si rivolge a chiunque si interessi di teoria sociale, di criminologia, di economia, di filosofia e di politica, compie un vero e proprio riesame della storia del pensiero economico, considerandolo alla stregua di una disciplina che, mentre si sforza di guadagnarsi la reputazione di scienza, in realtà mira a rendere accettabile la sofferenza sociale che produce.