«Miniaturista per eccellenza, sensibile, attento e nel contempo spiritoso, Walser riesce a comporre in modo assolutamente disinvolto e involontario gioielli di prosa perfetti, ciascuno dei quali possiede la rotondità e la purezza di una poesia». Così scriveva Stefan Zweig, e il suo giudizio non potrà che essere condiviso dal lettore di “Storie che danno da pensare”, raccolta di prose – divagazioni letterarie, bozzetti, apologhi – composte tra il 1906 e il 1912, durante il «periodo berlinese». Sono pagine dense e leggere al tempo stesso, in cui qualsiasi oggetto d’osservazione, per un istante, può apparire sotto una luce di rara intensità: dall’”Arlesiana” di van Gogh alle ballerine russe, dall’ingresso dei pantaloni nella moda femminile alla cucina. Walser ci parla della natura onirica del teatro, e anche la sua prosa assume la sostanza dei sogni; ci dice che l’interprete di Kleist «deve aver imparato a danzare con le labbra», e anche la sua penna prende a danzare. E ci trasporta nella vita berlinese del primo Novecento, contemplata con l’occhio avido dell’immigrato dal microcosmo elvetico: «Qui nella metropoli si percepisce bene come vi siano ondate di intelligenza che passano impetuose sopra la vita di una società, pari a un lavacro». Occhio al quale non potranno sfuggire i tipi umani, fissati per sempre in ritratti irresistibili come quello di Kutsch, lo pseudoartista: «Ha sempre paura che qualcuno possa farsi beffe di lui, ma ci sono certe persone che si possono ritrarre fedelmente solo facendosi beffe di loro».
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Robert Walser – L’assistente
A proposito di una riedizione di questo capolavoro romanzesco del 1908, Hermann Hesse scrisse che rileggere un testo amato trent’anni prima era una singolare esperienza. Al contrario di molti romanzi famosi dell’epoca, L’assistente superava la prova “stupendamente”. E Walter Benjamin scrisse che le storie raccontate da Walser sono “di una delicatezza del tutto inconsueta, questo lo può capire chiunque. Non tutti invece vedono che in esse non c’è la tensione nervosa della vita decadente, ma l’aria pura e forte della vita che guarisce”. Dopo la pubblicazione delle opere complete, Robert Walser, vagabondo, camminatore instancabile, ospite di ospedali psichiatrici e cliniche come di conventi di un culto contemporaneo, ma sempre poeta, è stato annoverato tra i maggiori autori di lingua tedesca di questo secolo.
Consiglio a cura di C. Congia.