Prometeo custodisce la memoria della colpa, di quell’assassinio originario che è il gesto umano che si appropria della Natura. Memoria colpevole che fonda il pensiero storico e consente di criticare una cultura incapace di riconoscere i suoi debiti simbolici. L’utopia prometeica di una riconciliazione con una natura completamente riassorbita nel sociale, nel « valore d’uso », appare tuttavia sbiadita di fronte alla tecnica tardomoderna. Lo strumento del dominio umano si è fatto Seconda Natura, ambiente artificiale che si sottrae al progetto e alla comprensione teorica. Siamo nell’era di Hermes, del fanciullo divino che ci insegna ad afferrare le occasioni di un mondo in cui crescono disordine e casualità, a sviluppare un sapere del locale, del contingente, dell’aleatorio, ad apprezzare la potenza del piccolo, della scintilla capace di scatenare l’incendio. Fascino di una dimensione « sottile », immaginario dell’origine che riunisce fisica e politica e suscita la speranza che il nuovo possa nascere senza vittime sacrificali. Da Prometeo a Hermes si snoda un percorso che all’ascesi della secolarizzazione preferisce la seduzione del mondo degli dèi, che non interpreta il moderno come smitizzazione ma come reincantamento.
Consiglio ispirato da Mitzicat.