A dieci anni dall’Ottobre, la rivoluzione russa presenta un volto irriconoscibile. Lo spirito di attività delle masse ha ceduto il posto a una diffusa apatia e il potere sovietico si identifica ormai con l’arbitrio di una burocrazia onnipotente. Che cosa non ha funzionato? A questo interrogativo cerca di rispondere Christian Rakovskij — personalità di spicco, anche se poco conosciuta e schiva, del movimento operaio russo e internazionale — in un breve scritto, celebre quanto raro : I pericoli professionali del potere ( 1928). E’ nell’esercizio incontrollato del potere (uscito dalla rivoluzione proletaria) che Rakovskij individua la fonte della corruzione e della degenerazione burocratica del partito e dello Stato, nonché del sorgere della burocrazia come «nuova categoria sociale», materialmente privilegiata e socialmente differenziata. Come osserva Pierre Naville nella sua presentazione, questa riflessione originale e persuasiva «ha una portata congiunturale, quella dell’anno 1928, ma anche teorica, che si salda con le nostre preoccupazioni odierne concernenti l’Urss, cosi come i numerosi Stati modellati a sua immagine». Completano il volume due «dichiarazioni politiche» (1929-1930) redatte da Rakovskij nella deportazione e un ampio saggio sui Problemi dell’economia dell’Urss (1930), in cui la denuncia del dispotismo burocratico si combina con una critica serrata e documentata della politica econcfmica avventurista dello stalinismo.
Christian Rakovskij – I pericoli professionali del potere e altri scritti
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