Jean-Henry Fabre – Ricordi di un entomologo. Vol. III

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«Da quando Darwin mi ha definito “un osservatore inimitabile”, questa qualifica mi è stata applicata molte altre volte qua e là, senza che ne abbia ancora capito il motivo. Interessarsi a tutto ciò che brulica attorno a noi è così naturale, mi sembra, così alla portata di tutti, così appassionante! A ogni modo sorvoliamo, e ammettiamo pure che il complimento sia fondato.
«Ma se devo affermare che sono curioso di tutto ciò che riguarda l’insetto, non ho più alcuna esitazione. Sì, sento di avere il pallino,
l’istinto che mi spinge a frequentare questo mondo singolare; sì, mi riconosco capace di dedicare a simili studi tempo prezioso, che sarebbe impiegato meglio nel prevenire, se possibile, la povertà della vecchiaia; sì, confesso di essere un appassionato osservatore dell’animale. Come si è sviluppata questa inclinazione caratteristica, allo stesso tempo croce e delizia della mia vita? E, soprattutto, che cosa deve essa all’atavismo?».

 

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Adolf Guggenbühl-Craig – Il bene del male. Paradossi del senso comune [LDB]

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L’apparenza, dice Guggenbühl-Craig, è tanto vera quanto ciò che dietro di essa si nasconde. E ciò vale anche per i luo­ghi comuni, per le credenze più diffuse, per tutto ciò che “crediamo” di sapere e, di fatto, oscura ogni autentico proces­so conoscitivo della realtà umana. Tutti siamo “ovviamente” convinti che la pedofilia e la violenza sia no sempre un male sociale, e la creatività, la spontaneità, l’indipendenza un bene per ogni individuo. Ma è davvero così? Può suc­cedere – e succede – che dietro una pre­sunta gentilezza si celi un brutale egoi­smo, o che l’educazione ricevuta da un padre “cattivo” risulti più efficace di mille “buone” teorie pedagogiche. Tutto ciò accade perché il paradosso e la con­traddizione fanno parte della natura umana. Perché il male contiene in sé il bene, e viceversa.

 

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Gilles Deleuze – Pourparler [LDB]

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Perchè riunire testi di conversazioni che abbracciano quasi l’arco di venti anni? Capita a volte che dei pourparler durino tanto a lungo che non si sa più se facciano ancora parte della guerra o già della pace. Se è vero che la filosofia è inseparabile da una certa qual collera contro l’epoca, è anche vero che essa ci procura una certa serenità. Nondimeno la filosofia non è una Potenza. Le religioni, gli Stati, il capitalismo, la scienza, il diritto, l’opinione pubblica, la televisione sono delle potenze, non la filosofia. La filosofia può conoscere grandi battaglie interne (idealismo-realismo, ecc.), ma sono battaglie da ridere. Non essendo una potenza, la filosofia non può ingaggiare battaglia con le potenze; contro di loro conduce semmai una guerra senza battaglie, una guerriglia. Non può dialogarci, non ha nulla da dirgli, nulla da comunicare, può solo avviare dei pourparler. Poiché le potenze non si accontentano di rimanere esteriori, ma penetrano anche in ciascuno di noi, grazie alla filosofia ciascuno di noi si trova incessantemente in pourparler e in guerriglia con se stesso.

 

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Roland Barthes – Dove lei non è. Diario di lutto [LDB]

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Amore e dolore (il dolore è “qualcosa che fa male nel cuore dell’amore”), quando sono presenti sono uno stato eterno, irrimediabile, sconvolgente. Semplicemente sono. Si possono abitare. E possono accompagnarsi alla “presenza dell’assenza”. A un “dove lei non è”, dice Barthes. All’indomani della morte della madre, Roland Barthes inizia un diario. Racconta, vuole raccontare, prova a dire il suo dolore. Scrive a penna, talvolta a matita, su foglietti di carta che lui stesso prepara strappando in quattro pagine più grandi e di cui tiene una riserva sul tavolo di lavoro. Intanto, cerca di concretizzare senza riuscirvi, il progetto romanzesco “Vita Nova” e termina uno dei suoi capolavori: “La camera chiara”, non a caso sempre alla madre intimamente dedicato. Gli psicoanalisti dicono che per elaborare il lutto della perdita di un padre o di una madre occorrono all’incirca diciotto mesi, Barthes tiene il suo diario per quasi due anni. È il 1977. Queste pagine rimangono inedite, ma il suo autore le aveva preparate, forse per la pubblicazione. Oggi arrivano al lettore come un gioiello inatteso. Sono una narrazione poetica che procede per illuminazioni, fulminea ed esatta. Sono pagine intense, di grande forza emotiva e di spiccata purezza letteraria. Come in Frammenti di un discorso amoroso, anche qui ogni brano è indipendente, può essere letto in tempi e secondo movimenti diversi. Sono frammenti.

 

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Karl Marx – Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro [LDB]

Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro eBook : Marx, Karl, Canfora, Luciano: Amazon.it: Libri

Vent’anni dopo la morte di Marx fu ritrovata la sua dimenticatissima tesi dottorale su Epicuro e Democrito. Le grandi novità racchiuse in questo breve testo, erudito, geniale e controcorrente, sono la radicale rivalutazione del pensiero greco successivo ad Aristotele, l’interpretazione in termini di energia spirituale della nozione stessa di atomo e l’intuizione della autonoma originalità del poeta e scienziato romano Lucrezio. Luciano Canfora, con gli strumenti del filologo classico, ne ricostruisce la storia editoriale e filosofico-politica in un ampio saggio introduttivo.

 

 

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Giorgio de Chirico – Scritti. 1910-1978. Romanzi, poesie, scritti teorici, critici, tecnici e interviste [LDB]

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Presentati in ordine cronologico per permettere al lettore di seguire da vicino ogni passaggio e avvicendamento, i testi spaziano dalla rivelazione della Metafisica nel 1910 testimoniata dalle lettere a Fritz Gartz, suo compagno di studi all’Accademia di Monaco, alle prime pagine di altissima qualità e profondità dei Manoscritti parigini del 1911-15, a studi tanto accurati quanto appassionati di tecniche artistiche, dispiegati nel Piccolo trattato di tecnica pittorica del 1928, a saggi di critica e teoria o di carattere polemico che insistono sulla necessità di salvare l’arte dalla perdita del mestiere e della qualità. Sono raccolti inoltre articoli pubblicati su riviste in epoche diverse o raccolti dall’artista stesso nel 1945 nel volume Commedia dell’arte moderna, un centinaio tra intensi frammenti e componimenti poetici, una selezione di illuminanti interviste di anni diversi e anche un testo teatrale, Le Ballet. Vi sono infine i romanzi, quelli visionari e metaforici come Ebdòmero del 1929 e Il Signor Dudron dalla più complessa vicenda editoriale, e quelli autobiografici come Ricordi di Roma e Memorie della mia vita, entrambi del 1945, che mostrano inequivocabilmente le doti eccezionali anche letterarie di un de Chirico multiforme: critico, teorico, polemista, poeta e romanziere brillante, ironico, sorprendente e ancora una volta uguale solo a se stesso.

 

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Marzio Barbagli – Congedarsi dal mondo. Il suicidio in Occidente e in Oriente [LDB]

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Il peggiore di tutti i peccati o la massima espressione di libertà, una vendetta privata nei confronti di chi ci ha fatto torto o un’arma potente contro i nemici del proprio popolo, la difesa dell’onore di un eroe sconfitto o l’atto di fedeltà di una sposa virtuosa verso il marito defunto: sono alcuni esempi di motivazione al suicidio e dei significati attribuiti a questo gesto nel corso dei secoli da parte di uomini e donne appartenenti a culture diverse. Nel volume Barbagli ricostruisce l’andamento dei tassi di suicidio in Europa, India, Cina e Medio Oriente, componendo un grande affresco storico comparato che privilegia gli aspetti culturali e fa emergere le differenze tra Oriente e Occidente. Nel mondo occidentale il cristianesimo introduce un fortissimo vincolo etico all'”omicidio di se stessi”, finché a partire dal ‘600 comincia a farsi strada una nuova concezione dell’individuo che via via scardina tale freno. In Asia si registra invece una pluralità di forme di suicidio che vanno dagli elaborati riti del “sati” indiano al suicidio “per far male agli altri” di cui è ricca la storia cinese. Il diffondersi in epoca moderna di forme di autoimmolazione aggressiva – dal monaco buddhista che si diede fuoco a Saigon nel 1963 alle missioni suicide di Hezbollah – segnala infine un’inedita combinazione tra elementi culturali tradizionali e nuove forme di lotta politica.

 

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Edmond Jabès – Il libro delle interrogazioni (Il pensiero occidentale) [LDB]

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“Il Libro delle Interrogazioni”, che viene qui pubblicato integralmente, è un classico dell’umanesimo ebraico del Novecento. L’opera, scritta tra il 1963 e il 1973, si sviluppa in sette volumi, comprendenti, oltre al primo, che dà il titolo al ciclo, Il Libro di Yukel, Il ritorno al Libro, Yaul, Elya, Aely, El. La filosofia si intreccia qui con la scrittura poetica, diventando pensiero poetante, in un’interrogazione infinita che è testimonianza di vita e insieme ricerca di assoluto. Con un saggio di Vincenzo Vitiello.

 

 

 

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Stephen Vizinczey – I dieci comandamenti di uno scrittore [LDB]

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Un libro dedicato alla letteratura e al mestiere di scrittore. Grandi scrittori – Balzac, Stendhal, Kleist, Tolstoj, Dostoevskij – e molti altri ingiustamente celebrati, un decalogo di comandamenti per chiunque voglia farsi scrittore. “Ci sono due fondamentali generi di letteratura: la prima ci aiuta a capire, la seconda a dimenticare; la prima ci aiuta a essere una persona libera e un cittadino libero; l’altra aiuta la gente a manipolare i più. Una è come l’astronomia, l’altra come l’astrologia”.

 

 

 

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Patrick Leigh Fermor – I violini di Saint Jacques. Un racconto delle Antille [LDB]

Una misteriosa mademoiselle settantenne che fuma e dipinge nella luce meridiana degli uliveti di Mitilene, e un quadro raffigurante un’isola caraibica introvabile sulle mappe: nasce da qui, come un’ecfrasi, il racconto che richiama in vita Saint-Jacques des Alizés e la ricolloca al suo posto nelle Antille, «infilata come una perlina sul sessantunesimo meridiano». Ascolteremo dunque Berthe de Rennes rievocare quel piccolo mondo sospeso in cui l’aristocrazia coloniale creola trascorreva la fin de siècle fra gite in carrozza, picnic sui fianchi del vulcano, cacce, duelli e feste. Su Saint-Jacques – dove Berthe nutre segretamente qualcosa di più che un’amicizia per la figlia del conte de Serindan suo cugino, bonario signore feudale – incombe però un destino sconvolgente, che si compirà proprio durante il gran ballo del Mardi Gras, organizzato dal conte senza risparmio di musica, delizie e sorprese. Se i libri di viaggio di Fermor si leggono come romanzi, questa novella ha tutta l’esuberanza descrittiva dei suoi inarrivabili travelogues: la trama melodrammatica (non a caso nel 1966 ne è stata tratta un’opera lirica) si dipana su sfondi disegnati con la consueta accuratezza visiva, e con il medesimo amore per il dettaglio rivelatore, il genius loci e i suoi riverberi letterari. E ci ritroveremo, nelle memorabili scene del carnevale antillano, circondati – come la fattucchiera Maman Zélie e il Re Diavolo suo compare – da un vortice di percussionisti scatenati, guitti in groppa a dragoni di carta, zombi, pipistrelli e domino danzanti. Fino alle febbrili sequenze finali, nelle quali riviviamo con Berthe, attimo per attimo, la notte fatidica di cui resterà la sola, attonita testimone.

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