Gino Tellini – Il romanzo italiano dell’Ottocento e Novecento [LDB]

Un volume che considera non solo ciò che è avvenuto e come è avvenuto, ma si interroga anche sui perché, presentando una planimetria dinamica delle direzioni, analizzando le tendenze, le svolte, i ripensamenti che hanno movimentato duecento anni di narrativa. Il giusto tributo agli autori e alle opere che contano, non sacrifica l’attenzione per i centri geografici, i dibattiti teorici, le riviste, i recensori, gli editori, le traduzioni, i prodotti popolari e di consumo, i lettori. Il taglio è storico e cronologico, con chiaro risalto a particolari tipologie tecniche, formali, tematiche, ideologiche.

 

 

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Helmuth Plessner – L’uomo: una questione aperta [LDB]

Helmut Plessner, filosofo e sociologo tedesco, è stato uno dei fondatori dell’antropologia filosofica contemporanea. Nei brevi saggi proposti in questo volumetto egli si interroga sui compiti, i temi e i limiti dell’Antropologia Filosofica, tirando di volta in volta bilanci provvisori di un percorso mai concluso e riconfermando l’imperscrutabilità del suo oggetto: l’uomo.

 

 

 

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Giuseppe Vacca – Il marxismo e gli intellettuali [LDB]

Il rapporto tra il marxismo e gli intellettuali è stato, fin dal suo sorgere, problematico e complesso, sia da un punto di vista teorico (come si collega il marxismo con gli altri ambiti di pensiero?) sia da un punto di vista pratico: come si inseriscono gli intellettuali nel movimento operaio e, più in particolare, nell’azione politica dei gruppi che ad esso si richiamano?
Il saggio di Vacca individua le risposte che, dalla fine dell’ottocento in poi, sono state date a questi interrogativi. Ne emergono due linee, che si confrontano e che in qualche modo si oppongono: la prima muove da Kautsky e arriva a Lukács, la seconda da Labriola a Gramsci. Se la prima, storicamente, si è imposta, è la seconda che sollecita le riflessioni più attuali. E, in questa direzione, la lettura che Vacca propone per i testi dei pensatori italiani è ricca di nuovi suggerimenti, su cui il dibattito può essere ampio.

 

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Dante Della Terza – Da Vienna a Baltimora. La diaspora degli intellettuali europei negli Stati Uniti d’America [LDB]

Negli anni del fascismo, del nazismo e della guerra, gli Stati Uniti rappresentarono per molti intellettuali europei, soprattutto tedeschi e italiani, un rifugio, un ambiente dove continuare a lavorare, a pensare, a scrivere. Ciò non avvenne senza reciproche influenze, fino a creare uno spazio culturale originale dove sistematicamente si confrontavano la tradizione europea e gli stimoli della vita civile e del “libero pensiero” americano. In questo libro Dante Della Terza racconta e commenta le esperienze di alcune personalità che hanno vissuto questa straordinaria vicenda: filologi e letterati come Spitzer e Auerbach, scrittori come Pasinetti, grandi maestri come Panofsky, Poggioli e altri ancora.

 

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Andrew Roberts – Churchill. La biografia [LDB]

Si racconta che nel 1899 un giovane Winston Churchill, corrispondente del “Morning Post” durante la seconda guerra boera, abbia incoraggiato un uomo appena ferito di striscio al grido di: «Nervi saldi, ragazzo. Nessuno viene colpito due volte lo stesso giorno». È solo uno degli infiniti aneddoti sul suo conto, ma mette in luce lo strano mix di ironia e cinismo, decisione e combattività che lo portò a essere uno degli uomini più importanti del Novecento. Sono talmente celebri le sue battute, la sua risolutezza, il suo acume, da far venire il dubbio che in qualche modo Churchill abbia sfruttato le sue doti narrative per costruire in vita un monumento a se stesso: è pur sempre l’unico statista ad aver vinto un premio Nobel per la letteratura. Ma è stato davvero l’uomo del destino, che l’Occidente liberale ha contrapposto ai più bui totalitarismi? Reduce dal monumentale e acclamato Napoleone il Grande, lo storico Andrew Roberts accetta questa nuova sfida e attinge a una sterminata documentazione (fra cui i diari privati di re Giorgio vi, usati per la prima volta) per redigere anche di Churchill la biografia definitiva. Ne rievoca l’infanzia all’interno dell’aristocrazia inglese, fino all’apprendistato militare in India, segue poi i primi incarichi politici e i compiti assegnatigli durante la prima guerra mondiale. Qui Churchill impara a risollevarsi dalle sconfitte, facendo tesoro dei suoi stessi errori: come stratega militare fallisce la campagna di Gallipoli, così che all’indomani del conflitto mondiale si trova progressivamente estraniato dal cuore della politica inglese. Eppure, con l’acume e la verve del polemista, è fra i primi a scorgere il pericolo dei totalitarismi. Così, quando il Regno Unito chiama, è pronto al rispondere: torna alla ribalta durante la seconda guerra mondiale, dimostrando di saper trattare alla pari con Unione Sovietica e Stati Uniti, e nell’ora più buia diviene la voce della nazione, l’uomo risoluto ma fiducioso nel futuro della democrazia attorno a cui si stringe un intero popolo e forse l’intero continente. Lontano dall’agiografia ma non immune al fascino del personaggio, Churchill, la biografia restituisce tutte le luci dell’intelligenza e le ombre del carattere (tra sospetti di alcolismo, cronica umoralità e crolli depressivi) di un uomo che non fu un predestinato, ma un fabbro del proprio, e del nostro, destino.

 

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Martin Heidegger – L’autoaffermazione dell’università tedesca. Il rettorato 1933-34 [LDB]

L’autoaffermazione dell’università tedesca è un discorso di elevato tenore filosofico e di grandi pretese, un piccolo capolavoro nella formulazione e nella composizione. Alla luce della filosofia è un’opera straordinariamente ambigua… e chi lo ascolta alla fine non sa se deve prendere in mano la silloge dei presocratici curata da Diels o marciare con le S.A.

 

 

 

 

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Jan Kott – Shakespeare nostro contemporaneo [LDB]

È possibile accostarsi a Shakespeare come a un contemporaneo senza falsare quei valori storici dai quali tuttavia non può prescindere la lettura di un testo poetico? Non è solo possibile, risponde Jan Kott, ma è questo l’unico modo di comprendere il grande drammaturgo elisabettiano. L’originalità dell’interpretazione passa attraverso questa intuizione di fondo: l’uomo, stritolato nell’ingranaggio della storia, ritrova la propria dimensione umana, la dimensione dell’intelligenza, interrogandosi sul senso della vita e del proprio destino. Prefazione di Mario Praz.

 

 

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Lawrence Osborne – Il turista nudo [LDB]

La ricerca di un altrove incontaminato è una delle fissazioni più antiche e perniciose cui vada soggetta la mente occidentale. Ma se nelle forme lievi può essere lenita grazie alle cure dell’industria turistica (che presto vanterà il più alto fatturato al mondo), in quelle virulente va curata alla radice, come tenta di fare qui Lawrence Osborne – pur sapendo che, per quanto lontano uno fugga, troverà sempre un tour operator ad aspettarlo. Così, individuata sulle carte (o meglio, in una spassosissima esplorazione di siti web) una meta possibile, l’isola di Papua Nuova Guinea, Osborne parte per un viaggio che sarà diverso da qualsiasi altro, e più di qualsiasi altro sgangherato e divertente. Comincerà con un’esplorazione di altrove molto contaminati (la Dubai che gli sceicchi stanno tramutando in un immenso parco a tema, le Andamane semidistrutte dallo tsunami e in procinto di essere ricostruite come le nuove Maldive, la Thailandia vista attraverso l’enorme città della salute e del fitness dove l’autore trascorre un breve ma surreale periodo) e si concluderà in un’immensa isola tra cieli verdi, fiumi fucsia e vulcani attivi, dove, cadute una a una tutte le paranoie da contatto con l’ignoto, Osborne si ritroverà nudo, coperto di strane farfalle e felice nel pieno di un’orgia tribale – avendo comunicato al lettore la sua stessa, irrefrenabile smania di viaggiare comunque, anche in un mondo che stiamo trasformando nell’allucinata e pacchiana caricatura delle nostre fantasie.

 

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André Breton – Arcano 17 [LDB]

La figura centrale del libro è, in questa prospettiva, la donna — «femme-enfant» ma anche e soprattutto grande mediatrice, incarnazione polimorfa e miracolosa. Alla donna è assegnata qui una vocazione chiaramente taumaturgica, come nel tragico itinerario spirituale di Nerval, in Michelet, o nelle speculazioni del socialismo mistico ottocentesco, dal Père Enfantin a Flora Tristan, fino all’Abbé Constant (Eliphas Lévi) al quale Breton per altri aspetti si riferisce più specificamente in Arcane 17.

 

 

 

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J. Rodolfo Wilcock – Poesie [LDB]

Quando, nel 1958, Rodolfo Wilcock si stabilì in Italia, aveva già pubblicato a Buenos Aires sei raccolte di liriche e vi era noto come un giovane scrittore della cerchia di J.L. Borges. Allora, in brevissimo giro di tempo, Wilcock cambiò insieme lingua e pelle: e riapparve come un poeta che immetteva nella lirica italiana un inaudito timbro agrodolce, una maestria alessandrina, una capacità di sprezzatura tale da spingerlo – una volta «letti tutti i libri» – a tentare le rime più antiche, più elementari, più proibite. Come Kavafis, come Penna, Wilcock è stato uno dei rari poeti moderni che abbiano saputo comporre un canzoniere d’amore (si veda lo stupendo Epitalamio o l’Italienisches Liederbuch). Come il suo maestro Borges, Wilcock ha talvolta scelto di enunciare in versi i più acuminati aforismi, così reinventando una sua poesia gnomica. Letta oggi in questo volume, che la comprende in tutto l’arco, da Luoghi comuni (1961) sino a un gruppo di limpide poesie postume (e con l’aggiunta di una scelta dalle Poesie spagnole), l’opera poetica di Wilcock in italiano apparirà come la zona più segreta e felice di una multiforme attività di scrittore: appartata, fuori da ogni ‘linea’, naturalmente elegante, alleggerita da sempre di ogni zavorra ideologica (l’amato Wittgenstein serviva a Wilcock come barriera contro la banalità mentale), essa testimonia di una rara sapienza letteraria e di una ancor più rara saggezza psicologica, quella che «non è un dono degli anni / bensì una qualità aristotelica / che si ha o non si ha fin dalla nascita, / un equilibrio fra il fattibile e l’impossibile, / una conoscenza previa alla conoscenza». Ed era appunto quella saggezza che permetteva a Wilcock, sempre parlando con le sue parole, una «gioiosa e melanconica accettazione / dell’umana effimera fantastichezza».

 

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