«L’attaccamento che gli uomini provano per la libertà e quello che risentono per l’eguaglianza sono due cose distinte – scriveva Alexis de Tocqueville -; non esito ad aggiungere che sono anche disuguali: l’uno muta incessantemente d’aspetto, si riduce, si dilata, s’afforza, si debilita secondo gli eventi, l’altro è sempre uguale a se stesso, sempre teso al medesimo obiettivo col medesimo ardore ostinato e talora cieco». L’anonimo che nel quinto secolo avanti Cristo compose questo trattatello sul Sistema politico ateniese (il primo esemplare superstite di prosa attica) ha per l’appunto questo obiettivo: di mostrare come la cieca uguaglianza democratica vigente in Atene abbia dato vita al sistema maggiormente lesivo della libertà dei «migliori». La democrazia è dunque per lui – nel pieno valore etimologico – «violenza di popolo», ed il mondo intero (non solo Atene) è diviso tra «buoni» e «canaglia» in lotta incessante e irrimediabile. La sua riflessione nondimeno lo porta a concludere – ed è qui la sua originalità – che la democrazia, il «predominio della canaglia», proprio nel suo pessimo funzionamento, è un sistema a suo modo perfetto.
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