Quando Friedrich Amberg riacquista un barlume di coscienza, in una stanza d’ospedale, è come «un essere privo di personalità». Finché, di colpo, ricorda tutto: è il 1932, lui è un medico, e a gennaio aveva preso servizio a Morwede. Sì, ora ricorda: gli inquietanti segni premonitori durante il viaggio verso quella località della Vestfalia; l’arrivo nel villaggio, «oppresso dalla triste monotonia di quel paesaggio»; l’inatteso incontro con l’altera donna cui non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi; e il barone von Malchin, con il suo feroce, anacronistico legittimismo – e il suo visionario esperimento mediante quella che, un tempo, era nota come «Neve di San Pietro», capace di provocare uno stravolgimento del mondo.
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Leo Perutz – Dalle nove alle nove
Che cosa nasconde il bizzarro e concitato comportamento di Stanislaus Demba nelle dodici ore di una fatale giornata di inizio Novecento? Quale colpa, quale paura lo mette in fuga attraverso le stazioni di un itinerario tormentoso e funambolico per le strade di Vienna? E perché tutti quegli acrobatismi con le mani? Chiunque racconti questo romanzo a chi non lo ha letto dovrebbe impegnarsi, per puro fair play, a non dare subito la risposta. Ma potrà tranquillamente assicurare al suo ascoltatore che di rado la tensione è stata così palpabile in un libro.
Bottegai, affittacamere, frequentatori di caffè, agiati borghesi della cui prole è il precettore, universitari che imbecca con dispense brillanti: a tutti Demba si rivolge, sempre più solo, disperato – e la girandola dei vani tentativi di raggiungere il suo scopo lo rende enigmatico, affatto incomprensibile allo sguardo altrui. Dalle nove alle nove: in questo tempo febbrile, vertiginoso, simile a uno spazio sigillato, si consumano le peripezie dell’uomo braccato, il suo angoscioso dibattersi nel labirinto della città e delle proprie paure. Un uomo provvisto della capacità di sdoppiarsi, di vedersi agire e di commentare lucidamente ogni evento, e che assiste sempre più impotente al vanificarsi di amore, amicizie e identità personale.
È impossibile resistere al ritmo della narrazione, che ora fornisce indizi ora spiazza il nostro coinvolgimento investigativo. E soprattutto è impossibile non essere catturati da quella tensione che influenzò Hitchcock (nel Pensionante, del 1926) e stregò Murnau fino a fargli desiderare di trarre un film dal romanzo.
Dalle nove alle nove è stato pubblicato per la prima volta nel 1918.
Leo Perutz – Il cavaliere svedese
Leo Perutz è riconosciuto maestro di una specie particolare del fantastico: quella che si insinua nella realtà come una goccia di veleno, e la trasforma dall’interno in un’avventura demoniaca, senza che ci sia bisogno di ricorrere a troppo evidenti apparati di prodigi. Ma l’effetto è ancora più inquietante. Nel Cavaliere svedese, sullo sfondo fosco di un’ Europa di briganti, dragoni e locandieri all’inizio del Settecento, si racconta la storia di un ladro vagabondo che ruba l’identità a un giovane cavaliere svedese, diventando così egli stesso un potente che riesce ad attuare tutti i suoi sogni. Ma la potenza del «barone del malefizio» aleggia, palpabile e imprendibile, su questa vicenda. E il Diavolo sa riapparire sempre, per lo meno quando la partita giocata con lui si avvicina alla fine.
Leo Perutz – Il marchese di Bolibar
Durante la guerra di Napoleone in Spagna, un gruppo di ufficiali elimina un oscuro mulattiere che ha sorpreso un loro segreto amoroso. Ma quel mulattiere è il marchese di Bolibar, figura misteriosa che da quel momento perseguita i suoi assassini in una ridda di avvenimenti, dove i personaggi sono guidati da una ferrea mano invisibile. Questo romanzo, considerato da molti il capolavoro di Perutz, è un esempio perfetto di fantastico puro. E non perché si parli continuamente di spettri e apparizioni sovrannaturali. Al contrario, qui la narrazione è tutta sul concreto, asciutta, vigorosa, e sembrerebbe presentarci soltanto una cupa cronaca militare. Ma nel libro intero circola, come presenza palpabile, un’altra realtà, che alla fine spodesterà la realtà immediata attraverso la figura del marchese di Bolibar, in cui si incarnano «l’avanguardia della distruzione» e una misteriosa leggenda.
La guerra di Spagna, questa prima guerra di guerriglia, ferì a morte il progetto imperiale di Napoleone. E da allora grava come un presagio funesto su ogni progetto imperiale. Qualcosa di irriducibilmente sinistro appartiene a quegli eventi: scena appropriata di una storia nera, di un nero metafisico, qual è quella che Perutz scandisce in questo libro, con un ritmo incalzante che serra la gola. Due reggimenti tedeschi, che combattono per Napoleone in Spagna, vi incontrano la disfatta e la morte. È una morte sospetta: una sorte di autoannientamento provocato, a mente fredda, dalle stesse vittime. Che cosa ha messo in moto questo orrificante meccanismo? Una figura cupa e selvaggia, che appare, scompare, si sdoppia, si trasforma, sfugge – e incombe su tutto, quella del marchese di Bolibar. Il suo segreto attraverso questo romanzo come un raggelante alito millenario.
Leo Perutz – Turlupin
Novembre 1642: tutto è pronto per il colossale bagno di sangue in cui, nel giorno di San Martino, dovranno rotolare ben diciassettemila teste di nobili, per il grande macello dell’aristocrazia di Francia. Ma la macchina – manovrata nell’ombra da un Richelieu ormai alla fine, accecato dall’odio per chi sempre ha osteggiato e intralciato i suoi progetti – si inceppa, e tutto finisce in una bolla di sapone. Come mai? Un uomo bislacco, un sognatore che mentre incipria o rabbercia parrucche vagheggia di avere origini altissime, un essere mezzo Arlecchino e mezzo Charlot, attraversa come un’ignara torpedine impazzita il gran disegno del cardinale. Per contrastare i progetti dei Titani, il destino si serve del folle, sprovveduto parrucchiere Tancrède Turlupin. Il quale, fantasticando di essere ritrovato, riconosciuto e avvinto al petto da nobil madre, finirà per tramutarsi nell’ultimo involontario campione dell’aristocrazia morente contro le forze distruttive sortite dal suo stesso seno: la rivoluzione è rimandata, la Francia e il mondo conosceranno ancora la radiosa stagione del Re Sole.
Maestro dell’equivoco, dell’assurdo e dell’«orrificante caso», Leo Perutz sembra qui aver lasciato, come non mai, briglia sciolta alla sua segreta inclinazione, creando un romanzo che ci scorre davanti agli occhi come un frenetico, irridente caleidoscopio.
Leo Perutz – Tempo di spettri
In quegli anni e in quei luoghi dove tutti avevano «paura perfino della loro ombra», quando la turbinosità spettrale degli eventi raggiunse l’apice, nella Russia dove i bolscevichi da poco erano al potere e dove tutti sospettavano di tutti, si avvia la catena inesorabile dei fatti raccontati in questo romanzo. All’interno di una generale caccia all’uomo, seguiamo la caccia di un singolo da parte di un singolo, una partita segreta, incalzante, ossessiva. Dalla Russia alla Turchia, alla Francia, all’Italia, a Vienna continua a rotolare l’invisibile «melina» di cui parla una canzone. E nessuno sa dove finirà. Intanto cadono vittime inconsapevoli sulla strada dell’inseguitore, che le guarda appena, perché fissa nella mente ha l’immagine della sua preda, «che attraversava la vita col frustino in mano, azzimato e sporco di sangue, l’assassino profumato…».
«Della parola “genio” si è abusato a lungo, sino a farle perdere senso e valore, altrimenti avrei definito questo libro “semplicemente geniale”» scrisse Ian Fleming a Perutz a proposito di Tempo di spettri. L’inventore di James Bond vi aveva subito riconosciuto la prova magistrale di un’arte del suspense spinta all’estremo. Ma c’era anche qualcosa di più: in questo romanzo, che si presenta come una pura, sinistra scansione di eventi, un metafisico fuoco fatuo li accompagna tutti, senza mai essere nominato, sfuggente e sovrano.
Tempo di spettri apparve per la prima volta a puntate nel 1928 su un giornale berlinese e fu subito accolto da uno strepitoso successo.
Leo Perutz – Di notte sotto il ponte di pietra
Magia e alchimia nella Praga di Rodolfo II e di Rabbi Low, il creatore del Golem
Leo Perutz – Il Maestro del Giudizio universale [Epub – Mobi]
Vienna anni Venti. A parlare qui in prima persona – e a redigere in tal modo una sorta di memoriale a propria discolpa – è il barone von Yosch, militare in congedo, follemente innamorato dell’avvenente Dina, andata in sposa a un celebre e osannato attore. L’improvvisa morte di quest’ultimo – secondo di una serie di delitti camuffati da suicidi, che nell’arco di cinque giorni funestano come un «tragico incubo» la vita della capitale – avviene in circostanze tali da far convergere ogni sospetto sul giovane barone. Il quale si lancia così in un’accanita caccia al misterioso assassino, che pare sempre più assumere le fattezze diaboliche di uno spettro emerso da secoli remoti, di una potenza arcana: il «terribile nemico» che ognuno di noi alberga in sé, assopito ma pronto a destarsi dal letargo, specie se a risvegliarlo è il richiamo dell’arte. Sempre intento a perlustrare i territori ambigui che si schiudono oltre la soglia della ragione e della norma, Perutz costruisce con questo romanzo un thriller metafisico, un intrigo a scatole cinesi in cui, elusa ogni barriera di spazio e di tempo e ogni logica umana, i protagonisti, e con essi il lettore, sono ben presto indotti a scontrarsi con una dimensione del reale instabile, minacciata dalla presenza di forze demoniache, da pulsioni oscure alle quali si può soltanto soccombere.