La fornace (Das Kalkwerk), il romanzo scritto da Thomas Bernhard nel 1970, ha l’avvio del tipico «giallo di Natale», o di uno di quei romanzi foschi piu consueti alla letteratura anglosassone: nella notte della vigilia di Natale un’anziana signora paralitica viene trovata uccisa da un colpo di carabina. Subito dopo, però, la polizia scopre il marito Konrad tutto infreddolito in una lurida fossa, ed è lui il reo, confesso. Così il romanzo si avvia immediatamente verso la narrazione degli antecedenti e dei motivi remoti ed estesi nel tempo del gesto di Konrad. Konrad stesso, protagonista in prima e in terza persona, voce monologante-dialogante con i filtri abituali della narrativa di Bernhard, espone la storia del proprio ménage coniugale in quella vecchia fornace solo vagamente riattata e da lui stesso prescelta, dopo alti e bassi sempre piu sfortunati, per poter scrivere l’opera della sua vita, un saggio sull’udito, «il più filosofico dei nostri sensi», che da tempo ha «bell’e pronto nella testa» ma che finirà per non scrivere mai, come mai scriverà il suo libro su Mendelssohn il protagonista dell’altro romanzo di Bernhard, Beton. L’universo concentrazionario dei due coniugi, costretti dall’imbarazzo fisico e psichico a convivere con le loro inutili e logoranti manie in quel monastero-carcere dalle enormi stanze vuote, con soffitte piene di cianfrusaglie e cantine cavernose ove si conserva il sidro caro alla Konrad, si dipana nella confessione dell’uomo con le minuzie di una sequela di giorni fatta di avvenimenti pesanti e impercettibili, di ripicche e torture reciproche, di ossessioni sadiche e soffocanti. Il discorso si snoda nei modi e toni della quotidianità e dei rovelli rancorosi, compressi, in un ordine narrativo sparso che risponde solo a ragioni interiori. Il fraseggiare protratto, le clausole ripetitive, la semplicità dei vocaboli, i ritorni, le riprese, pur seducono irresistibilmente la lettura, spenti come sono ma ricchi d’improvvisi squarci lirici o comici, cupamente tragici nella loro normalità o accesi nella loro totale follia. Questo mondo impoetico fino all’ottusità muove pure da un’ispirazione fortissima, delineando con un’incontenibile vena musicale una metafora dei temi esistenziali, un’interpretazione drammatica e ironica dell’opacità del nostro tempo.