La posizione dell’uomo nel cosmo è il più importante saggio d’argomento antropologico di Max Scheler e la sua apparizione, nel 1928. segna la nascita ufficiale della antropologia filosofica. La pubblicazione. in lingua italiana, degli scritti antropologici di Scheler viene a colmare una lacuna che ormai da molti anni rendeva problematico, specialmente per i giovani, il contatto con questo Autore, che ha lasciato un’impronta determinante nel pensiero del nostro secolo. L’antropologia filosofica sorge come esigenza dell’uomo moderno di dire priorità e centralità alla ricerca della propria identità in modo da conferirle autonomia rispetto alle altre tematiche filosofiche, attraverso un più stretto legame con le scienze empiriche e le scienze della cultura. È proprio Scheler a compiere il primo tentativo di delineare e chiarire il concetto di uomo tramite l’ausilio dei dati scientifici. La sua ricerca tende ad accertare se «il concetto, che attribuisce all’uomo come tale una posizione particolare del tutto differente di quella di qualsiasi altra specie vivente, sia legittimo o meno». Di qui la necessità di rivolgersi alle scienze, specialmente alla biologia e alla psicologia, per estrapolare una visione organica ed unitaria dell’essere umano. Una interpretazione di questo genere consente a Scheler di elaborare una immagine dell’uomo del tutto originale non soltanto per i contenuti, ma anche per il modo in cui è stata ricavata: attraverso una interpretazione dei risultati delle scienze che si avvale di una specifica metodologia che individua e fonda l’antropologia filosofica.
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Max Scheler – Il pentimento
Il pentimento non è il semplice rifiuto di ciò che si è stati, ma è la volontà determinata ad essere diversi, a individuare la profondità delle proprie colpe e a liberarsi da esse per rinascere a nuova vita. Nelle pagine di questo libro, pubblicate nel 1921 all’interno della sua opera “L’eterno nell’uomo”, il filosofo Max Scheler analizza lo spontaneo emergere del senso di colpa che segue gli effetti negativi delle azioni di cui siamo praticamente e moralmente responsabili. Pentirsi significa riconoscere la colpa come propria e, così facendo, elevarsi al di sopra dell’errore compiuto e predisporsi a futuri comportamenti virtuosi. L’autentico pentimento si rivela allora una delle vie più complesse, e spesso dolorose, che mettono in relazione la finitezza della nostra persona umana con l’infinita misericordia divina. Nonostante il riferimento dichiarato alla dottrina cattolica, la riflessione di Scheler supera l’orizzonte confessionale e afferma la possibilità, non potendo eliminare il male, di superarlo volta per volta attraverso l’incessante lavoro su noi stessi. Introduzione di Angela Ales Bello.