Non è affatto strano se due sacerdoti cattolici che vivono in un paese a dominanza protestante fanno amicizia, specie se a legarli sono anche interessi artistico-intellettuali e se uno di loro – che si picca di essere un musicista di vaglia – suona ben volentieri le sue composizioni per intrattenere l’amico nelle lunghe e freddissime serate invernali. Ed è altrettanto comprensibile che i due accolgano a braccia aperte nel loro minuscolo cenacolo culturale un correligionario straniero, uno schivo studioso francese che, a quanto pare, desidera soltanto essere lasciato in pace, a scrivere. Quando poi, dopo dieci anni di frequentazione, lo straniero parte per un paese lontano, farlo ritrarre per ricordarne l’aspetto è il gesto più spontaneo e affettuoso che ci si possa attendere da un rattristato amico. Semplice. Chiaro e distinto, anzi. Perché, se l’innocua vicenda si svolge in Olanda alla metà del Seicento, lo straniero può facilmente chiamarsi René Descartes e il pittore a disposizione rischia di essere Frans Hals… Con la consueta amabilità, Steven Nadler ci guida questa volta in un insolito viaggio filosofico-culturale attraverso un periodo cruciale per la storia del pensiero, quanto straordinario per la fioritura artistica. Quadri celebri e celebri trattati – le Meditazioni metafisiche, le Passioni dell’anima, i Principi della filosofia – vedono la luce e si mescolano sullo sfondo del Secolo d’oro olandese, tra polemiche teologiche, gare musicali e la vicenda di un piccolo, controverso, ritratto…
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Steven Nadler – Un libro forgiato all’inferno. Lo scandaloso «Trattato» di Spinoza e la nascita del secolarismo [Epub – Mobi]
Furono i roghi, ad accendere i Lumi. Nello splendore come nella ferocia, il Gran secolo, che tanto amò il paradosso, fu inarrivabilmente paradossale: la meraviglia barocca convisse con il rigorismo formale, l’impulso ascetico con la dissimulazione più o meno onesta, il libero pensiero con un dogmatismo occhiuto e vendicativo. Solo il Seicento avrebbe potuto generare tutte le grandi idee che alimentarono la modernità, e solo il Seicento avrebbe potuto cercare con tanta pertinacia di distruggerle appena nate. Senza riuscirci, certo, e anzi stimolandole, quasi in virtù di quella “reazione uguale e contraria” teorizzata – non a caso proprio in quegli anni – da Newton. Ci fu chi pagò con la vita, con il carcere, con l’infamia e il bando le proprie tesi; ma le difese. E le affidò ai libri, che a loro volta patirono la confisca, la clandestinità, il rogo; ma sopravvissero. Perché le idee non bruciano, anche se possono accendere le menti e provocare rivoluzioni. Ed è proprio di quelle idee e di quei libri cosi travagliatamente giunti fino a noi – che forse non li leggiamo nemmeno più – che siamo gli eredi. Questo nuovo, volume di Steven Nadler è appunto la storia di un libro sulfureo e dannato, il “Trattato teologico-politico”; del suo autore, pessimo ebreo, mediocre mercante, buon tagliatore di lenti, immenso filosofo; del suo funambolico stampatore, cui certo non difettava l’ingegno.
Release a cura di U.s.A.