Quello di Hans Magnus Enzensberger sembra un attacco frontale all’Unione europea. Una mossa apparentemente inspiegabile da parte di uno degli scrittori e intellettuali piú spiccatamente europeisti del panorama continentale. Tuttavia non è una provocazione, la sua, ma un grido di allarme. Un dito puntato contro la burocrazia di Bruxelles, il mostro «buono» che, con la pretesa di armonizzare le differenze, sta erodendo gli ideali su cui l’Unione si fonda. Il «deficit democratico» che da piú parti viene diagnosticato alle istituzioni comunitarie è solo un pietoso eufemismo per celare una vera e propria messa sotto tutela dei cittadini europei. La conseguenza del fiorire di istituzioni nascoste dietro sigle e acronimi misteriosi, o del proliferare di leggi sulla curvatura media dei cetrioli o sui conti correnti da trentaquattro cifre, è la progressiva erosione del senso civico degli abitanti di «Eurolandia». E, potenzialmente, la resa di tutti noi a uno spirito antidemocratico.