«L’uomo fa esperienza di sé come qualcosa di contingente, come qualunque, come “proprio io” (che non si è scelto); come uomo che è precisamente così come è (per quanto possa essere tutt’altro); come proveniente da un’origine di cui non risponde e con la quale deve tuttavia identificarsi; come “qui” e come “ora”. Questo paradosso fondamentale dell’appartenenza reciproca della libertà e della contingenza, questo paradosso che è un’impostura, il dono fatale della libertà, si chiarisce come segue. Essere libero significa: essere straniero; non essere legato a niente di preciso, non essere tagliato per niente di preciso; trovarsi nell’orizzonte del qualunque; in una postura tale per cui il qualunque può anche essere incontrato in altri qualunque. Nel qualunque, che posso trovare grazie alla mia libertà, è anche il mio proprio io che incontro; questo, pur appartenendo al mondo, è straniero a se stesso. Incontrato come contingente, l’io è per così dire vittima della propria libertà».
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Günther Anders – Amare, ieri. Appunti sulla storia della sensibilità
Queste annotazioni raccolte negli anni tra il 1947 e il 1949, sono un esempio magistrale di quella che l’autore ha definito “filosofia d’occasione”, pensiero critico che prende spunto da una trama solo apparentemente privata.
Günther Anders – Discesa all’Ade. Auschwitz e Breslavia, 1966
Nel luglio 1966 Gunther Anders, in compagnia della terza moglie Charlotte Zelka, raggiunge la Polonia. I luoghi visitati dovrebbero stare sotto segni opposti: l’orrore innominabile di Auschwitz, a cui l’ebreo Anders e scampato perché esule negli Stati Uniti, che cosa ha da spartire con il paesaggio affettivo di Breslavia, la città della Slesia che lo vide nascere e andarsene con la famiglia appena adolescente, quando ancora il suo cognome era Stern? Nessun idillio della memoria conforterà il sopravvissuto Anders-Stern nella “Heimat”, sconvolta per sempre dalla dismisura di ciò che accadde. Ad attenderlo, solo lo spaesamento e il mondo tellurico delle ombre, dove l’appartenenza assume l’aspetto inquietante dell’estraneità. “Cio che spaventa non e quello che non c’è più, non il vuoto, ma al contrario le cose che, casualmente, continuano a esserci nel vuoto che in realtà ci aspettiamo.” Un pellegrinaggio infero tra unicità del ricordo individuale e grande storia, dove ancora una volta l’acutissimo sguardo di Anders mette a nudo la modernità in disfacimento.
Günther Anders – Diario di Hiroshima e Nagasaki. Un racconto, un testamento intellettuale
Gunther Anders è stato uno dei fondatori più di spessore del movimento antinucleare mondiale. In questo libro, mentre racconta l’orrore degli effetti delle due bombe, Anders dà anche la profondità della sua posizione. L’atomica è l’abominio dell’uomo che usa la tecnica per annullare il futuro d’intere nazioni. Contro questo strapotere usato male, la via di salvezza non è un naturalismo naif, ma la capacità di restare umani. Per questo ieri, come oggi, ci vuole intelligenza e sapere e lo scatto di libertà che ci fa sentire parte di un’umanità.
Günther Anders – La coscienza al bando. Il carteggio del pilota di Hiroshima Claude Eatherley e di Günther Anders
Il caso di Claude Eatherly non è solo un caso di ingiustizia enorme e prolungata ai danni di un individuo, ma è anche simbolico della follia suicida dei nostri tempi. Nessuno che sia privo di pregiudizi, dopo aver letto le lettere di Eatherly, può onestamente dubitare della sua salute mentale, e stento a credere che i dottori che lo dichiararono pazzo fossero convinti dell’esattezza di quella diagnosi. Egli è stato punito solo per essersi pentito della sua partecipazione relativamente innocente a una folle azione di sterminio. I passi che egli compi per ridestare la coscienza degli uomini alla nostra follia attuale non furono sempre, forse, i più saggi, ma furono compiuti per motivi che meritano l’ammirazione di chiunque sia capace di sentire umanamente. Il mondo era pronto ad onorarlo per la sua partecipazione al massacro, ma, quando si penti, si rivolse contro di lui, vedendo nel suo pentimento la propria condanna. Spero sinceramente che, dopo la campagna che è stata fatta, le autorità possano indursi ad adottare una più giusta valutazione del suo caso e a fare quello che possono per riparare i torti che gli sono stati inflitti.
BERTRAND RUSSELL
Günther Anders – Dopo «Holocaust», 1979
Nel gennaio 1979 un fremito di orrore e vergogna sconvolse venti milioni di tedeschi. A innescare un tale sussulto morale collettivo, di una radicalità mai registrata dalla fine della guerra, fu una miniserie televisiva di produzione americana, Holocaust, con James Woods e Meryl Streep. Una narrazione cinematografica piuttosto convenzionale aveva trovato il varco emotivo per raggiungere una zona opaca della coscienza nazionale, rimasta inerte per decenni, inaccessibile nonostante la schiacciante massa documentale sulla Shoah. Tra le innumerevoli prese di posizione, gli interventi, le riflessioni che dilagarono nel discorso pubblico si segnalano come vere folgorazioni queste note diaristiche di Günther Anders. I suoi lampi di pensiero rischiarano ciò che allora nessuno realizzò con altrettanta acutezza: per entrare nel campo visivo di un intero popolo, la rappresentazione dello sterminio andò «rimpicciolita» a misura percettiva umana. Solo così, attraverso i protagonisti di un modesto film, riacquistarono fattezze di individui le vittime di un crimine oscurato dalla propria smisurata contabilità. E solo così per i tedeschi fu possibile spezzare quel paradigma della non-colpa che li aveva esonerati dal rimorso. «Grazie a Dio, ora si disperano, finalmente si disperano … hanno trovato la fermezza di guardare in faccia, per ore e ore, l’indicibile».
Günther Anders – L’uomo è antiquato. Volume 2. Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale [Pdf]
Se la prima rivoluzione industriale è consistita nell’introduzione del macchinismo, se la seconda si riferisce alla produzione dei bisogni, la terza rivoluzione industriale è per Anders quella che produce l’alterazione irreversibile dell’ambiente e compromette la sopravvivenza stessa dell’umanità. In un mondo in cui la macchina è diventata soggetto della storia, l’uomo risulta superato, “antiquato”, appunto. In venticinque saggi su temi che vanno da L’apparenza a Il male, passando per La massa, Il lavoro, Le macchine, L’individuo, Le ideologie, Il conformismo, Il privato, La morte, La realtà, La libertà, La storia, La fantasia, Lo spazio e il tempo, Anders pratica un filosofare senza sistema precostituito. Eppure la sua “filosofia di occasione” o, come pure egli dice, en plein air, ha saputo cogliere per tempo i prodromi della trasformazione che sarà detta impropriamente postmoderna e che per Anders altro non è che il frutto della riduzione di tutto, del mondo e dell’uomo, a “materia prima” indefinitamente manipolata da una tecnica sfuggita a ogni controllo.
Release a cura di Eduardo58.