Edgar Morin – La mia sinistra

cover La-mia-sinistraL’ambivalenza dello sviluppo globalizzato apporta progressi materiali in tutti i campi ma è gravida, al tempo stesso, di sottosviluppi spirituali e morali. Tende a standardizzare le culture così diverse del pianeta secondo il modello occidentale, svilendo le loro virtù e i loro saperi, e ci pone in una crisi planetaria, quella dell’umanità che non riesce ad accedere all’Umanità.Parlare oggi di «sinistra» come fa Edgar Morin, uno dei più grandi pensatori viventi, dovrebbe portarci a concepire una via d’uscita dalle turbolenze di un’economia capitalistica scatenata, dalla degradazione della biosfera, dal montare delle paure e dei razzismi, cogliendo la possibilità, disponibile per la prima volta nella storia dell’umanità, di una comunanza di destino e di una patria terrena comune. Ogni cultura è fatta non solo delle sue illusioni e carenze, ma anche di qualità e ricchezze. Bisogna dunque mondializzare, cioè favorire le cooperazioni economiche, sociali e culturali, e al tempo stesso demondializzare, cioè alimentare le vitalità locali, regionali e nazionali. Bisogna mirare alle simbiosi culturali capaci di unire ciò che ciascuna di esse ha di meglio, operando una metamorfosi che leghi in modo indissolubile l’unità e la diversità umane. «Si tratta, come con l’eleganza di una grande passione civile ci rammenta Morin, di ricostruire un “pensiero”, una cultura politica. Gli strateghi della tattica si sono inabissati nel proprio politicismo. I custodi dell’ortodossia vigilano sulle tombe e contemplano i cippi funerari. La sinistra, viceversa, ha bisogno di spazi aperti e di ossigeno (ma anche lo scarso ossigeno del pianeta ha bisogno di sinistra!)».(Dalla presentazione di Nichi Vendola)«Il pensiero complesso che Morin ha saputo tanto profondamente elaborare, e incarnare nella sua stessa vicenda biografica, fa della sensibilità all’incertezza, all’ambivalenza e all’improbabilità non una fonte di impotenza, di cronica indecidibilità, ma una fonte di sentimento di appartenenza al mondo, di speranza nell’insperato, di dialogica generativa, di azione creativa.»(Dalla postfazione di Mauro Ceruti)

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