Nel bilancio della letteratura nata dalla Rivoluzione d’ottobre, La disfatta., il romanzo che nel 1927 rivelò il giovane Fadeev, si è conquistato un posto sicuro. Un libro dal serrato piglio documentario, vissuto intensamente dal suo autore prima ancora di essere steso sulla pagina. A diciottenni, Fadeev si era arruolato tra i partigiani impegnati contro le armate giapponesi e i cosacchi del dittatore controrivoluzionario Kolčak. Queste pagine ci parlano appunto della drammatica esperienza: il piccolo distaccamento dei guerriglieri è circondato dai « bianchi » e dai giapponesi, per spezzare l’accerchiamento e mettersi in salvo deve affrontare una serie di combattimenti disperati. In un susseguirsi di cavalcate, salvataggi, battaglie, la movimentata vicenda prende il sapore di un poema cavalleresco. Ma non si tratta soltanto di un libro d’azione che affida le sue risorse al ritmo del racconto: a differenza di molti altri romanzieri della guerra civile, interessano a Fadeev i problemi umani dei suoi personaggi, dettagliati con finezza psicologica (qui lo scrittore guarda a Tolstoj, suo maestro di metodo letterario ) : il rozzo Morozka, sorretto nelle prove più difficili da una sua elementare moralità; il giovane studente di città Mečik, che non riesce a «legare » coi compagni; Levinson, il comandante che presta il suo volto alla parte migliore della nuova generazione rivoluzionaria. Una scarna epopea, che senz’ombra di retorica evoca la faticosa formazione di una libertà, di una morale, di una umanità nuova nel crogiuolo della lotta.
Alexander Fadeev – La disfatta
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