Raccolti per la prima volta in volume alcuni saggi e le recensioni pubblicate sulla «New York Review of Books», in cui J. M. Coetzee, nella veste di lettore esigente e raffinato propone, in una prosa chiara e diretta, letture esperte e al tempo stesso non convenzionali che insegnano ad apprezzare la grandezza senza lesinare attacchi graffianti. Un’opera che aiuta a capire il rapporto di un grande autore con la letteratura altrui e che apre inattesi squarci di comprensione per la sua stessa opera creativa. «Una domenica pomeriggio dell’estate del 1955, all’età di quindici anni, mentre gironzolavo per il giardino di casa, alla periferia di Cape Town, chiedendomi cosa fare, essendo allora la noia il problema principale dell’esistenza, sentii una musica dalla casa accanto. Fino a quando la musica durò, rimasi paralizzato, non osavo neppure respirare. La musica mi parlava come mai aveva fatto prima. Stavo ascoltando una registrazione del Clavicembalo ben temperato di Bach. Ne appresi il titolo molto tempo dopo, quando familiarizzai con quella che a quindici anni conoscevo solo – nel modo sospettoso e a volte ostile, tipico dei ragazzi – come “musica classica”… La mia non era una famiglia di tradizioni musicali. Nelle scuole che frequentavo non si offriva alcuna istruzione musicale, né l’avrei scelta se mi fosse stata offerta: in colonia la musica classica era roba per femminucce … Poi ci fu il pomeriggio in giardino, e la musica di Bach. Dopo di che cambiò tutto. Un momento di rivelazione che non definirò di tipo eliotiano … ma tuttavia di grande significato nella mia vita: stavo per la prima volta vivendo l’effetto del classico».
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J.M. Coetzee – Tempo d’estate. Scene di vita di provincia
J. M. Coetzee è morto. Un giovane accademico inglese decide di scrivere la biografia del premio Nobel sudafricano: si soffermerà in particolare sulla prima metà degli anni Settanta quando lo scrittore, appena tornato dagli Stati Uniti e ancora ben lontano dalla fama letteraria, viveva al limite dell’indigenza insieme al padre in una modesta villetta. Per farlo, intervista alcune persone che lo conobbero – tra cui due donne che ebbero una relazione con lui – e che gli furono vicine durante quei difficili anni di apprendistato alla vita. Perché, sebbene abbia più di trent’anni, John Coetzee appare un uomo inadatto alla vita adulta, bloccato nella condizione di figlio, incapace di mantenere una relazione con le donne, un solitario chiuso in se stesso, un amante freddo e maldestro («uno stoccafisso»), un insegnante controvoglia, uno scrittore tutt’altro che talentuoso («non aveva una sensibilità speciale, almeno che io potessi individuare, nessuna intuizione originale sulla condizione umana»). Ma la caratteristica che più di tutte emerge dai racconti dei testimoni è la profonda sfiducia che il futuro autore di Aspettando i barbari sembra nutrire verso il linguaggio e la capacità degli uomini di comunicare – e di conoscere se stessi – attraverso le parole. Per queste sue «memorie d’oltretomba», terzo momento (dopo Infanzia e Gioventù) dell’affresco autobiografico delle Scene di vita di provincia, Coetzee scompagina le carte: non solo perché immagina la propria morte e ne affida il racconto a testimoni forse non così affidabili (veramente Coetzee era scapolo in quegli anni? Veramente la madre era morta?), ma perché spinge fino al punto di non ritorno le categorie stesse di autobiografia e finzione, di identità e realismo.
J.M. Coetzee – Gioventù. Scene di vita di provincia
Con Gioventú J. M. Coetzee torna a raccontare la storia del ragazzino inquieto e pieno di sensi di colpa descritto in Infanzia. Adesso il protagonista ha almeno dieci anni di piú. È un giudizioso studente universitario di matematica che coltiva un’ambizione segreta; vivere un’esistenza consacrata alla poesia e all’amore di donne d’eccezione, lontano dall’inferno del Sudafrica degli anni Sessanta e dall’identità afrikaner divenuta un marchio d’infamia. E dunque lo studente parte per una terra promessa, l’Inghilterra. Gioventú è la storia di un tenace apprendistato letterario e umano che finisce per infrangersi contro la realtà: una società filistea dalle aspirazioni mediocri, un’Europa invischiata nelle trame della Guerra fredda, un’esistenza schiacciata dalla grigia logica degli affari; e ancora, una connaturata malattia morale e intellettuale, che fa sentire la vita come un gioco in cui si può solo perdere.
J.M. Coetzee – Infanzia. Scene di vita di provincia
Un quartiere anonimo di una desolata provincia sudafricana. Un ragazzino che cerca una via di fuga da un padre ordinario che non riesce a rispettare, da una madre che ama di un amore viscerale ma che non gli dà certezze, dagli umilianti riti di una scuola dove le regole non sono uguali per tutti, dai turbamenti di un’infanzia già «guasta», dagli angusti orizzonti nazionalistici del Sudafrica nel secondo dopoguerra. I temi di J. M. Coetzee vanno ricercati là dove convergono gli aspetti politici, spirituali, psicologici e fisici dell’ esistenza: l’incubo della violenza burocratica, la nostra desolata estraniazione dalla terra, un’ansia shakespeariana per la natura strappata al suo ordine naturale e gli insistenti bisogni del corpo. Un desolato centro residenziale di una città di provincia a soli centosessanta chilometri da Città del Capo, Worcester («un purgatorio dal quale bisogna passare per forza»). Un ragazzino di dieci anni, l’io-narrante, che, chiuso in una solitudine sempre piú grande, cerca a tutti i costi di andare oltre l’infanzia («un periodo in cui bisogna stringere i denti»), oltre le mura di quel suo «buco di casa» perso in un mucchio di costruzioni identiche, oltre i confini sempre piú angusti di un Sudafrica in balia dei nazionalisti, oltre l’esistenza ordinaria, «imbarazzante», e infine fallimentare del padre, oltre l’«amore assoluto» della madre, la «cosa piú salda della sua vita», e la piú indecifrabile. Il sentirsi profondamente inadeguato nei confronti delle «prove» della vita di tutti i giorni diventa un’ossessione che il protagonista maschererà trincerandosi dietro le apparenze di studente modello, dietro il mito di sé (diviso tra le origini afrikaner e il suo desiderio di essere un vero eroe, come sono ai suoi occhi gli inglesi), covando però nell’intimo passioni «inconfessabili», predilezioni scomode, sbagliate, e il cupo senso di colpa che ad esse si accompagna.
J.M. Coetzee – Doppiare il capo. Saggi e interviste
I saggi raccolti in Doppiare il capo affrontano argomenti molto diversi: letterari (Rousseau, Tolstoj e Dostoevskij, Beckett…) e non solo (da Capitan America al rugby, dalla pubblicità alla censura), restituendo la varietà degli interessi intellettuali e politici del premio Nobel sudafricano. Ma tutti, a ben vedere, sono tentativi di affrontare il medesimo tormentato problema: come dire la verità (anche su se stessi) quando quella verità potrebbe non essere nel nostro interesse. Ammesso poi che tale verità esista: «Tutto ciò che scrivi, incluso critica e narrativa, ti scrive mentre lo scrivi. La domanda allora è: questa massiccia impresa autobiografica che riempie una vita, questa imponente opera di costruzione di sé, produce solo finzioni? Oppure tra le varie finzioni, ce ne sono alcune piú vere di altre? Come faccio a sapere che dico la verità su me stesso?»*** «Lo sguardo di Coetzee punta al centro nervoso dell’essere umano: ciò che trova è molto di piú di quanto la maggioranza degli uomini sia disposta ad ammettere su se stessa». Nadine Gordimer
J.M. Coetzee – Lavori di scavo. Saggi sulla letteratura 2000-2005
Lavori di scavo offre al lettore la rara occasione di introdursi nel «laboratorio critico» del premio Nobel J. M. Coetzee: in una ventina di saggi, da Svevo a Musil, da Beckett a Sebald, da Grass a Philip Roth, alcuni dei piú grandi autori del Ventesimo secolo vengono analizzati, e giudicati, da un loro pari. Sono lavori allo stesso tempo accessibili e illuminanti, in cui lo studioso – Coetzee insegna letteratura all’università e collabora con numerose riviste, tra cui la «New York Review of Books» – e il romanziere si alleano per portare alla luce gli aspetti piú profondi della creazione letteraria. Non solo: raccogliendo le recensioni e gli articoli scritti da Coetzee tra il 2000 e il 2005, Lavori di scavo testimonia l’umiltà con cui l’autore sudafricano si avvicina di volta in volta alle opere dei colleghi del presente e del passato. Ma è soprattutto al servizio del lettore (tanto di quello comune che dello specialista) che Coetzee mette la sua erudizione cosmopolita e la sua sensibilità di scrittore: sono pagine che rifuggono qualsiasi condizionamento o forzatura teorica, capaci di trasmettere la passione per la lettura e la tensione morale che le sostiene. Osservando in controluce questi profili critici, il lettore piú avvertito non potrà fare a meno di cogliere i temi ricorrenti, verrebbe da dire le ossessioni, che da sempre caratterizzano la narrativa di Coetzee: il rapporto tra l’artista e il suo tempo, la responsabilità etica di chi «prende la parola» attraverso un libro, l’appartenenza a una comunità, l’esilio, il linguaggio come fardello e costante agóne. Ma forse quello che piú di tutto accomuna i suoi romanzi a questa personale rilettura del canone novecentesco è la stessa rigorosa domanda di verità.
J. M. Coetzee – La vita degli animali
La sistematica, silenziosa uccisione quotidiana di milioni di animali è il peccato originale che in ogni momento si rinnova intorno a noi. Senza che peraltro venga percepito in quanto tale. Non si tratta forse di una necessità perché l’umanità sopravviva? Così dicono anche i più illuminati, svelando la rozzezza di ogni etica che riguardi esclusivamente l’uomo. Sarà pure indubbia, quella necessità. Ma l’uccisione rimane uccisione. E, se un occhio etico esiste, deve essere capace di osservarla e giudicarla. Con questo libro Coetzee non ha inteso aggiungere nuovi argomenti alla disputa sulla crudeltà verso gli animali, che risale plausibilmente a quando, nella remota preistoria, l’uomo passò alla dieta carnivora. Da consumato narratore, ha voluto creare qualcosa di molto più efficace: una subdola, insidiosa macchina romanzesca che obblighi il lettore ad avvertire in tutta la sua enormità una questione che generalmente si preferisce accantonare. Usando a questo fine un personaggio memorabile, Elizabeth Costello, anziana e popolare romanziera che riesce a mettere in crisi tutti i sapienti accademici, a cominciare da suo figlio, professore di Fisica, in una città universitaria politically correct dove è stata invitata a parlare dei suoi libri. Con la sua voce pacata e implacabile, Elizabeth Costello parlerà invece delle vite degli animali e di come vengono maltrattate dagli uomini, così gettando i suoi ascoltatori in un insanabile imbarazzo. «Non hanno una coscienza e dunque. Dunque cosa? Dunque siamo liberi di usarli per i nostri fini? Dunque siamo liberi di ucciderli?». La vita degli animali è apparso per la prima volta nel 1999 ed è corredato, in appendice, da quattro riflessioni: una letteraria di Marjorie Garber, una religiosa di Wendi Doniger, una filosofica di Peter Singer e una etologica di Barbara Smuts.
Consiglio a cura di U.s.A.
J. M. Coetzee – Nel cuore del paese
In una sperduta fattoria del Sudafrica, Magda, la protagonista di questo romanzo feroce e appassionato, contempla la vita da cui è stata esclusa. Ignorata da un padre indifferente, disprezzata e temuta dalla servitú, è una donna intelligente e disillusa, la cui mansuetudine esteriore nasconde il disperato proposito di «non essere tra chi è stato dimenticato dalla Storia». Nella narrazione la realtà si confonde con i timori e le angosce visionarie di Magda, dove esplodono le tensioni tra colonizzatore e colonizzato – e tra gli struggenti desideri europei e l’immensità e la solitudine dell’Africa. Coetzee, attraverso una prosa ricca e drammatica, trasforma una vicenda familiare nel cuore del Sudafrica in uno specchio amaro dell’esperienza coloniale.
consiglio a cura di U.s.A.