«È l’unica parte della mia vita che mi sembra giusta… ed è quella sbagliata». Nel tentativo di evitare gli spoiler, non diremo a cosa si riferisce l’addetto alle pulizie che è il protagonista del “Gioco”. Ma la sua situazione è simile a quella in cui si trovano, negli altri monologhi di questa raccolta, la commessa di un grande magazzino, l’impeccabile casalinga probabilmente all’oscuro dei molti e sanguinosi misfatti del marito, l’antiquaria che si lascia sfuggire, per avidità, il colpaccio della vita, e altri ancora: un punto di svolta, dove esistenze fino a quel momento anonime si squarciano, facendo affiorare una realtà ingovernabile, sordida, agghiacciante. È quanto succede abitualmente ai personaggi dell’autore più amato d’Inghilterra, certo. Ma è anche quanto succede, o rischia di succedere, a ciascuno di noi. Il che spiega piuttosto bene quello che si potrebbe chiamare, d’ora in avanti, il paradosso Bennett: ridere – da morire – leggendo qualcosa che, a pensarci meglio, così ridere non fa.
Alan Bennett – Il gioco del panino
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