Infine, l’attesa si compie: ecco la terza parte, quella conclusiva, del grande romanzo di Javier Marías. La vicenda è quella ormai nota: Jaime Deza – che amici, colleghi e familiari chiamano Jacobo, Jack, Jacques, ma anche Yago – è al servizio di un misterioso centro di spionaggio inglese che sfrutta il suo straordinario talento di interpretare le potenzialità di un carattere, di saper leggere il volto delle persone e di prevederne così i comportamenti. Dal rapporto con Tupra, il suo superiore, Jaime Deza apprende – dal vivo e con pratiche dove ogni scrupolo viene messo da parte – cosa sia la violenza, come dietro l’apparenza della realtà vi siano oscuri e inestricabili intrecci e finisce per conoscere il vero volto di chi lo circonda, e anche il suo. Allo stesso tempo deve congedarsi per sempre da due figure fondamentali: il padre e Sir Peter Wheeler; grazie all’esperienza diretta della Guerra Civile spagnola, il primo ha saputo trasmettergli la coscienza di quanto il tradimento e la delazione siano presenti nell’essere umano, mentre il secondo lo ha introdotto nel misterioso mondo dei “traduttori di anime”, dove gli scopi finali delle azioni non sono mai trasparenti e spesso la legalità è messa tra parentesi. Nella sua condizione di spagnolo trans-terrado nell'”isola grande”, Jaime è infine obbligato a confrontarsi con la solitudine provocata dalla lontananza dei figli ancora piccoli e della moglie Luisa: una solitudine che la presenza della giovane Perez Nuix non riesce certo a colmare.