Adam B. Ulam – In nome del popolo. Profeti e terroristi nella russia prerivoluzionaria

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Astuzia e ingenuità, fanatismo e abnegazione, coerenza e irrazionalità si intrecciano e si elidono nella vicenda del populismo russo. Pochi periodi storici sono carichi di fermenti, di rivolgimenti, di segni premonitori come quello compreso tra il 1855 e il 1885 nella Russia zarista: da una parte poche migliaia di intellettuali, utopisti, rivoluzionari e terroristi, dall’altra un potere brutale e ottuso; tra queste forze contrapposte, una società contadina e arcaica, chiusa nella superstizione e nel conformismo, costretta al ruolo di spettatrice passiva nel travagliato processo di transizione che portò la Russia alla Rivoluzione d’ottobre e alla successiva industrializzazione a tappe forzate. Sulla scorta di una documentazione imponente, Ulam fruga e dipana l’aggrovigliata vicenda del populismo russo, mettendo in luce episodi poco conosciuti, dando sbalzo e vigore alla folta teoria di protagonisti del pensiero sociale e dell’azione politica nella Russia della seconda metà dell’Ottocento, dagli apostoli, come Herzen e Cernysevskij, a Tkačev e, prima di lui, Nečaev, l’inquietante figura che ispirò I demoni di Dostoevskij. L’attenzione posta da Ulam all’individuo non va tuttavia a discapito del quadro storico: l’aggregarsi e il disgregarsi dei movimenti populisti e nichilisti, le convulsioni dell’intelligencija, il maturare delle coscienze e delle forze sociali sono vagliati con rigore e lucidamente narrati da Ulam, al quale peraltro non sfuggono le analogie fra il dispotismo zarista e quello staliniano e poststaliniano. Al di là della puntuale ricostruzione di questo momento iniziale della storia della rivoluzione russa, che vide l’esperienza violenta dei terroristi di Volontà del Popolo ferocemente stroncata dopo l’uccisione di Alessandro II, l’opera di Ulam ci ripropone drammaticamente brucianti, attualissimi interrogativi. Qual è la linea di demarcazione fra passione politica e fanatismo, fra minoritarismo e cospirazione, fra radicalismo politico e criminalità?