I “Quaderni neri” presentano una forma che, secondo le sue caratteristiche, risulta oltremodo singolare non solo per Heidegger, bensì in generale per la filosofia del XX secolo. Tra i generi testuali di cui solitamente si fa uso i Quaderni sarebbero anzitutto da paragonare a quello del “diario filosofico”. In essi gli eventi del tempo vengono sottoposti a considerazioni critiche e messi continuamente in relazione con la “storia dell’Essere”. Il presente testo è il primo dei tre volumi in cui saranno pubblicate le Riflessioni. Il primo quaderno di questo volume incomincia nell’autunno del 1931, l’ultimo, con le Riflessioni VI, si conclude nel giugno del 1938. Le Riflessioni non corrispondono ad “aforismi” da intendersi come “massime di saggezza”. Ciò che è “decisivo non è”, “che cosa si rappresenti e che cosa venga riunito a formare una costruzione rappresentativa”, “bensì solo come si ponga la domanda e assolutamente il fatto che si domandi dell’essere”. Dal “tentativo” di Heidegger di riconoscere la “storia dell’Essere” nei suoi segni quotidiani nasce un manoscritto che, dall’inizio degli anni trenta fino all’inizio degli anni settanta, interpreta anche i due decenni più oscuri della storia tedesca e l’eco che ne seguì.
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Martin Heidegger – Essere e tempo
Quando nel 1927 Martin Heidegger pubblicò Essere e tempo, si ebbe subito la sensazione che un nuovo astro fosse sorto nel firmamento della filosofia. Da anni le sue lezioni – di cui Essere e tempo è il distillato – avevano richiamato intorno a quel giovane «sciamano del pensiero» un folto gruppo di allievi e ascoltatori. Ma con l’apparizione del capolavoro fu chiaro a tutti che Heidegger emanava davvero un’aura magica: era un pensatore capace di fare filosofia in grande stile. Adottando una terminologia nuova, a tratti ostica e cruda, con cui cercava di superare la crisi del linguaggio filosofico tradizionale, Heidegger riprende e radicalizza l’antico problema di Platone e Aristotele: il problema dell’essere. Ma nella sua palpitante interrogazione tale questione è riproposta in modo tutt’altro che erudito o astratto, riflettendosi in essa le inquietudini di un intero secolo: il venir meno del sentimento religioso, il tramonto della metafisica e la crisi delle ideologie, la fine dell’assoluto e il diffondersi del nichilismo, lo stridente contrasto tra una macchina moderna sempre più complessa e un uomo sempre più elementare. Essere e tempo ha così ispirato importanti correnti della filosofia, della teologia, della psichiatria del Novecento. E il continuo susseguirsi di nuove letture – che lo interpretano via via come bibbia dell’esistenzialismo, decostruzione dell’ontologia, parabola gnostica o versione moderna della filosofia pratica – non fa che confermarne l’incontestabile centralità e attualità, alimentando ulteriori interrogativi. Perché quest’opera rimase incompiuta? Qual è il segreto del suo inesauribile fascino? Che significato ha la «svolta» fra il primo e il secondo Heidegger? C’è continuità o rottura fra lo Heidegger «ermeneuta dell’esistenza» e quello che si proclama «pastore dell’essere»? Le risposte vanno cercate in questo libro, al quale sempre si è tornati e sempre si tornerà.
Hannah Arendt, Martin Heidegger – Lettere 1925-1975
Dopo i primi anni Ottanta sono state rese note le molte sfaccettature del rapporto che legava Hannah Arendt e Martin Heidegger, due figure carismatiche e nodali della filosofia del Novecento, profondamente differenti fra loro e tuttavia unite. Oltre al legame inusuale tra professore e allieva e a quello professionale che seguì, ben presto nacque un vincolo affettivo che, in forme diverse, perdurò sullo sfondo delle loro vite, nonostante le tragedie politiche del secolo. La prima lettera del loro carteggio risale al 1925, poco dopo l’arrivo della Arendt a Marburg, ed è di Heiddeger. La corrispondenza attraversa fasi alterne (gli anni Cinquanta sono quasi privi di testimonianze) per poi rifiorire nel decennio conclusivo, fra il 1966 e il 1975.
Martin Heidegger – L’abbandono [Epub – Mobi]
Come si iscrive nell’ormai conchiuso itinerario filosofico di Heidegger un’opera come Gelassenheit”? Che significato assume l’adozione di questa parola fondamentale della mistica speculativa cristiana nel contesto di una ricerca che ha per oggetto l’essenza del pensiero e il suo destino? Grazie a quale singolare processo ermeneutico una parola del “Religioso” diviene parola del “Pensiero”? Una risposta a tali interrogativi può unicamente trovarsi nella considerazione di un tema o problema che la letteratura su Heidegger raramente ha affrontato nei suoi termini essenziali, nella considearzione cioè del rapporto tra filosofi e religione, fra linguaggio filosofico e linguaggio religioso lungo tutto l’arco del suo pensiero.” (Carlo Angelino)