James H. Billington – Con il fuoco nella mente. Le origini della fede rivoluzionaria

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A partire dall’Ottantanove parigino, le idee della tradizione rivoluzionaria cominciano a serpeggiare nel continente. Prendono forma nei caffè sotterranei del Palais Royal e nelle redazioni dei giornali, si diffondono in luoghi segreti, in tipografie clandestine, in un proliferare di fazioni matte e misteriose. Uomini diversi per esperienze, cultura, personalità condividono un lessico e una simbologia: parlano la lingua dei pamphlets e sono ispirati da una semplificatoria furia ideologica che sfiora l’impulso religioso. Figure sfumate nel sacrario della rivolta contornano i protagonisti .dell’epopea rivoluzionaria: accanto a Saint-Just, a Proudhon, a Marx, a Lenin si affacciano gli eroi d’una sola stagione, Bonneville, Babeuf, Buonarroti, Barmby, Radčenko. Giornalisti alla fame, poligrafi di veemente eloquenza e di incontrollabile propensione all’intrigo, agitatori, avventurieri d’ogni sorta intrecciano il loro flirt con l’azzardo; prima commossi dal sogno romantico e «chansonnier» di un socialismo nazionale che evoca ingenuamente l’anima del popolo, un’appartenenza fraterna, una comune radice, poi nel nome della «scienza» rivoluzionaria, con il sindacato e il partito, verso l’utopia della rivoluzione sociale, del sovvertimento organizzato che non si cura di frontiere. È la trama di un insidioso gioco a guardie e ladri che vede da una parte Bismarck, Cavour, Napoleone III, lo zar di Russia, la loro minacciosa Realpolitik e le loro polizie segrete; e dall’altra socialisti, anarchici, nichilisti, adepti del terrore, tutti esposti alle manipolazioni del potere, lusingati dalle cospirazioni più tortuose, inorriditi e stregati di fronte al Leviatano. Dopo aver dato un sentimento alla coscienza dei popoli, l’urlo trinitario del Quattordici luglio si spezza per sempre, soffocato dalla ritrovata potenza delle nazioni, mentre si approssima l’Ottobre rosso, la palingenesi in un paese solo.