Il romanzo, uscito sui numeri 4, 5 e 6 della rivista « Družba Narodov », ha rappresentato il caso letterario sovietico del 1969: accolto con diffidenza dalla critica ufficiale, è andato a ruba tra i lettori. L’impianto della narrazione è apparentemente storico e realistico, ma si tratta più che altro di un artificio per aggirare i canoni letterari imposti dall’estetica del regime. Pietroburgo 1826: un momento di durissima repressione zarista, dopo il fallito tentativo insurrezionale degli ufficiali decabristi. Il povero Avrosimov, un giovane possidente di campagna, è chiamato a redigere i verbali dell’inchiesta. Diventa così un modesto ingranaggio della macchina statale in piena azione terroristica. Ma la sua partecipazione al processo va al di là dei limiti segnati dalla mansione di scrivano; si dilata in una sorta di ipnosi che non gli permette di distinguere tra sogno e realtà fino a trasformarlo in complice di un complotto per liberare Pestel’, il capo dei congiurati. Nemmeno la fine del processo permette a! protagonista di tornare alle sue abituali certezze. In un turbine di eventi ambigui, figure, ambienti, problemi morali e esistenziali si confondono. La realtà è definitivamente compromessa e solo così le vicende di Avrosimov possono avere il loro squallido lieto fine. «Tuttavia, lasciamo perdere. Lasciamo perdere vi dico! » è la conclusione di Okudžava.
Bulat Okudzava – Il povero Avrosimov
1