Piero Cipriano – Il manicomio chimico. Cronache di uno psichiatra riluttante

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Oggi il manicomio non è più costituito da fasce, muri, sbarre, ma è diventato astratto, invisibile. Si è trasferito direttamente nella testa, nelle vie neurotrasmettitoriali che regolano i pensieri. Il vero manicomio, oggi, sono gli psicofarmaci. Stiamo oltretutto assistendo a una vera e propria mutazione antropologica: agli psichiatri, e alle case farmaceutiche, non bastano più i malati da curare, ma servono anche i sani. Lutto, tristezza, rabbia, timidezza, disattenzione, non sono stati d’animo fisiologici, ma patologie da curare con il farmaco adatto. Cipriano sottopone a una critica severa i principali dogmi della psichiatria “moderna”: a cominciare dalla diagnosi, ovvero l’urgenza burocratica di considerare “malattia” qualunque disagio psichico, a cui segue l’immancabile prescrizione di un farmaco. E quando i farmaci non sono sufficienti, ritorna l’uso nascosto delle fasce e dell’elettrochoc. È questo il nuovo manicomio, meno appariscente, più discreto, in cui diagnosi e psicofarmaco dominano la scena.

Piero Cipriano – La società dei devianti. Depressi, schizoidi, suicidi, hikikomori, nichilisti, rom, migranti, cristi in croce e anormali d’ogni sorta…

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Oggi l’etichetta medica o psichiatrica – ma anche quella sociologica o giudiziaria – è ciò da cui tutto il resto discende. E di etichette se ne attribuiscono a profusione: iperattivo, depresso, bipolare, borderline, schizoide, psicopatico, ma anche, più banalmente, iperteso, diabetico, anoressico, obeso, cardiopatico, e persino nichilista, terrorista, zingaro apolide, rifugiato… A ognuna di queste etichette, spesso, corrisponde un farmaco, o una tecnica psicoterapica, o un luogo di rieducazione, identificazione, pena, espulsione… Insomma, tutti questi devianti riluttanti sono pane quotidiano (e guadagno) per il mondo dei normali, di coloro che invece sanno lavorare.