Joseph Roth – Il secondo amore

Il secondo amore

Perfetto amalgama di poesia e affabulazione, di ricordi lontani e paesi remoti, le prose del “Secondo amore” ci trasportano in un mondo magico, popolato di giovani violinisti capaci di far danzare le stelle in cielo, agili ballerini col monocolo, clown lillipuziani e macrocefali, zingari accampati fra il bosco e la palude in una distesa di tende bianche. Ma riaffiora, costante, la Storia, evocata da un Natale di guerra sul bassopiano della Podolia, a due passi dal fronte; dalla presenza dell’imperatore («Lui giace sepolto nella Cripta dei Cappuccini, sotto le rovine della sua corona, fra le quali io – vivo – vado aggirandomi»); dal cordoglio per la miseria austriaca al crollo dell’impero e per il tramonto della patria; dalla nostalgia degli esuli e degli emigrati – una nostalgia che può spezzare il cuore. E a ritmare l’intero libro è l’amore, che nel racconto eponimo si fa pura, toccante bellezza: nel bosco incantato, teatro di incontri pudichi, una risata si alza in volo «come un raro, sconosciuto uccello bianco», mentre i giardini esalano il profumo del glicine «con la fresca veemenza di un dolce vento». Un profumo inebriante oggi come allora.

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